Rivista "IBC" XI, 2003, 1

Dossier: 2003: dieci volte Restauro

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi, dossier /

MIDA Memoria e informatica: database artistici

Donatella Biagi Maino
[docente di storia del restauro e di storia dell'arte moderna presso la Facoltà di Conservazione dei beni culturali dell'Università di Bologna (sede di Ravenna)]
Luca Ciancabilla
[collaboratore dell'IBC]
Giuseppe Maino
[direttore di ricerca del progetto "GIANO" dell'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA) di Bologna]

Introduzione

Luca Ciancabilla

 

Nel novembre 2001 (legge regionale 18/2000, piano 2001 e 2002) l'Istituto per i beni culturali (IBC) della Regione Emilia-Romagna - grazie a una convenzione con l'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA) - Progetto "GIANO" e l'Università degli Studi di Bologna (Facoltà di Conservazione dei beni culturali, sede di Ravenna) - ha avviato il progetto "MIDA - Memoria e informatica: database artistici". Il progetto prevede la realizzazione di una banca dati digitale che renda disponibile e consultabile su supporto informatico la cospicua mole di materiale cartaceo e documentario relativo ai lavori di restauro finanziati e diretti dall'IBC nel corso della sua trentennale attività. Veri e propri dossier contenenti la documentazione tecnica fornita dai restauratori a completamento dell'intervento di restauro (relazioni, fotografie, negativi, diapositive, grafici, indagini diagnostiche preventive), a cui corrispondono altrettanti fascicoli destinati a accogliere gli atti burocratici e amministrativi curati dai funzionari dell'Istituto incaricati di dirigere i lavori (preventivi di spesa, delibere, contratti, determine di pagamento, fatture).

Per l'archiviazione digitale e l'informatizzazione dei dati è stato utilizzato un database prototipale fornito dall'ENEA, di tipo relazionale abbinato a un linguaggio d'interrogazione SQL (Structured Query Language). Si tratta del Sybase SQL anywhere 5.0., in grado di consentire l'accesso ai dati attraverso uno schema concettuale, di garantire la loro condivisione e integrazione anche fra applicazioni differenti, di assicurarne la sicurezza e l'integrità, ma soprattutto di schedarne e raccoglierne diversi tipi (file di testo, immagini digitali, tabelle numeriche e grafici) rendendone allo stesso tempo semplice il reperimento e la consultazione. In particolare la possibilità di inserire la documentazione fotografica, acquisita in forma digitale nel formato JPG, il più agevole per la raccolta di un numero consistente di immagini delle quali si voglia mantenere una buona risoluzione, permette di risolvere i normali problemi di conservazione, archiviazione e spazio fisico delle tradizionali stampe cartacee.

Un database versatile, quindi, in grado di raccogliere un consistente numero di informazioni riguardanti la storia, la conservazione e gli interventi conservativi e di restauro di un qualsiasi manufatto. L'operato dell'IBC ha interessato infatti una vastissima tipologia di oggetti di interesse storico e storico-artistico: dipinti, sculture, tessuti, arredi, strumenti musicali, conservati e custoditi nei piccoli come nei grandi musei della nostra regione; da questo la necessità di uno strumento di schedatura completo, duttile a seconda delle esigenze dell'uno o dell'altro manufatto. Come riuscire a schedare nella stessa tipologia di voci descrittive, il restauro di un unico dipinto, quello di una serie di quattro, poi quello di più di trecento incisioni, continuando con uno svariato numero di utensili e manufatti archeologici? Come interagire con il database attraverso l'interfaccia grafica non ancora adeguata alle esigenze specifiche richieste dai singoli dossier e fornire agli utenti un'unica chiave di lettura? E soprattutto, come uniformare negli svariati campi della banca dati la diversità di linguaggio delle singole relazioni di restauro, testimonianze del diverso modus operandi dei restauratori? Quesiti di non facile soluzione che si è cercato di risolvere utilizzando un lessico il più possibile omogeneo e coerente, capace di rimanere legato sempre allo stesso filo conduttore e supportato da una certa logica razionale.

