Rivista "IBC" XI, 2003, 1

biblioteche e archivi / progetti e realizzazioni

Nel novembre 2002 Christie's ha messo all'incanto un capolavoro della miniatura quattrocentesca: l'ottavo corale del ciclo commissionato dal cardinale greco Bessarione. Grazie a una cordata sostenuta dalla Soprintendenza per i beni librari e documentari dell'IBC il volume ha raggiunto i suoi sette "compagni" nella Biblioteca Malatestiana di Cesena.
Il corale ritrovato

Fabrizio Lollini
[ricercatore di storia dell'arte medioevale presso l'Università di Bologna]

La storia dell'arte, e forse della cultura in generale, viene spesso considerata dai non specialisti più stabile - e quindi meno soggetta a scoperte ed evoluzioni - rispetto allo svolgimento delle discipline scientifiche; in questa posizione gioca senz'altro un ruolo rilevante l'erronea idea dell'immobilità di quello che è avvenuto, la sensazione che di quanto è trascorso e lontano noi sappiamo già tutto, o almeno ciò che è possibile oggi sapere. Ma proprio nelle discipline artistiche è forse più facile smontare questo luogo comune: oltre alle possibilità comuni a tutti i campi della ricerca storica (ritrovamenti di documenti inediti o nuove interpretazioni dell'esistente), la materialità degli oggetti di studio, la loro intrinseca fisicità, fanno sì che un restauro riveli di un artista o di un'opera aspetti ignoti, o addirittura sconvolgenti; o che fortunate coincidenze permettano di ritrovarci di fronte oggetti che erano conosciuti solo attraverso informazioni scritte o fotografiche.

È quanto successo alla fine dello scorso anno, a novembre, quando nel catalogo di un'asta della celebre casa londinese Christie's è comparso un preziosissimo manoscritto le cui testimonianze si erano perse molti decenni fa: una fondamentale aggiunta al celebre ciclo di corali miniati commissionati a metà Quattrocento da uno dei più noti esponenti della storia della Chiesa del XV secolo e dell'Umanesimo, il cardinale Bessarione, ciclo parzialmente conservato alla Biblioteca Malatestiana di Cesena. La mobilitazione immediata e unitaria della Soprintendenza per i beni librari e documentari dell'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, del Comune di Cesena, e di uno sponsor privato, la Fondazione Cassa di risparmio di Cesena (che già molte volte ha aiutato la politica culturale della città romagnola), ha fatto sì che la cordata formatasi si sia visto aggiudicare il codice per la cifra di 92.000 sterline, e che il volume giungesse quindi ad affiancarsi agli altri suoi sette compagni, tra l'altro proprio in concomitanza dell'apertura della mostra "Malatesta Novello magnifico signore". L'esposizione (recensita in questo numero della rivista da Simonetta Nicolini) è stata dedicata al signore cesenate, patrocinatore della grande raccolta libraria della città romagnola, unico e fondamentale esempio di libraria umanistica giunto pressochè intatto - nel contenitore come nel contenuto - sino a noi.

La serie a cui appartiene il libro, ben nota agli studiosi, era costituita da una dotazione completa di graduali e di antifonari (che racchiudono il materiale cantato rispettivamente per la Messa e per le Ore), e venne commissionata dal cardinale greco Bessarione nel periodo in cui fu Legato pontificio a Bologna, tra il 1450 e il 1455. L'inizio dell'esecuzione della serie in area felsinea è l'ipotesi più probabile che emerge dalla lettura delle fonti, peraltro abbastanza confuse. Nessun dato certo è reperibile per quanto riguarda la sua consistenza originaria: le cronache, e gli inventari del XVIII e XIX secolo (stilati in concomitanza con le soppressioni napoleoniche e unitarie, che dispersero questo come tanti altri importanti patrimoni librari, specie nell'Italia centrosettentrionale) fanno comunque pensare a poco meno di una ventina di pezzi, forse diciotto: ma i volumi superstiti erano appunto, sinora, solo sette.

Secondo tutte le testimonianze la serie era stata commissionata dal cardinale per essere donata ai Francescani di Bisanzio (fatto che rimarca ancor più i legami tra il prelato e il suo contesto d'origine, quello greco-bizantino); ma dopo la caduta della capitale dell'Impero d'Oriente, nel 1453, si pensò a una nuova destinazione, forse in accordo col signore ferrarese Borso d'Este che, stando almeno alla presenza del suo stemma su un paio di pezzi, sembra più che probabile abbia in un qualche modo compartecipato all'azione di patrocinio: il ciclo non era comunque stato ancora terminato (uno dei volumi ora in Malatestiana reca la data 1455).

Il motivo che portò alla scelta cesenate si lega ai profondi rapporti tra Bessarione e Malatesta Novello, che all'epoca si trovava nel pieno svolgimento del piano della sua accumulazione libraria: una fortissima comunanza religiosa e culturale (entrambi legati ai francescani e soprattutto all'Osservanza, entrambi patrocinatori di un intensissimo lavorìo di scriptoria comprendenti copisti e miniatori), ma anche, senza dubbio, rapporti diretti, che sfuggono però ancora a una definizione completa. E in questo contesto un ruolo decisivo dovette avere anche Violante, sposa del Novello, che sappiamo pure tanto devota dei Francescani Osservanti, di cui Bessarione era divenuto cardinale protettore. Per questi motivi, e fors'anche per altri a noi ignoti, il ciclo venne messo a disposizione della nuova residenza dei Minori di Cesena patrocinata dal Novello e dalla moglie, appena costruita, dove rimase fino al periodo delle prime soppressioni napoleoniche, e poi nuovamente fino alle requisizioni seguite all'Unità d'Italia, tramite le quali giunse infine alla Malatestiana.

