Rivista "IBC" X, 2002, 4
territorio e beni architettonici-ambientali / linguaggi, progetti e realizzazioni
L'Istituto "Schürr" di Santo Stefano (Ravenna) - intitolato al massimo studioso dei dialetti romagnoli, il linguista austriaco Friedrich Schürr (1888-1980), e attualmente presieduto da Gianfranco Camerani - è un'associazione impegnata nella salvaguardia e nella valorizzazione dei dialetti romagnoli. Con due obiettivi specifici: non solo promuovere la ricerca sulle forme dialettali non più in uso o in via di estinzione, ma anche studiare i modi e gli effetti della pressione esercitata dall'italiano sulle parlate locali specialmente nel corso del Novecento.
Per raggiungere il primo traguardo la "Schürr" (come la chiamano confidenzialmente i suoi animatori) si propone in particolare di recuperare le parole relative alle tecniche di lavoro tradizionali, alle case rurali, al territorio, rivolgendo il proprio interesse a quelle forme espressive che fanno uso del dialetto, sia quelle della tradizione popolare (fiabe, canti, ecc.), sia quelle della tradizione colta, come il teatro, la poesia in vernacolo, le "cante", la narrativa. L'associazione ritiene che in questo progetto sia fondamentale l'impegno verso le giovani generazioni: perciò diverse iniziative sono dirette al mondo scolastico.
Il repertorio delle attività didattiche è piuttosto ampio e vario: corsi per insegnanti finalizzati alla formazione linguistica, antropologica, musicale attraverso il recupero storico e pedagogico del folklore romagnolo; attività didattiche e laboratori per classi o gruppi aventi per oggetto il patrimonio culturale romagnolo (novelle, fiabe, filastrocche, indovinelli, acchiapparelli, ninnenanne); attività d'animazione: narrazioni, giochi tradizionali, ricostruzione di situazioni tipiche della civiltà contadina (dai trebbi alle veglie); visite guidate ai musei etnografici ed eventuali approfondimenti in classe attraverso schede didattiche, audiovisivi, ricerche linguistiche; insegnamento ed esecuzione corale di "cante" romagnole; danze popolari proposte ai bambini; approccio al teatro dialettale con improvvisazioni, atti unici e farse; avviamento alla grafia romagnola e confronto di strutture linguistiche italiane e romagnole.
Presso l'Università per la formazione permanente degli adulti "Giovanna Bosi Maramotti" di Ravenna la "Schürr" svolge corsi rivolti agli adulti (Lèzar e scrìvar in djalët), appuntamenti che per il consenso ricevuto si sono ampliati di anno in anno. L'associazione collabora inoltre con altre istituzioni culturali (come la Casa Matha di Ravenna, l'Università per la terza età di Ravenna e Cervia, l'Università per gli adulti di Lugo). Una particolare attenzione viene poi riservata al teatro dialettale: è in corso la costituzione di una raccolta di copioni di commedie dialettali e di un archivio di videoregistrazioni.
La "Schürr" pubblica un proprio periodico, "La Ludla (La Favilla)": 8-10 numeri che ogni anno vengono inviati gratuitamente ai soci e agli studiosi, alle istituzioni culturali, agli enti locali e alle scuole della Romagna. Ma l'attività editoriale non si ferma qui: l'associazione ripropone infatti, attraverso ristampe anastatiche, opere di interesse folklorico e dialettologico divenute rare. Finora sono usciti tre volumi: nel 2000 Romagna di Icilio Missiroli, nel 2001 Studi sulle tradizioni popolari della Romagna di Carlo Piancastelli, nel 2002 Usi, e pregiudizj de' contadini della Romagna di Michele Placucci.
