Rivista "IBC" XXVIII, 2020, 1

territorio e beni architettonici-ambientali / interventi

Noi e l’albero in tempo di crisi: evoluzione di un rapporto vitale

Valentina Ivancich Biaggini
[Neuropsichiatra e giardiniere]

Esiste ancora un legame, oggi, tra uomo e natura? E si può davvero definire vitale?
Bè, in estrema sintesi: sì. Per quanto possa sembrare paradossale, noi umani di oggi conserviamo tuttora -sotto traccia - legami profondi e assai concreti con alberi, piante, animali con la natura attorno a noi; che se ne sia consapevoli o, come più spesso avviene, no.
Il nostro rapporto con la natura, si dimostra  fondamentale e vitale, a molti  livelli. Una espressione particolare di ciò è il modo in cui influenza vari aspetti del funzionamento del nostro organismo ed incide su benessere e salute.
Non c’è dubbio che il contatto con alberi, parchi, giardini e natura allunghi la vita, e migliori lo stato di salute. Oltre al buon senso, ne è testimone una copiosa mole di ricerche; tra cui studi epidemiologici svolti in diversi paesi. Una maggiore “quota di verde” nella vita di una persona (la presenza di più alberi e verde dove la gente abita e lavora, una abitudine a frequentare parchi, luoghi naturali, etc) ha un significativo effetto sulla sopravvivenza in generale, e sembra proteggere da tutta una serie di malattie fisiche e mentali o mitigarne gli effetti.
L’ effetto benéfico di alberi, verde e natura riguarda ogni aspetto della nostra salute; ma è particolarmente evidente sul piano del benessere mentale ed emotivo. Il rischio di disagio psichiatrico, più significativo in città, si riduce con una maggiore “quota di verde” nella vita. In quartieri popolosi la maggiore o minore presenza di verde ben tenuto (dettaglio importante), pur non essendo una panacea, fa comunque una notevole differenza: ne possono dipendere i livelli di ansia, frustrazione, aggressività in adulti e bambini, la coesione delle famiglie, persino aspetti come il successo scolastico, le relazioni di buon vicinato e le quote di delinquenza nel quartiere. Investire sul verde urbano dovrebbe essere un’ ovvietà; non una trascurabile frivolezza, come troppo spesso viene considerato.
Un altro esempio dei benefici del verde? L’efficacia terapeutica di natura ed elementi ambientali. Oggi si comincia a ritrovare questo antico uso di alberi, verde e giardini come strumenti di cura. Ne comprendiamo meglio i meccanismi di azione e li canalizziamo per coadiuvare la guarigione a tutti i livelli, persino in situazioni ospedaliere. Si stabiliscono ‘giardini terapeutici’, si praticano diverse forme di orto-terapia integrandole in protocolli di cura, dall’oncologia alla riabilitazione cardiovascolare, alla psichiatria. In Giappone, lo Shinrin Yoku (“bagno di bosco”, o bosco-terapia) è una pratica di medicina preventiva riconosciuta.
Insomma, anche se per alcuni di noi umani moderni e tecnologico-centrici può essere difficile ammetterlo, entrare in un giardino, in un bosco, contemplare un bel paesaggio o un viale alberato, ci cambia (in bene). Sono esperienze che influiscono concretamente su di noi, e hanno effetti diretti e abbastanza rapidi sul nostro organismo; molti di questi effetti sono stati studiati e misurati. Il rapportarsi alla natura agisce sul sistema cardiovascolare, su vari assi ormonali, sul sistema immunitario, e in generale riesce a mitigare i danni dello stress cronico. La natura, gli alberi hanno una azione calmante e positiva sulla nostra mente, una esperienza che trova riscontri nella psicologia sperimentale e nei più moderni lavori di neuroimaging. Il giardino, il bosco, l’albero sotto casa hanno la potenzialità di farci entrare in un particolare stato mentale di vigilanza rilassata, più o meno marcato ma comunque con un effetto fortemente rigenerante sulle funzioni mentali. Il senso di rasserenamento che proviamo entrando in un bel parco è molto più che una impressione passeggera: è l’epifenomeno di un profondo riequilibrarsi della nostra psiche.