Convivono e coesistono dunque, nel medesimo archivio informatico, notizie e relazioni relative agli affreschi della Rocca di Fontanellato (Parma), agli stucchi di Palazzo Schifanoia a Ferrara, ai vestiti di scena del Museo del Teatro di Faenza, agli arredi tessili e lignei di Palazzo Tozzoni a Imola (Bologna), ai bronzetti egizi del Museo civico archeologico di Bologna e ai pianoforti del Conservatorio "Boito" di Parma, divisi in schede differenti a seconda di criteri il più possibile uniformi e generali rispetto a opere d'arte così eterogenee per materia e tecnica esecutiva. Ogni scheda è suddivisibile in un numero illimitato di sottoschede, tante quanti sono gli strati, fisici e/o iconografici che possono comporre l'opera d'arte, di cui è possibile consultare i dati anagrafici (Autore, Cronologia, Collocazione, Misure e Soggetto), quelli tecnici (Materia, Tecnica), lo stato di conservazione prima del restauro e a restauro ultimato (Stato di conservazione, Trasformazioni, Intervento di Restauro, Analisi), o un'importante sezione di carattere amministrativo rivolta soprattutto all'utilizzo interno da parte dei funzionari regionali (Contratti, Data, Autore del restauro, Importo). Ovviamente ogni sezione è accompagnata, dove necessario, dalla propria documentazione fotografica che integra e specifica il testo scritto in tempo reale.

In occasione di "Restauro 2003" si intende presentare il risultato della prima fase di questo lavoro, consistita nel riordino e nell'inserimento all'interno della banca dati di una cinquantina di interventi di restauro finanziati dalla legge regionale 20/90 (piano 1993 e 1994), corredati da circa tremila fotografie digitalizzate a 300 dpi di risoluzione.

 

Questioni antiche, soluzioni nuove

Giuseppe Maino

 

Il Convegno dei Soprintendenti del luglio 1938 a Roma offerse l'occasione per formulare un nuovo, originale criterio di progettazione, esecuzione, controllo e documentazione dei restauri delle opere d'arte. Gli atti furono pubblicati sul secondo fascicolo del primo numero della rivista "Le Arti", 1938-1939, per i tipi di Le Monnier a Firenze, con contributi, fra gli altri, di Giulio Carlo Argan e soprattutto di Roberto Longhi. Merita qui ricordare gli interventi presentati al convegno e quanto scrissero i due storici appena citati, perché - purtroppo - le considerazioni allora fatte sullo stato delle cose, propedeutiche alla presentazione di proposte, sono ancor oggi attuali: in buona parte, infatti, tali considerazioni risultano disattese e i relativi problemi sollevati in quell'occasione sono tuttora in cerca di soluzioni.

Nel suo contributo, in apertura del convegno, dal significativo titolo Restauro delle opere d'arte. Progettata istituzione di un Gabinetto centrale del restauro,1 Argan osservava:

 

[...] la formazione di un Archivio Centrale del Restauro corrisponde a esigenze generali degli studi, alle esigenze particolari dell'attività amministrativa e scientifica della Direzione Generale Antichità e Belle Arti, alle necessità specifiche dell'attività di restauro delle Soprintendenze e dell'Istituto Centrale. La documentazione dei lavori compiuti, dei risultati raggiunti, dei processi tecnici adottati, dei documenti o dati storici rivelati dai restauri costituirebbe un prezioso strumento per lo studio della storia dell'arte; rappresenterebbe una completa e sempre aggiornata rassegna dell'attività dell'Amministrazione; consentirebbe all'Istituto Centrale di tener conto di tutte le esperienze compiute per coordinare i criteri di restauro e perfezionarne i metodi; fornirebbe dati preziosi per l'orientamento delle ricerche scientifiche nel campo della conservazione e del restauro delle opere d'arte. Ai fini specifici dei lavori di restauro da eseguire, l'archivio centrale fornirebbe utilissime notizie sui precedenti dei vari casi e problemi. L'ordinamento dell'archivio per autori e materie consentirebbe di prendere visione, prima di dar corso a un restauro, dei risultati raggiunti in casi tecnicamente analoghi o col restauro di opere stilisticamente e cronologicamente affini a quella da restaurare. La consultazione dell'archivio da parte delle Soprintendenze, in vista dei lavori da eseguire, potrebbe venire facilitata dal prestito di gruppi di schede e della relativa documentazione fotografica.

