Rivista "IBC" XI, 2003, 1

territorio e beni architettonici-ambientali / pubblicazioni, storie e personaggi

A. Gianolio, Vite sbobinate, Sassuolo, Libreria Incontri, 2002.
Il Po racconta

Luciano Serra
[studioso di letteratura italiana]

Dice il vocabolario alla voce "sbobinare": trascrivere il contenuto di un discorso, di un'intervista e simili registrati su nastro magnetico. Così ha fatto Alfredo Gianolio con ventuno narrazioni orali, a ruota libera fra immaginario e reale, di personaggi della Bassa reggiana che gravita sul Po, in un caleidoscopio di confessioni, vicende, scavi interiori, sfide con la vita. Recensendo ampiamente nella loro rubrica su "Tuttolibri" della "Stampa" queste Vite sbobinate, Oreste Del Buono e Giorgio Boatti hanno dichiarato che Alfredo Gianolio è "uno di quei personaggi che fortunatamente sono ancora operosamente presenti nelle aree extrametropolitane della nostra penisola". C'è da aggiungere che venti anni fa Giovanni Negri diede alle stampe per le edizioni D'Anna I misteri della Bassa, antologia fondamentale che presentava la civiltà letteraria gravitante sul Po nel Novecento, e pertanto questa esperienza di sbobinatura viene ad affiancare con istanze profonde e ad integrare un'originale ecletticità che fa capo alla cultura del grande fiume.

Il Po è l'anima prima: "È la nebbia del Po che mi ha ispirato" dice il pittore Oddone Nalìn (Gianolio riproduce il suo dipinto a pagina 145) e così dice Dino Daolio, pescatore e pittore: "Faccio il Po perché l'acqua è la mia vita". E al visionario Pietro Guizzardi (il quale non crede che gli uomini siano andati sulla Luna e pensa che la Terra galleggi e non vorrebbe le macchine agricole) l'acqua ispira una bellissima fantasia: "Quando è venuto il diluvio universale le anatre andavano a beccare le stelle, l'acqua è andata a una grande altezza ma il cielo si è salvato, ma se viene la fine del mondo adesso, crolla anche il cielo". Nel libro scorre sovrana l'arte, soprattutto la pittura, il farla, il desiderio di dedicarvisi, la polemica sull'essere vero naïf, il contrasto fra la bellezza della natura e l'impossibilità di esprimerla dipingendo, come avvertono Daolio e Amelia Pardo.

Le donne esprimono, con testimonianze sulla propria vita, le violenze e le frustrazioni subìte, i tentativi di esistere, i simboli assunti per essere sé stesse (così il cappello per Antea Pirondini e l'accettata anoressia per Monica Copelli). La storia del padre combattente nella prima guerra mondiale che narrò alla figlia i massacri a cui assistette pervade tragicamente la vicenda di Emilde Vacondio, la quale va a visitare i luoghi dove gli opposti eserciti si erano scannati e il Tagliamento le appare "un fiume più piccolo del Tresinaro": un torrente appenninico del reggiano, che passa per Scandiano e confluisce a Rubiera nel fiume Secchia. Serafino Valla invece ricorda la cattiveria del genitore e dice: "Non ho mai visto neanche nelle scene che io sono abituato a vedere in teatro una realizzazione così drammatica come negli occhi e nella fisionomia di mio padre, che in più non è neanche fotogenico". Il disgusto culmina in comicità e ironia. E c'è il dilaniarsi erotico e comico nelle ossessioni per le donne in sanatorio di Achille Incerti e l'allegra euforia di Renato Zattelli che trovò salvezza dalla morte in campo di concentramento grazie al suo canto melodico.

I tredici uomini e le otto donne di questo libro si inseriscono negli eventi di un secolo e nel rapporto con la cultura reggiano-mantovana lungo il Po, facendoci augurare che altre vite sbobinate seguano (con Bartoli e Sereni ad esempio, che compaiono nell'antologia di Negri). Lo auspichiamo sì che Del Buono e Boatti possano ancora dire che "a questi giacimenti di un passato appena trascorso ma ormai prossimo a dileguarsi dall'orizzonte fanno ancora la guardia personaggi come Gianolio".

 

A. Gianolio, Vite sbobinate, Sassuolo, Libreria Incontri, 2002, 148 p., Ç 12.

 

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