Come è noto agli specialisti - ma pure ai visitatori della celeberrima biblioteca cesenate, dove anche al di fuori di speciali occasioni espositive i volumi finora rimasti erano esposti in modo stabile nella sala della raccolta Piana (in cui verrà collocato anche quello appena acquisito) - l'andamento stilistico dei volumi è del tutto discontinuo; si può anzi dire che il pur alto valore artistico di ogni singolo pezzo conti forse meno del ruolo della serie, considerata nel suo complesso: essa testimonia un periodo di trapasso particolarmente cruciale della storia della decorazione libraria e dell'arte in generale. Troviamo infatti attivi nel ciclo, da una parte, alcuni miniatori tardogotici lombardi, di squisita raffinatezza, veri campioni di quella tendenza cortese e delicata che perdurerà molto, specie in area padana - anche oltre quelli che spesso, un po' genericamente, vengono indicati come i confini cronologici del Rinascimento; e dall'altra, forse per influsso di Borso d'Este, altri artisti di impianto già decisamente moderno, in sintonia con le tendenze della cosiddetta "officina ferarrese" di Cosmè Tura e Francesco del Cossa.

Il "nuovo" corale appena acquisito appartiene al primo gruppo; più precisamente il frontespizio, decorato oltre che da un'iniziale anche da un ricchissimo fregio, appare di certo un lavoro del maestro che nella serie era già noto per aver decorato alcune parti del volume n. 3 della Malatestiana; gli altri interventi a pennello, otto lettere con figure di santi sparse nelle 111 carte pergamenacee dell'antifonario, appartengono senza dubbio allo stesso contesto tardogotico lombardo, e sono forse anch'essi opera del medesimo artista, che in questo caso adotterebbe però qui una stesura meno morbida e più grafica rispetto alla prima pagina del volume, mentre costante è l'uso di colori chiari e vividi, e l'adozione di fisionomie delicate e dolci, quasi adolescenziali.

Di questo maestro anonimo sono note altre opere: tutte o quasi, forse, frammenti ora conservati in raccolte statunitensi - lettere ritagliate o interi fogli staccati nel corso delle vicissitudini del gruppo di corali - da altri volumi della serie bessarionea. Una serie non solo dispersa ma anche dilaniata nel corso delle sue sfortunate vicende conservative, e di cui il volume oggi acquisito costituisce probabilmente l'unico pezzo integro che mancava all'appello in Malatestiana, passato negli anni tra il 1920 e il 1930 in alcune aste antiquarie, tra cui una della celebre casa Hoepli di Milano.

Il volume comprende il Comune dei Santi, quella sezione liturgica che prevede la raccolta dei testi e delle musiche che si riferiscono alla celebrazione di categorie di santi raggruppati per tipologie (gli Apostoli, i Martiri, le Vergini, e così via). L'elegante scrittura gotica a inchiostro bruno, con i titoli rubricati in rosso, e il tetragramma con notazione quadrata, si ritrovano pressoché identici anche negli altri numeri del ciclo; di grande pregio è inoltre la legatura originale, in ottime condizioni di conservazione (come peraltro tutto il manufatto), realizzata in pelle scura su assi di legno con applicazioni di rinforzi e borchie in metallo.

Questo codice miniato reca, come molti degli altri della serie, lo stemma del prelato greco, in cui due braccia vestite di diverso colore reggono insieme la croce, a simboleggiare il Leitmotiv dell'azione politica e religiosa del cardinale: il tentativo di riunificare le due grandi chiese cristiane, quella greca e quella latina. Se pure non ebbe l'esito desiderato - il Concilio per l'Unione che si tenne a Ferrara, e fu poi trasferito a Firenze e a Roma, diede vita a una riappacificazione durata solo pochi anni - questo tentativo occupò gran parte della vita dell'illustre personaggio, che negli ultimi anni della propria esistenza volle far dono della sua ricchissima raccolta libraria.

Più ampia di quella di Malatesta Novello, questa raccolta era comunque a essa raffrontabile nella comune ricerca umanistica, che per Bessarione consisteva però anche nella volontà, quasi nella missione, di difendere la continuità della tradizione ellenica, perpetuandola al di là della caduta di Bisanzio, l'evento traumatico che aveva interrotto una storia quasi continua che partiva ancora dall'Antichità. La città scelta fu Venezia, per il suo ruolo di ponte tra Oriente e Occidente: qui le raccolte librarie del cardinale costituirono il nucleo della Biblioteca Marciana. Due tra le maggiori e più note biblioteche italiane, dunque, sono tuttora accomunate dai loro rapporti con questa figura decisiva nella storia religiosa e culturale del Quattrocento.

 

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