 

Successivamente, Carlo Calzecchi Onesti, riferendo su Il restauro dei monumenti,2 affermava: "noi tutti saremmo lieti se almeno di ogni lavoro più importante si riuscisse a pubblicare un'esauriente relazione, in conformità al terzo dei voti con cui si chiude la dichiarazione del Consiglio Superiore [per le Antichità e Belle Arti, che nel 1932 enunciò in undici punti una fondamentale Carta dei restauri, nda] e che è così espresso: Che sia fatto obbligo della compilazione e della conservazione metodica dei suddetti giornali del restauro e che possibilmente dei dati e delle notizie analitiche da quelli risultanti si curi la pubblicazione scientifica in modo analogo a quello degli scavi di antichità".

Finalmente, la Relazione sul servizio di catalogo delle cose d'arte e sulle pubblicazioni connesse, presentata da Roberto Longhi,3 indicava chiaramente come "parrebbe senza dubbio superfluo insistere sull'importanza fondamentale del servizio di catalogazione delle cose d'arte, sia agli effetti della tutela amministrativa, sia a quelli di una conoscenza sempre più sicura e precisa del nostro patrimonio artistico". E più oltre: "evidentissimo, dunque, il collegamento iniziale fra il lavoro di elencazione a fini amministrativi e la elaborazione scientifica del materiale schedato; e intuitivo che tale collegamento non debba essere sciolto, anzi rafforzato e approfondito in rapporto alle accresciute esigenze tecniche e culturali, col perfezionare, in perfetta correlazione, da una parte, la formulazione dello schedario, dall'altra, la struttura delle pubblicazioni che in qualche modo ne conseguono".

E dunque da questo discendeva il rilievo dato dal Longhi al corredo "di un sufficiente documento fotografico", per il quale auspicava la costituzione di una vera e propria Fototeca di Stato, riorganizzando e potenziando le strutture già allora esistenti. La scheda della "cosa d'arte" avrebbe dovuto essere integrata da "dati qualificativi" (così li definisce il Longhi nella sua proposta), relativi al valore intrinseco dell'opera, a quello della sua connessione ambientale e, infine, all'eventuale valore estrinseco del materiale impiegato, aprendo così una prospettiva illuminante sugli strettissimi legami fra aspetti formali, materiali e ambientali dell'opera d'arte.

Tutte considerazioni quanto mai attuali, anche nel presente, aspro dibattito sulla politica per la conservazione del nostro patrimonio culturale e che, a oltre sessant'anni dalla loro esposizione, ancora necessitano o meglio mancano di una risposta adeguata da parte delle istituzioni preposte.

Il Convegno dei Soprintendenti offre altri spunti di riflessione nelle relazioni di Achille Bertini Calosso e di Guglielmo Pacchioni: quest'ultimo, si sottolinea, osserva che "giovarsi, nello studio dell'arte e nella disposizione e decoro che intendiamo dare a una galleria, di tutti i sussidi tecnici che la scienza mette oggi nelle nostre mani, tener conto con assoluto rigore di metodo, di tutti i dati di fatto che ci siano forniti da ricerche storiche, da esami ottici e chimici non significa fare della museografia, del restauro e della critica altrettante scienze esatte".4

Fino alle Conclusioni, queste sì datate e intrise di demagogica retorica, di Marino Lazzari,5 allora direttore generale del Ministero dell'Educazione Nazionale, retto da quel Giuseppe Bottai che della rivista "Le Arti" fu anche promotore e che, in quello stesso fatidico anno 1938, XVI della rivoluzione fascista, doveva mostrarsi fra i più accesi fautori della persecuzione razziale degli ebrei, fino a promuovere "la grottesca campagna per la `bonifica del libro', volta a `purificare' dalla contaminazione ebraica i manuali delle scuole di ogni ordine e grado".6 Una prova, la più drammatica, delle contraddizioni e dei contrasti che hanno lacerato nel Novecento la cultura italiana, capace, da un lato, di elaborare idee originali, promuovere iniziative tra le più utili e feconde, dall'altro di prestarsi alle più ignobili e delittuose operazioni al soldo del potere politico. Un'ambiguità di fondo che, inevitabilmente, si traduce in incapacità operativa, in una infruttuosa quanto velleitaria ricerca di novità a ogni costo.

