Rivista "IBC" X, 2002, 3
musei e beni culturali, biblioteche e archivi / mostre e rassegne, pubblicazioni
Una riga lunga e blu, come lo definisce Tonino Guerra, o una linea di confine, come lo vede Federico Moroni? Comunque venga percepito, permeando di sé buona parte della produzione di entrambi gli artisti, senza tuttavia costituire un tema in assoluto dominante o privilegiato in nessuno dei due casi, il mare ha offerto l'occasione per riavvicinare due personalità che, per la comune origine (Santarcangelo di Romagna) e "un buco di pochi anni" nell'età anagrafica, già avevano stretto un forte sodalizio fin dall'infanzia. Ne sono scaturiti una mostra - promossa dall'Assessorato alla cultura del Comune di Cesenatico (Forlì-Cesena) e recentemente conclusasi presso Casa Moretti - e il relativo catalogo che, pur reiterandone il titolo ... e giù, in fondo, il mare. Viaggio di Federico Moroni e Tonino Guerra, non si propone come semplice testimonianza dell'iniziativa svoltasi, ma come contributo alla riscoperta e valorizzazione degli scritti di Guerra e dei dipinti di Moroni.
Il filo conduttore del mare, per quanto utilizzabile a pieno titolo come linea guida nella ricognizione delle opere dei due autori, di cui scandisce le principali tappe (è un richiamo, un'eco diffusa, spesso percepibile anche in mancanza di riferimenti espliciti), non deve però essere considerato riduttivo, mero pretesto per l'accostamento di due fisionomie così diverse: vuole piuttosto essere la molla per un confronto, per "una disamina più ampia", volta alla ricerca di insospettate affinità di spirito (per le analogie e le intonazioni tematiche, infatti, le due vicende artistiche debbono molto l'una all'altra).
Con la sua dimensione magica, misteriosa, quasi metafisica, questa distesa immensa e affascinante, da sempre metafora dell'infinito e dell'ignoto, ha svolto un ruolo fondamentale nelle esperienze di entrambi gli artisti, stimolandone fantasie e paure (è comune il tema del viaggio verso il mare, percorso simbolico ed esistenziale verso il mondo ultraterreno). E, poiché al di là dell'orizzonte c'è l'inconoscibile, sia Guerra che Moroni hanno preferito fermarsi alla fascia che segna il trapasso dalla terra all'acqua: il primo per la sua capacità di rievocazione nostalgica del passato, il secondo per il microcosmo che la popola (rotonde bagnanti, granchi, conchiglie). Nell'uno e nell'altro l'immagine del mare si realizza in quella linea, talora evanescente, che segna il confine tra realtà e immaginazione. Un mondo di sogno, di favola, da ammirare da lontano: bisogna rispettare il mistero quando si ha la fortuna di incontrarlo, ammonisce Guerra; guardare le cose fino a svelarne il potenziale fantastico; cogliere il meraviglioso nel quotidiano.
Soprattutto a seguito del degrado subìto dal litorale a causa delle trasformazioni per esigenze turistiche, si fa sentire l'esigenza di esprimere quell'universo luminoso che appare solo a chi ha occhi per saperlo vedere. Mentre Guerra idealizza i luoghi abbandonati che parlano di un mitico passato, Moroni rivolge l'attenzione a quelle vecchie cose inutili (tromboni, biciclette, locomotive, scarpe usate) cariche di vita, di significato, che, chiedendo di emergere dal silenzio metafisico in cui giacciono, sprigionano la creatività (e non si può non pensare a Gozzano). Se per il poeta "la realtà per essere vera deve sempre essere inventata", per il pittore "il colore richiama la memoria ad evocare immagini più attraenti di qualunque realtà".
Diversi quindi i punti di contatto tra le due figure. Senza dimenticare la comune pluralità di linguaggi e di mezzi espressivi. Moroni è stato anche autore di saggi e nel suo gusto per pennini, inchiostro e grafica, Simonetta Nicolini - nel contributo che gli dedica - coglie la linea che congiunge la scrittura e la pittura; Guerra, poeta dialettale e narratore in italiano, nell'inaugurare "un caso di bilinguismo" - per riprendere le parole usate da Manuela Ricci nella sua lettura - non solo manifesta una volontà di "risoluzione pittorica" in diversi componimenti (tanto che una versione inedita dei suoi Scarabòcc è stata illustrata da Moroni) ma, essendosi cimentato nella scrittura per il cinema, spesso utilizza immagini cinematografiche.
Pare pertanto legittimo, come osserva Renzo Cremante nella presentazione al catalogo, l'accostamento dei due artisti, operato in modo da far colloquiare l'arte figurativa, la poesia e, nella mostra, la sede espositiva, invitando il visitatore/lettore a ricercare le relazioni nel continuo sconfinare dal mare scritto al mare dipinto. Lungi dal ridursi a pura analisi delle espressioni dei due autori, il volume, come la mostra, è anche un percorso all'interno della loro formazione e delle loro esperienze.
Un itinerario le cui tappe sono segnate da fotografie che testimoniano la vita intellettuale romagnola (Guerra è ritratto con i registi Antonioni e Fellini, con cui ha lavorato come soggettista e sceneggiatore) o che fissano immagini della marina, per lo più studi preparatori dei disegni di Moroni, di cui vengono proposte diverse esemplificazioni. A corredo del catalogo, una sezione dedicata alle opere del pittore, in cui, oltre ai suoi temi prediletti, emerge la sua preferenza per i colori sfumati e per la tecnica della china e dell'acquerello, magari utilizzata su carta - già scritta o sbiadita - che ha anch'essa una storia da raccontare.
... e giù, in fondo, il mare. Un viaggio di Federico Moroni e Tonino Guerra,
a cura di M. Ricci e S. Nicolini, Cesenatico, Casa Moretti, 2002, 95 p., s.i.p.
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