Rivista "IBC" X, 2002, 3
musei e beni culturali / mostre e rassegne, pubblicazioni
Ad Alessandro Menganti e alla scultura del suo tempo è dedicato il catalogo della mostra "Il Michelangelo incognito. Alessandro Menganti e le arti a Bologna nell'età della Controriforma", allestita nelle sale del Museo civico medioevale di Bologna sino al settembre scorso: una rassegna intesa ad esplorare il complesso panorama artistico del tardo Cinquecento che vede nella città delle due torri un importante crocevia per la cultura controriformata, qui esaminata da un ampio saggio di Andrea Bacchi. Specialmente nelle arti plastiche, rivolte al classicismo fluido e ricco di valori pittorici proprio del raffaellismo padano che a Bologna aveva avuto in Alfonso Lombardi la presenza di maggiore spicco. Nel gran solco di quella tradizione si avviano Giovanni Zacchi con il monumento Gozzadini in Santa Maria dei Servi, Girolamo Cortellini, autore del sepolcro Boccadiferri in San Francesco (1554) e Teodosio de' Brocchi, impegnato al cantiere di San Petronio accanto al carrarese Lazzaro Casario e al lombardo Giacomo Longhi. Spetta poi ad un francese illustre, Jean de Boulogne detto il Giambologna, immettere valori michelangioleschi certamente rafforzati dal fiammingo van der Schardt, altra presenza significativa nella mappa artistica bolognese intorno al 1570.
In questo panorama, denso e variegato, si inserisce la figura di Alessandro Menganti, "bolognese scultore di molto merito", nella testimonianza di Giovan Pietro Bellori e "Michelangelo incognito", come era solito definirlo Agostino Carracci, che ancora giovane ne frequentava la bottega. Noto per una sola opera monumentale, eretta nel 1580 sulla facciata del Palazzo Pubblico, la grande statua bronzea del pontefice Gregorio XIII, al secolo il bolognese Ugo Boncompagni, Menganti mostra di recepire quanto di meglio gli proveniva dal contesto bolognese della seconda metà del Cinquecento, dalle arti figurative all'oreficeria e alla fusione, illustrate in catalogo dalla densa rassegna critica di Stefano Tumidei. Nonostante la difficoltà di ricostruire la personalità di un artista attraverso un'unica opera, pur rientrata subito tra "le cose notabili" della città, appaiono evidenti le tangenze con l'ambito della pittura, dal tardoraffaellismo di Bagnacavallo al tibaldismo addolcito del Samacchini e soprattutto di Lorenzo Sabatini, i cui affreschi in San Giacomo Maggiore, Sant'Agostino e Sant'Ambrogio, costituiscono il corrispettivo pittorico delle scene sacre, delle immagini di santi e di prelati rilevate da Menganti sul piviale di Gregorio. Opere raffinatissime che disegnano la fitta trama dei rapporti che collegarono lo scultore all'ambiente degli orefici e dei medaglisti, quando in quell'ultimo scorcio di secolo la committenza del Paleotti e dello stesso Boncompagni assicurava sostanziose donazioni alla cattedrale, collegata simbolicamente con il fasto della corte romana.
A. Bacchi, S. Tumidei, Il Michelangelo incognito. Alessandro Menganti e le arti a Bologna nell'età della Controriforma, Collana "Monografie" dei Musei civici d'arte antica, 1, Ferrara, Edisai, 2002, 271 p., s.i.p.
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