 

La linea da seguire per una corretta quanto efficace azione di conoscenza, conservazione e tutela dei beni storici, artistici e ambientali era già stata puntualmente definita dal Convegno dei Soprintendenti; la sua traduzione in pratica, nonostante i molti coraggiosi tentativi, fra i quali va ricordato almeno quello di Giovanni Urbani e del suo Piano pilota per la conservazione programmata dei beni culturali dell'Umbria, è ancora un obiettivo da perseguire, anche considerando che ovviamente, rispetto al 1938, se le idee guida allora enunciate sono ancora sostanzialmente valide, gli strumenti tecnici a disposizione della pubblica amministrazione e dell'iniziativa privata hanno subìto un progresso fondamentale, con l'avvento dell'informatica distribuita e della telematica.

L'informatica è una tecnologia pervasiva la cui importanza connota sempre più ogni aspetto della nostra società e quindi della tradizione culturale. Da qui le applicazioni crescenti alle discipline umanistiche, che dopo una iniziale resistenza hanno accolto con grande favore ed entusiasmo di sforzi l'utilizzo del calcolatore, anche con una fiducia superiore alle reali possibilità. Una branca affermata ormai da alcuni decenni è quella della linguistica applicata allo studio dei classici, mentre in campo artistico da qualche anno si stanno imponendo soprattutto in Italia le prime ampie, interessanti sperimentazioni ("Uffizi Project", progetti CNR, ENEA, ecc.). Ormai l'informatica rappresenta un indispensabile supporto alla catalogazione e consultazione di opere di grande mole e importanza (database accessibili in internet, CD-ROM, DVD). In questo senso assume un valore essenziale la trascrizione del testo in maniera trattabile da un elaboratore e la possibilità di chiavi di lettura ipertestuali e di inserimento di informazioni multimediali (immagini, filmati, animazioni, registrazioni sonore).

Il nostro Paese, si è già mosso per tempo nella direzione dello sviluppo e dell'applicazione di metodologie innovative allo studio e alla documentazione dei beni culturali, pur restando a livello di singole iniziative e della realizzazione di modelli prototipali e di specifiche applicazioni a particolari classi e tipologie di manufatti storico-artistici. Siamo quindi nella felice situazione di chi possiede le "materie prime", ma pure gli strumenti e soprattutto le conoscenze per farne il miglior uso. Per questo, per evitare di diventare colonia di sfruttamento da parte delle multinazionali dell'informatica, occorre che vi sia un impegno comune e coordinato di istituzioni pubbliche, di enti locali, di università e centri di ricerca, perché le esperienze maturate, le competenze disponibili, le risorse esistenti siano volte ad affrontare e cercare di risolvere tutti quei problemi, antichi problemi, che già il Convegno del 1938 aveva chiaramente delineato.

Parlando di utilizzo dell'informatica per la catalogazione, è necessario distinguere fra attività di servizio e di ricerca nella conservazione museale. La ricerca è essenziale per definire prima e costruire poi (nel caso della banca dati sul restauro, il software e la scheda prototipo), per poter svolgere attività di monitoraggio e di conservazione di routine nei musei, tali da poter essere svolte anche da personale di formazione umanistica. Viceversa le grandi società produttrici di software preferiscono offrire soluzioni già predisposte, preconfezionate, che difficilmente rispondono alle esigenze di un settore, quello dei beni culturali, con problemi e necessità del tutto peculiari, come si è detto. Inoltre assume rilevanza strategica, nel campo dell'informatica, disporre di sistemi modulari, in grado di essere facilmente modificati e adattati a nuove esigenze, e soprattutto sistemi proprietari, di cui si detenga il know-how, avendone curato l'intera progettazione e realizzazione. Acquisire sistemi informatici dalle multinazionali significa consegnare le chiavi di casa, con tutto ciò che contiene, al primo "sconosciuto": si dipende dalle decisioni, soprattutto commerciali, delle grandi imprese, si corre il rischio di vedere i propri archivi non più utilizzabili perché il relativo software non è più stato aggiornato o sostenuto dalla casa produttrice e quindi non più funzionante su nuove piattaforme hardware, a meno di investimenti umani ed economici tanto pesanti quanto spesso infruttuosi.

L'iniziativa dell'Istituto per i beni culturali (IBC) della Regione Emilia-Romagna, per volere dell'allora direttore Nazzareno Pisauri, di costituire una banca dati multimediale della documentazione sui restauri finanziati e seguiti dall'Istituto, ha inteso proprio perseguire la via più difficile, ma pagante nel tempo, di sviluppare una soluzione originale in collaborazione con la Facoltà di Conservazione dei beni culturali dell'Università di Bologna, sede di Ravenna, e con il mio gruppo di ricerca dell'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA) di Bologna.