Romagna di Missiroli, come spiega Giuseppe Bellosi nel saggio introduttivo (Icilio Missiroli e la Riforma scolastica Gentile), venne pubblicato nel 1924 nell'ambito della riforma scolastica del '23, in attuazione della quale i nuovi programmi per le elementari prescrivevano il ricorso alla cultura locale e al dialetto per consentire ai bambini di partire da questi per avvicinarsi alla lingua e alla cultura nazionali. Era prevista, a questo proposito, la pubblicazione di appropriati libri per le classi terza, quarta e quinta: volumetti per gli esercizi di traduzione dal dialetto all'italiano e un sussidiario per la cultura regionale e le nozioni varie. Il sussidiario di Missiroli, redatto seguendo i criteri indicati da un'ordinanza ministeriale, è suddiviso per mesi, da settembre ad agosto, secondo il calendario scolastico, e in ogni mese si trovano diverse rubriche, relative ad esempio, agli uomini illustri, ai lavori agricoli, alle tradizioni popolari; non mancano inoltre i brani di letteratura dialettale e la descrizione del territorio romagnolo e in particolare delle sue città. Negli anni successivi alla riforma "Gentile" la scuola subì una progressiva fascistizzazione attraverso una serie di ritocchi alla stessa riforma: le posizioni nazionalistiche e totalitarie del regime portarono all'esclusione del dialetto e, in parte, della cultura regionale dall'insegnamento elementare.
Dopo il favore incontrato dalla ristampa del libro di Missiroli, la "Schürr" ha deciso di dar vita ad una collana denominata "Tradizioni popolari e dialetti di Romagna", il cui primo volume è stato Studi sulle tradizioni popolari della Romagna di Carlo Piancastelli, introdotto da un saggio di Bellosi. Piancastelli (1867-1938) divise la sua vita tra Fusignano e Roma, dedicandosi alla raccolta di libri, manoscritti, documenti di vario genere, stampe, disegni, dipinti, monete, francobolli, fotografie, cartoline illustrate e altri materiali riguardanti la Romagna, e costituendo, come ha scritto Augusto Campana, "un patrimonio che da solo rappresenta buona parte di ciò che in Italia e fuori fa testimonianza della storia e cultura della [...] regione". Le straordinarie collezioni erano destinate alla Biblioteca Classense di Ravenna, ma dissapori coi gerarchi ravennati indispettirono il bibliofilo, che si orientò verso l'altra città capoluogo di provincia della Romagna, Forlì. Le raccolte furono trasferite, dopo la morte del donatore, dal Palazzo Piancastelli di Fusignano al Palazzo degli Istituti culturali ed artistici di Forlì.
Ai dialetti e alla cultura del mondo popolare della Romagna Piancastelli dedicò la propria attenzione fin dal 1889, quando cominciò a raccogliere nel territorio di Fusignano indovinelli, proverbi, modi di dire, canti e altri testi tradizionali, usanze e credenze. Nel volume sono ristampate le sue pubblicazioni di carattere folklorico: Commento a un indovinello romagnolo (Faenza, 1903), Nuovi accenni a superstizioni e pregiudizi in Romagna nel secolo XVIII (Bologna, 1931), Saggio di una bibliografia delle tradizioni popolari della Romagna, I, Usi costumi credenze pregiudizi (Bologna, 1933).
L'indovinello romagnolo studiato nel Commento è quello riferito all'azione dello scrivere: "Tera bianca, sment negra / Zenc somna, du arbega" ("Terra bianca [il foglio], semente nera [l'inchiostro] / Cinque seminano [le dita], due erpicano [gli occhi]"). Partendo dal testo romagnolo, Piancastelli compie una vasta indagine comparativa sugli indovinelli popolari di area europea che riflettono l'azione della scrittura e ricerca l'origine dell'immagine individuandola nella scrittura su tavolette cerate in area latina. L'indovinello romagnolo e il Commento piancastelliano, più di vent'anni dopo la pubblicazione, attirarono l'attenzione dei filologi e degli storici della lingua italiana, quando il cosiddetto indovinello veronese ("se pareba boves alba pratalia araba & albo versorio teneba & negro semen seminaba") - cioè il primo documento scritto in Italia in cui alcuni studiosi ritengono predominante la componente volgare, che era stato scoperto e pubblicato da Luigi Schiaparelli nel 1924 e considerato dapprima una cantilena - venne interpretato da Vincenzo De Bartholomaeis, nel 1927, come l'indovinello dello scrivere.
