Rivista "IBC" XI, 2003, 1

musei e beni culturali / pubblicazioni

M. Maggi, Ecomusei. Guida Europea, Torino, IRES Piemonte e Società Editrice Umberto Allemandi & C., 2002.
Ecomusei in Europa

Carlo Tovoli
[IBC]

Un nuovo modo per visitare il "vecchio" continente: andare per ecomusei. In compagnia di una nuova guida europea, pubblicata dalla Società Editrice Allemandi, e curata da Maurizio Maggi. Il volume è il risultato di un'indagine compiuta dall'IRES, l'Istituto ricerche economico sociali del Piemonte, su questo particolare tipo di musei.

Sono circa duecento gli ecomusei in Europa. Fanno la loro prima apparizione, almeno nella loro forma consapevole e organizzata, in Francia all'inizio degli anni Settanta. Fu infatti Hugues de Varine a introdurre il termine nel 1971. Ma che cos'è un "ecomuseo"? Come spiega l'autore nell'introduzione al volume, si tratta di un "patto con il quale una comunità si impegna a prendersi cura di un territorio", un nuovo modello che "permette di valorizzare le risorse ambientali, storiche e culturali di un territorio e dei suoi abitanti". In questo caso il termine "cultura" è da intendersi nell'accezione proposta dall'UNESCO come "l'insieme delle vite e degli stili di vita sociale di uomini e donne [lives and living styles of associated people]". Per rappresentare al meglio questo "mosaico" si chiede al museo di assumere una dimensione in più, quella sociale, "mettendo in relazione fra loro tanti oggetti, anche di vita quotidiana, e legandoli ai luoghi, ai territori, alla cultura che li aveva generati".

La dislocazione degli ecomusei in Europa ruota attorno a un grande semicerchio che dall'Italia arriva fino alla penisola scandinava. Due sono i paesi che hanno dato vita ai primi musei del territorio: la Germania e la Svezia. In Germania, tra la fine dell'Ottocento e gli inizi della seconda guerra mondiale, si sviluppa il fenomeno degli Heimatmuseum, i "musei della piccola patria". Strumentalizzati durante il regime nazista - che ne creò oltre duemila, trasformando l'attaccamento verso il proprio territorio in nazionalismo e xenofobia - questi piccoli musei nascevano con l'intenzione di sottolineare lo stretto rapporto fra attività umane e ambiente naturale, magari celebrando qualche illustre personaggio locale.

In Svezia invece nasce nel 1891, sulle colline attorno a Stoccolma, lo "Skansen", il primo open air museum del mondo. Creato dal museologo svedese Hazelus, si propone di musealizzare non solo ciò che di "straordinario" producono l'uomo o la natura, ma anche l'ordinario, come ad esempio i tradizionali paesaggi agrari che già in quel periodo l'industrializzazione metteva in pericolo (una visita "virtuale" al museo è possibile all'indirizzo http://www.skansen.se/).

Se è in questi due paesi che l'ecomuseo trova le sue radici, spetta alla patria della nouvelle muséologie, la Francia, il primato di possederne il maggior numero. Qui dal 1988 esiste, unico caso in Europa, una associazione, la Fédération des écomusées et des musées de société (FEMS), che raggruppa circa centoventi iniziative di questo genere, una quarantina delle quali sono ecomusei. Il volume si sofferma poi sulle esperienze ecomuseali in Gran Bretagna, Portogallo e Spagna. E in Italia? Il maggior numero di iniziative del genere lo si registra al Nord (in Piemonte, in particolare) e al Centro; quasi dovunque è la montagna il territorio privilegiato dell'azione degli ecomusei. Fa eccezione l'Emilia-Romagna con i due esempi riportati sulla guida: l'Ecomuseo delle Valli d'Argenta a Casino di Campotto (Ferrara) e l'Ecomuseo del sale e dell'esperienza salinara a Cervia (Ravenna).

Per gli appassionati o per chi vuole sapere di più sull'argomento è possibile consultare anche l'aggiornatissimo sito www.ecomusei.net, promosso dalla Regione Piemonte con il patrocinio dell'ICOM - International Council of Museums.

 

M. Maggi, Ecomusei. Guida Europea, Torino, IRES Piemonte e Società Editrice Umberto Allemandi & C., 2002, 238 p., Ç 18.

 

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