Come rimarcato dall'Argan nel Convegno del 1938, "soltanto presso un istituto centrale è possibile raccogliere un completo corredo di materiali fotografici e bibliografici, e creare un archivio generale del restauro, che valga come strumento di studio e di consultazione, fornisca elementi per l'azione coordinatrice dell'istituto e serva per la compilazione di un completo e sempre aggiornato notiziario dell'attività di restauro in Italia".7 La Regione Emilia-Romagna - tramite il proprio Istituto per i beni culturali - ha saputo proporsi in questo ruolo e, con l'aiuto e le competenze dell'Università e di un ente pubblico di ricerca, ha realizzato un primo nucleo esemplificativo di un prossimo, grande catalogo informatizzato dei restauri, strumento indispensabile di studio e di lavoro per ricercatori, tecnici, restauratori e amministratori pubblici, nonché studenti e semplici cittadini interessati alla conservazione e alle azioni di tutela del loro stesso patrimonio storico.

Nell'ambito del progetto internazionale "GIANO - Grafica innovativa per il patrimonio artistico nazionale e per l'occupazione giovanile" - finanziato dal Ministero dell'Università e della ricerca e dall'Unione europea e coordinato dall'ENEA Bologna con la collaborazione del Dipartimento di Storie e metodi per la conservazione dei beni culturali dell'Università di Bologna (sede di Ravenna) - è stata realizzata una struttura integrata di laboratori per indagini su opere d'arte, che consente di svolgere analisi microscopiche e soprattutto non invasive. I centri dove sono state installate le apparecchiature sperimentali sono presso la Divisione Fisica dell'ENEA a Bologna e i Dipartimenti di Fisica delle Università di Ferrara e di Messina. La strumentazione, ripartita nelle tre diverse località, ciascuna delle quali con proprie specifiche metodiche, complementari fra loro, è utilizzabile anche in modalità remota, grazie alla connessione in rete telematica e alle possibilità di controllo a distanza in tempo reale. Tutte le più importanti metodologie diagnostiche multispettrali sono presenti, alcune delle quali ideate e sviluppate ex novo, con peculiari caratteristiche di innovazione tecnologica.

A Bologna è attivo un centro di microscopia ottica e elettronica, con SEM (Microscopio elettronico a scansione), TEM (Microscopio elettronico a trasmissione) e microanalisi, e di spettroscopia digitale dall'infrarosso all'ultravioletto. Presso il laboratorio di Ferrara è stato sviluppato un tomografo a riflessione Compton (ECOSP - Enhanced Compton Spectrometry) per l'indagine non distruttiva di strutture murarie soggiacenti ad affreschi e pitture su muro. Il centro di Messina dispone di un sofisticato laboratorio di spettroscopia atomica e molecolare (FTIR, speckle, Raman, ecc.), e di un sistema di spettroscopia laser confocale con una risoluzione temporale al femtosecondo, in grado quindi di indagare anche le dinamiche e non solo i risultati dei processi di degrado. La strumentazione, in massima parte anche miniaturizzata per consentirne la portabilità su campo, è anche utilizzabile in modalità remota grazie a un sistema di controllo informatizzato in rete, che consente quindi di eseguire e monitorare le misure a distanza.

I laboratori sperimentali sono quindi integrati da un centro informatico, presso l'ENEA Bologna (laboratorio "GAMMAS - Grafica, animazione, modellistica, matematica applicata e simulazione numerica") per l'elaborazione di segnali diagnostici e di immagini multispettrali con algoritmi in gran parte originali e software sviluppato in collaborazione con i laboratori scientifici della National Gallery a Londra. I risultati delle indagini su opere d'arte sono quindi archiviati su banche dati multimediali, basate su architetture web Java e XML, e sono consultabili in rete.

La strumentazione hardware e software è stata validata attraverso indagini su numerose tipologie di manufatti e di oggetti di interesse archeologico, storico-artistico, documentario e archivistico. Negli ultimi tre anni sono state svolte indagini su diverse tipologie di manufatti di interesse storico e artistico in tutto il territorio nazionale e in Gran Bretagna e Francia.