Quando nel 1894 Giuseppe Pitrè aveva pubblicato la sua voluminosa Bibliografia delle tradizioni popolari d'Italia, i contributi romagnoli di qualche importanza in questo campo erano scarsi. Nel corso del successivo trentennio anche in Romagna la ricerca folklorica si era poi sviluppata e aveva prodotto un numero tale di pubblicazioni da far ritenere utile la redazione di una bibliografia, che, scrive Piancastelli, "non deve considerarsi come un semplice elenco di nomi, ma, come una somma di cose, un indice di risultati, come una guida per nuove ricerche, e serva insieme di incoraggiamento e di freno". E il Saggio di una bibliografia delle tradizioni popolari della Romagna del 1933 è appunto un "indice di risultati" dell'attività di documentazione e di studio del mondo popolare romagnolo. Di tale lavoro venne pubblicata la sola prima parte relativa a Usi costumi credenze pregiudizi (con 369 schede ragionate), per le nozze di Augusto Campana con Rosetta Fabi.
"A soddisfare il nostro bisogno di una sempre più intima comprensione e piena conoscenza del popolo, della sua anima, della sua coscienza, non ci bastano più le storie dei grandi uomini e dei grandi fatti, e ci siamo volti a ricostruire la storia della gente minuta, che è poi l'enorme maggioranza, ed è il presupposto di quelli, l'humus da cui quelli si sviluppano ed ingigantiscono". Così Piancastelli motivava il suo interesse nei confronti della cultura del mondo popolare, e, seguendo le correnti etnologiche attive in quegli anni, aggiungeva: "Il popolo è conservatore, e non potrebbe non esserlo, ed il suo studio non solo ci rivela le sue attuali gioie e sofferenze, le ingenue espansioni, le riflesse esperienze, i rifugi spirituali, ma ci apre uno spiraglio sulla vita delle età passate, spesso fornendoci una scala che, chi la sappia salire, può condurci, gradino per gradino, fino alla conoscenza di tempi della più remota antichità".
Nel 2002, come si diceva, è stata pubblicata la ristampa degli Usi, e pregiudizi de' contadini della Romagna del forlivese Michele Placucci (1782-1840), la prima opera organica sulle tradizioni popolari di una regione italiana, pubblicata per la prima volta nel 1818. La ristampa del volume è introdotta da un saggio di Giuseppe Bellosi, che definisce l'autore un "precursore della ricerca folklorica in Romagna". Placucci, che è debitore verso le relazioni dell'inchiesta sui costumi e le tradizioni popolari nel Regno italico avviata nel 1811, distribuisce l'abbondante materiale in dieci "titoli": Delle nascite; De' matrimonj; De' mortorj; Delle operazioni di agricoltura praticate da' contadini in ciascun mese dell'anno; Degli usi, e pregiudizj relativi a certe epoche principali dell'anno; Degli usi, e pregiudizj sugl'influssi celesti, ed intemperie; De' pregiudizj relativi a certi medicamenti; Dei pregiudizj sulla economia domestica; Dei malefizj; Delli diversi usi in generale.
Il lavoro - presentato dall'autore come "operetta serio-faceta", a testimonianza dello "storto pensar" dei villani, i cui usi e pregiudizi vengono descritti "a solazzo di chi si apprestasse a leggerli, e specialmente de' Villeggianti" - anticipa di mezzo secolo, con la sua precisa classificazione e descrizione dei materiali folklorici, la demologia scientifica italiana. Tuttavia, come sottolinea Angelo Fabi, Placucci non ebbe certo né la "coscienza di avere scritto un libro importante", né "la preparazione del demologo", infatti "non è pensabile che egli, uomo di modesta formazione culturale [...], avvertisse le sollecitazioni di una cultura in fermento, le suggestioni del romanticismo".
Per il 2003 è prevista la ristampa dei lavori folklorici del forlivese Luciano De Nardis, affidati alla cura di Eraldo Baldini. Per ulteriori informazioni l'indirizzo dell'Associazione "Istituto Friedrich Schürr" è: via Cella 48, 48020 Santo Stefano (Ravenna); il numero di telefono e di fax è: 0544 571 161; l'e-mail è: schurr.ludla@inwind.it.
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