Rivista "IBC" X, 2002, 4
musei e beni culturali / progetti e realizzazioni
Ampia eco ha destato sui quotidiani e presso gli altri media l'inaugurazione nello scorso mese di ottobre della definitiva sistemazione museale per l'ormai celebre "Domus dei tappeti di pietra" di Ravenna, e l'ufficialità dell'accadimento, sancita dalla presenza del Presidente della Repubblica, non ha fatto che rimarcare una volta di più l'unicità di questo complesso archeologico in una città "eccezionale" di per sé. Che altro si può dire, infatti, di un sito millenario che sull'antichissimo insediamento lagunare, già fondamentale sbocco al mare per l'organizzazione politica etrusco-padana, vide col tempo sorgere uno dei più importanti porti militari dell'antichità, posto a controllo dei mari orientali? Una metropoli destinata a divenire capitale dell'Impero romano d'Occidente, di cui - proprio in coincidenza con l'apertura al pubblico del complesso archeologico di via d'Azeglio - si è celebrato il milleseicentesimo anniversario.
Si sa che l'abbinamento turismo-arte ha in Ravenna uno dei principali elementi di forza della città e che il circuito composto dal Museo archeologico nazionale e da alcuni dei celebri complessi tardoromani, teodoriciani e bizantini rappresenta una vera punta di diamante del sistema museale regionale. I monumenti ravennati sono poi essi stessi altrettante testimonianze irripetibili della storia artistica nazionale e dal 1998 appartengono alla World Heritage List dell'UNESCO.
L'unicità del patrimonio culturale cittadino, con il corollario di organismi formativi di altissimo livello come l'Istituto d'arte per il mosaico e la Facoltà di conservazione dei beni culturali, sta alla base di consolidate, permanenti forme di collaborazione e di sinergie stabili fra numerosi enti pubblici e realtà operanti a livello locale e regionale in favore della promozione e valorizzazione di Ravenna e dei suoi beni artistici. In questo humus operativo ha visto la luce RavennAntica, la fondazione nata per realizzare l'ambizioso ed oneroso progetto del Parco archeologico di Classe, che include appunto anche la Domus dei tappeti di pietra e la Basilica di Sant'Apollinare, e che si prefigge tra l'altro di realizzare un nuovo museo archeologico nel complesso industriale dell'ex-zuccherificio. Ancora, è in un luogo emblematico come Ravenna che ha sede il Centro di studi per l'archeologia dell'Adriatico, sorto recentemente per iniziativa dell'Università di Bologna con lo scopo di incentivare la ricerca scientifica e di promuovere le conoscenze storiche e archeologiche legate ad un mare su cui la città ha esteso a lungo il proprio dominio, traendone fortuna e benessere.
Per molti Ravenna è per antonomasia la città del mosaico. Appare quindi del tutto naturale che per dare forza ed accento a un evento di così grande rilievo una larga fetta della "comunicazione" sia stata riservata proprio ai "tappeti di pietra", dei quali l'area di via D'Azeglio ha restituito esemplari pregevolissimi, ove la maestria degli antichi mosaicisti si fonde con l'interesse iconografico per alcune raffigurazioni davvero inusuali, come i tanto menzionati Geni delle Stagioni o il cosiddetto Buon Pastore.
In questa sede vorremmo però sottolineare alcuni aspetti, rimasti forse più in ombra o maggiormente trascurati dalla stampa. Citando le parole della allora soprintendente all'archeologia Mirella Marini Calvani in occasione della prima presentazione pubblica dei mosaici, ricordiamo dunque che lo scavo di via d'Azeglio, incuneato nella carne viva del tessuto urbano - con la sua incredibile stratificazione ove, attraverso lacerti di edifici, tracce di necropoli, strutture termali, resti di impianti stradali, come in un ricchissimo palinsesto temporale dal Settecento si discende sino all'età repubblicana - rappresenta un'opportunità rara, "_un'occasione fortunamente non perduta di penetrare in una città in gran parte ancora sconosciuta".
L'opportunità di "fruire", e quindi di comprendere, una realtà così complessa e composita, gravata da intrinseci problemi strutturali, conservativi e interpretativi, inevitabilmente dipende dalla proposta progettuale che deve dare forma e corpo al percorso museale. Crediamo quindi che ampia parte del successo al quale il nuovo polo museale della Domus è destinato sia dovuta anche alle scelte operate nell'allestimento, a partire dall'accesso ricavato nella Chiesa di Sant'Eufemia e dal previsto transito accanto ad un locus simbolico come il pozzo battesimale di Sant'Apollinare, per finire con i molti accorgimenti tecnologici e con l'attento progetto illuminotecnico, destinati a favorire al massimo grado l'ostensione delle testimonianze e la loro lettura.
Ora che un'impresa di siffatta portata giunge finalmente a compimento, la memoria corre a quel lontano 1993 quando tutto ebbe inizio e il primo cittadino di Ravenna volle riunire intorno a uno stesso tavolo le istituzioni regionali che avrebbero potuto offrire il loro contributo perché questo straordinario gioiello non andasse perduto, ma anzi contrassegnasse l'inizio di una nuova felicitas per la città. Fra i protagonisti della prima ora vi fu l'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, che con impegno ragguardevole sostenne finanziariamente le operazioni preliminari di scavo e distacco dei mosaici, ed è per questo che oggi siamo davvero lieti di sapere che la Domus dei tappeti di pietra racchiude, fra altri, anche un piccolo segno del nostro quotidiano operare.
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