In particolare, nel progetto "GIANO", l'ENEA di Bologna ha realizzato Technè, sistema informatico per l'elaborazione di immagini, l'imaging diagnostico e il restauro, un sistema prototipale per la costituzione di archivi informatici ipertestuali e multimediali dove conservare e rintracciare informazioni relative a interventi di restauro, di diagnostica, di datazione su reperti e manufatti di interesse storico-artistico. Sono stati prodotti circa duecento CD-ROM a documentazione dell'attività svolta. Sono stati sviluppati e validati sistemi informativi multimediali per la classificazione e conservazione in maniera efficiente e facilmente usufruibile di tutte le documentazioni su importanti interventi di restauro realizzati da imprese private per enti pubblici locali e per lo Stato. Due tipologie di banche dati sono state implementate: una più prettamente scientifica, per un utilizzo da parte di storici dell'arte, conservatori, restauratori, l'altra più propriamente tecnica e economica, che consente di inserire tutte le informazioni tecniche e esecutive sugli interventi di restauro, di specifico interesse per le imprese.

Grazie all'intensa quanto proficua collaborazione con due imprese di restauro - la COO.BE.C. e la Tecni.re.co. di Spoleto, nate dall'esperienza pilota di Giovanni Urbani e dell'Istituto Centrale per il Restauro in Umbria - le banche dati sul restauro sono state sperimentate su alcuni casi di grandissima rilevanza: i restauri del Duomo di Orvieto, dei polittici di Beato Angelico e di Piero della Francesca nella Pinacoteca nazionale dell'Umbria, dei gruppi di Deposizione lignei di Montone e più in generale dell'Italia centromeridionale. Va anche menzionata la collaborazione con l'Archivio storico dell'Università di Bologna, che ha portato alla catalogazione multimediale completa del fondo fotografico storico "Igino Benvenuto Supino", oggetto di una prestigiosa presentazione ufficiale presso l'Istituto italiano di cultura a Parigi, e oggi consultabile anche in internet.

Infine, l'ENEA e il Centro di progettazione, design & tecnologie dei materiali (CETMA) di Brindisi hanno studiato le potenzialità delle nuove tecnologie informatiche per la realizzazione di un museo virtuale dei mosaici parietali del Mediterraneo dal IV al XIV secolo, sviluppando un quadro di conoscenze organiche intorno ai mosaici parietali, al loro stato di conservazione, e mettendo a punto una metodologia analitica per lo studio dei materiali costitutivi del tessuto musivo e delle tecniche di esecuzione. Tale sistema è disponibile sia nella versione su server centrale presso il CETMA a Brindisi, sia in una versione stand-alone, configurabile a piacere dell'utente in modalità locale, anche su PC, con eventuale connessione al server remoto. L'intero sistema informatico e le sue potenzialità sono esaurientemente descritti in 14 rapporti tecnici, che costituiscono anche il relativo, dettagliatissimo, manuale d'uso.

Questa esperienza di stretta collaborazione fra storici, conservatori e restauratori, tecnici e scienziati, provenienti da realtà istituzionali diverse, si è dimostrata alla prova dei fatti vantaggiosa. Sono state riscontrate, al termine del progetto, condizioni estremamente favorevoli in termini di:

- formazione professionale e inserimento di giovani diplomati e laureati nel mondo del lavoro;

- trasferimento di nuove tecnologie alle piccole e medie imprese (PMI). L'attività di formazione e avviamento al lavoro di giovani diplomati e laureati - che hanno svolto o stanno svolgendo nella quasi totalità dei casi tesi di laurea presso l'ENEA grazie a una apposita convenzione con l'Università di Bologna e, nella fattispecie, con la Facoltà di Conservazione dei beni culturali - serve anche e soprattutto da ponte per il trasferimento di tecnologie innovative e di conoscenze scientifiche dall'ENEA verso le PMI. Competenze informatiche e diagnostiche vengono così introdotte nel settore industriale e applicate a concreti problemi di tutela, conservazione e restauro del nostro patrimonio culturale;

- conservazione e valorizzazione dei beni culturali. Le attività del progetto hanno consentito una migliore conoscenza di opere d'arte tramite indagini diagnostiche innovative, garantendo quindi una più efficace politica conservativa, una loro documentazione efficace grazie a acquisizione di immagini digitali ad altissima risoluzione (il che è una garanzia contro sottrazioni, danneggiamenti, ecc.) e infine una effettiva valorizzazione grazie a iniziative di elevato valore culturale quali convegni e pubblicazioni di qualità.