La crisi
Se oggi dico che viviamo in un momento storico di grande crisi, è ovvio che sto parlando in primo luogo della pandemia, di cui vediamo ogni giorno i gravi effetti. E gli alberi, il “verde”, la natura e il nostro modo di relazionarci ad essa hanno un ruolo chiave da giocare. Prendiamo ad esempio un aspetto legato alla mia formazione di neurospichiatra.
Noi umani costruiamo e manteniamo il nostro equilibrio psichico (e non solo!) sfruttando alcuni pilastri basilari, che comprendono aspetti individuali, quello che potremmo in sintesi chiamare le risorse interiori personali di ciascuno, assieme ad elementi del mondo esterno. In bambini e ragazzi, poi, il fattore evolutivo - il fatto di crescere - aggiunge un livello di complessità. Insomma, ci manteniamo in equilibrio psico-fisico e sani di mente grazie, tra l’altro, ai rapporti affettivi e sociali; grazie ad abitudini condivise, ai grandi riti sociali; e anche grazie al contatto con forme di natura più o meno addomesticata.
La relazione con alberi e piante e animali, le “esperienza di natura”, la stessa disponibilità di “verde” non troppo lontano o inaccessibile, possono giocare un ruolo fondamentale nel delicato gioco di pesi e misure, che serve a mantenere il sistema psichico in uno stato di funzionameno riagionevolmente armonico. È una esperienza vitale per l’essere umano; molti di noi attingono a questa fonte, più o meno consapevolmente.
Con la crisi viviamo un certo sconvolgimento di molti degli elementi che sostenevano la vita individuale e sociale - inclusa la possibilità di contatto con la natura.  E chiaramente possono emergere segni di disagio psichico, più o meno intensi, più o meno transitori: senso di confusione, disperazione, emozioni come rabbia, tristezza, paura, quadri specifici di depressione o ansia, irrequietezza, insonnia, irritabilità, scarso controllo degli impulsi... Mantenere l’attenzione e ragionare si fa più faticoso, i processi di di problem-solving perdono efficacia (un guaio, quando dovremmo pensare a strategie globali per reagire e ripartire...).
Insomma, in circostanze come queste la nostra coesione psichica individuale è messa duramente alla prova, e sostenerla richiede molte energie. Il rapporto con la natura può venirci in aiuto?
Qui, il modello della Mental fatigue, un classico della psicologia sperimentale, ci aiuta a capire meglio. Immagina la psiche come un delicato insieme di funzioni mentali, che lavorano in un certo equilibrio: attenzione, ragionamento, pensiero, affettività... Situazioni di stress grave e continuativo -come l’attuale crisi- comportano sollecitazioni eccessive di tali funzioni mentali, che in un certo senso si “consumano”; ne consegue una forma di logorìo, e in casi estremi un esaurimento delle stesse. È questo ‘esaurimento’ che, secondo questo modello, porta a molti dei sintomi e disturbi di cui sopra.
Ma chi dice “esaurimento” implica la possibilità di ripresa; se in certe situazioni le funzioni mentali si logorano pericolosamente, circostanze diverse potrebbero permettere un rifornimento, un recupero? Effettivamente è così. E la massima efficacia in questo effetto di recupero e rifornimento si trova... in una bella passeggiata al parco.  Alberi, verde, boschi e così via hanno una spiccata capacità di riequilibrare il nostro funzionamento mentale; sono ambienti eminentemente rigeneranti, come si è già visto. Una funzione che, nelle attuali circostanze, è a maggior ragione preziosa. E di cui si dovrebbe tenere maggior conto.

Evoluzione di un rapporto vitale?
La crisi odierna incide certamente anche su questo rapporto per noi così vitale. La pandemia, la clausura, che da una parte sembrano “forzare” un allontanamento dalle nostre esperienze di natura abituali, d’altra parte mettono in evidenza una frattura profonda del nostro rapporto con alberi, verde e boschi - che da tempo incide su come ci relaizoniamo con l’ambiente.  Ma al contempo, la crisi che viviamo oggi ci ricorda come sia sua volta in questo rapporto che si annidano soluzioni, indicando una via di uscita.
Un esempio eloquente in questo caso riguarda la scuola. Sin dall’inizio della crisi che stiamo vivendo, la scuola è giustamente stata una delle principali questioni in discussione. Come garantire il diritto all’istruzione in una situazione di pandemia, con i rischi legati al contagio in spazi al chiuso e affollati? E ne abbiamo sentito di tutti i colori: apriamo le scuole, chiudiamole,  banchi individuali a rotelle salvifici, a scuola si ma a turno, tutti a casa e didattica via internet... È stupefacente che in tutti questi mesi non si sia praticamente mai sentito parlare (se non come iniziative isolate di singoli istituti o insegnanti) di portare almeno in parte la scuola nel parco più vicino.
Cioè quella che è ormai una esperienza pratica ben collaudata - sono decenni che didattica nel verde e ‘scuola nel bosco’ esistono in varie forme in tutto il mondo - sembrerebbe sia stata totalmente ignorata nel ventaglio di possibili soluzioni, che invece fanno gran caso di ausili tecnologici o informatici.
Ovviamente nella realtà, ci sarebbero diverse difficoltà pratiche da superare. Ma la cosa interessante qui è che non ci si sia proprio pensato. Un esempio lampante della profonda crisi nel nostro rapporto con la natura: non la prendiamo in seria considerazione neppure quando ci offre una soluzione su un piatto d’argento. Al tempo stesso vediamo come proprio dalla crisi arriva la spinta ad andare oltre, e costruire un nuovo rapporto con la natura; per affrontare un problema vero e urgente, ed offrire una scuola che non sia solo su uno schermo.

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