L'attuale progetto "MIDA - Memoria e informatica: database artistici", per la realizzazione di una banca dati multimediale sugli interventi di restauro, si colloca in questa prospettiva: l'IBC, l'ENEA e l'Università di Bologna (che ne sono i promotori) presentano i suoi primi risultati durante il Salone del Restauro 2003 a Ferrara.

Come Marco Vitale ricordava sul "Sole 24 Ore" di domenica 19 gennaio 2003, la General Electric ha vissuto per anni traendo notevoli benefici, soprattutto economici, dall'acquisizione della Divisione Elettronica dell'Olivetti e dai relativi brevetti frutto delle invenzioni dell'ingegnere, di origine cinese, Tchou. Non vogliamo che oggi si ripetano errori del genere, a vantaggio delle solite ben note multinazionali del settore informatico.

 

Note

(1) G. C. Argan, Restauro delle opere d'arte. Progettata istituzione di un Gabinetto centrale del restauro, "Le Arti", I, 1938, 2, pp. 133-137.

(2) C. Calzecchi Onesti, Il restauro dei monumenti, ibidem, pp. 137-143.

(3) R. Longhi, Relazione sul servizio di catalogo delle cose d'arte e sulle pubblicazioni connesse, ibidem, pp. 144-149.

(4) G. Pacchioni, Coordinamento dei criteri museografici, ibidem, pp. 149-153; A. Bertini Calosso, La tutela delle bellezze naturali e del paesaggio, ibidem, pp. 155-160.

(5) M. Lazzari, Conclusioni al Convegno, ibidem, pp. 161-169.

(6) G. Israel, P. Nastasi, Scienza e razza nell'Italia fascista, Bologna, Il Mulino, 1998, p. 27.

(7) G. C. Argan, Restauro delle opere d'arte, cit., p. 134.

 

Bibliografia

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G. Maino, D. Biagi Maino, J. L. Sanchez Soler, F. Sottile, D. Fanfani, The GIANO project: Multimedia tools for the cultural heritage, in Proceedings of EVA 2002, Firenze, 18-22 marzo 2002, a cura di V. Cappellini, J. Hemsley, G. Stanke, Bologna, Pitagora Editrice, 2002, pp. 270-274.

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D. Biagi Maino, G. Maino, Indagini sulla caratterizzazione e la datazione di sculture lignee. Atti del convegno e catalogo della mostra sui Gruppi di Deposizione lignei, Electa (in stampa).

G. Maino, Multispectral investigation, in Choices and strategies for preservation of the collective memory (in stampa).

G. Maino, Le fond photographique d'Igino Benvenuto Supino à l'Université de Bologna: méthodes de recherche et de catalogage, in Igino Benvenuto Supino. Un grande storico dell'arte italiana, Atti della Scuola Normale Superiore di Pisa (in stampa).

 

Il valore della formazione

Donatella Biagi Maino

 

Nel vasto e complesso campo della formazione professionale riservata ai conservatori dei beni culturali un posto di rilievo compete alla cognizione dell'informatica. Non solo per gli sviluppi futuri ma anche, e forse soprattutto, per l'urgenza di sopperire a quanto già veniva chiesto a gran voce dai maggiori intellettuali italiani del secolo scorso: la catalogazione delle opere d'arte, per garantirne la migliore conoscenza e quindi la salvezza. Una volta avviata la formazione culturale del giovane studioso nel percorso universitario di base, l'utilizzo delle potenzialità offerte dalla rete telematica e dagli strumenti informatici e diagnostici attraverso l'acquisizione e l'elaborazione di immagini multispettrali direttamente in formato digitale si traduce in una attività didattica che mira a realizzare una struttura permanente di formazione professionale. Una formazione basata sulle strutture e sui laboratori di università e di enti di ricerca, pubblici e privati, realizzata d'intesa con le Regioni e gli enti locali, per preparare studiosi in grado di applicare al meglio le nuove tecnologie.

L'iniziativa scientifica organizzata per realizzare una banca data multimediale di carattere prototipale che documenti gli interventi di restauro vede coinvolti l'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, l'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA) e la Facoltà di Conservazione dei beni culturali dell'Università di Bologna, sede di Ravenna, ma si auspica che in futuro possa estendersi a altri soggetti. Il progetto costituisce l'occasione di sperimentare e attuare sul campo nuove metodologie di preparazione professionale al passo con i tempi e con le richieste, sempre più pressanti, di strumenti versatili e di rapida consultazione per lo studio, la progettazione e la verifica di interventi conservativi su beni culturali delle più diverse tipologie.

La formazione dovrà avvenire tramite corsi avanzati, lauree specialistiche di secondo livello e/o master (sfruttando le potenzialità insite nella recente riforma universitaria), e attività sul campo presso enti nazionali di ricerca e istituti museali in cui gli operatori saranno presumibilmente chiamati a operare. Il percorso formativo deve prevedere come parte integrante e imprescindibile un programma di stage presso imprese sia pubbliche sia private, operanti nel comparto dei beni culturali. I giovani così formati avranno quindi maturato capacità operative nel settore e acquisito esperienze lavorative che potranno mettere a frutto nella costituzione di società, cooperative e imprese in grado di fornire servizi qualificati agli enti locali nel campo della conservazione, tutela, valorizzazione e fruizione del patrimonio storico e artistico.

In Europa alcune esperienze scientifiche e formative nel settore della conservazione vedono partecipi i principali laboratori attivi presso importanti istituzioni museali, dal Museé du Louvre di Parigi alla National Gallery e al British Museum di Londra. Con questi soggetti la Facoltà di Conservazione dei beni culturali dell'Università di Bologna ha da tempo attivato proficui scambi scientifici: una intensa politica di formazione ha visto laureandi dell'Università di Bologna svolgere tesi di laurea e attività di studio e di ricerca presso le istituzioni straniere, approfondendo le competenze nel settore della conservazione e verificando dal vivo le diverse attitudini e linee applicative perseguite in ciascun paese.

Ricordiamo, a titolo di esempio, che i dossier scientifici realizzati sistematicamente a documentazione degli interventi di conservazione e di restauro sulle opere dei Musées Nationaux di Francia dal Laboratoire de Recherches des Musées de France, e conservati in archivio, includono:

- una foto dell'opera a luce diretta;

- una foto a luce radente, per mettere in evidenza lo stato della superficie dell'opera, sia per le eventuali alterazioni, sia per lo studio degli elementi di tecnica;

- una foto a fluorescenza ultravioletta, per evidenziare la diversità dei colori e eventuali interventi antichi di ridipintura;

- una foto a irraggiamento a infrarossi, per l'analisi degli strati sottostanti la superficie e per permettere la visione dell'eventuale disegno preparatorio soggiacente;

- una radiografia, per avere informazioni sullo stato profondo dell'opera e sulla struttura del supporto.

In alcuni casi, per lo più riferiti a opere su rame, viene realizzata anche un'immagine per emissione radiografica. Di solito vengono compiute analisi chimiche tramite prelievi ad hoc.1

Per quanto concerne invece la National Gallery, oltre al laboratorio scientifico che svolge un'attività per molti aspetti analoga a quella dei laboratori del Museé du Louvre,2 presso il museo è funzionante un avanzato laboratorio informatico d'acquisizione e elaborazione delle immagini, risultato del progetto di ricerca "VASARI - Visual Arts System for Archiving and Retrieval of Images" sviluppato nell'ambito di programmi comunitari. In particolare, il software sviluppato nell'ambito del progetto "VASARI" consente anche al non specialista di effettuare operazioni di filtraggio, miglioramento della qualità, analisi dei colori e della superficie pittorica, su immagini digitali a alta risoluzione delle opere conservate nel museo stesso. Tale software è installato anche presso i laboratori dell'ENEA di Bologna, nell'ambito di una collaborazione scientifica - relativa anche alla Facoltà di Conservazione - che ha portato anche alla realizzazione di ulteriori moduli innovativi di elaborazione delle immagini digitali.

Le qualifiche che si intendono trasferire ai giovani studiosi sono dunque di livello rilevante: questo traguardo rappresenta un'occasione di grande impulso al settore della diagnostica e dell'informatica nell'ambito dei beni culturali e insieme un'esperienza di rilievo per la formazione di professionalità, un campo sempre in cerca di espressione concreta.

 

Note

(1) Si veda: S. Bergeon, "Science et patience" ou la restauration des peintures, Paris, Editions de la Réunion des Musées Nationaux, 1990.

(2) Si vedano i resoconti sui 20 numeri annuali finora pubblicati del "National Gallery Technical Bullettin".

 

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