Rivista "IBC" XXVI, 2018, 2

Dossier: La Regione e le sue lingue

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Le voci che restano

Cristina Ghirardini
[Centro per il dialetto romagnolo - Fondazione Casa di Oriani, Ravenna]

Esiste, in questa prospettiva, una analogia strutturale fra il corpo e la lingua. Anche la lingua, infatti –in particolare nella figura della lingua materna –si presenta per ciascun parlante come ciòche vi èdi piùintimo e proprio; e, tuttavia, parlare di una «proprietà»e di un’«intimità»della lingua ècertamente fuorviante, dal momento che la lingua avviene all’uomo dall’esterno, attraverso un processo di trasmissione e di apprendimento che puòessere arduo e penoso ed èpiuttosto imposto all’infante che da lui voluto. E mentre il corpo sembra particolare a ciascun individuo, la lingua èper definizione condivisa da altri e oggetto, come tale, di uso comune. Come la costituzione corporea secondo gli stoici, la lingua è, cioè, qualcosa con cui il vivente deve familiarizzarsi in una piùo meno lunga oikeiosis, che sembra naturale e quasi congenita; e tuttavia –come testimoniano i lapsus, i balbettamenti, le improvvise dimenticanze e le afasie –essa èe resta sempre in qualche misura estranea al parlante. (Giorgio Agamben, L uso dei corpi, Vicenza, Neri Pozza, 2014, p. 121)

 

La lingua è inappropriabile, ci ricorda Giorgio Agamben, preesiste a noi che ne facciamo uso e puòanche estinguersi, come sanno tutti coloro che hanno a cuore la propria lingua madre e ne constatano le trasformazioni e talvolta pure l’impoverimento, piùo meno veloce.

Se la scrittura ci viene incontro consegnando pensieri, dichiarazioni e poesia a luoghi e tempi a cui la voce non puòarrivare (consentendo anche all’atto dello scrivere di plasmare lessico e sintassi), per rimanere in relazione con la dimensione sonora della lingua, la voce appunto, ènecessario un processo di registrazione, possibile soltanto da poco piùdi un secolo. Gli archivi sonori hanno proprio la grande funzione di conservare voci e suoni registrati, rendendo (auspicabilmente) sempre disponibili all’ascolto, e all’elaborazione di un nuovo uso, lingue ancora comuni, abbandonate o semi-abbandonate, “ lapsus e balbettamenti”, modalitàdi parlare o di cantare, discorsi e letture, versi declamati o cantati.

Dalla sua costituzione nel 2008, il Centro per il dialetto romagnolo della Fondazione Casa di Oriani di Ravenna ( www.casafoschi.it) raccoglie gli archivi sonori di ricercatori attenti alla dimensione linguistica e musicale dell’oralità, dunque di dialettologi, etnomusicologi, studiosi di tradizioni popolari. Ha iniziato le proprie attivitàcon la digitalizzazione e la catalogazione delle registrazioni di Giuseppe Bellosi, realizzate dai primi anni ’70 ai primi anni ’90 per studiare i dialetti e il canto popolare nel territorio compreso entro i confini linguistici della Romagna, si èarricchito con le registrazioni di interesse etnomusicologico di Alessandro Sistri, effettuate prevalentemente nella Valle del Conca (Rimini) negli anni ’70 e ’80, ha raccolto materiale discografico relativo ai cori di mondine della provincia di Bologna e di Ravenna e registrazioni di fiabe raccontate da narratori tradizionali. Recentemente ha digitalizzato e catalogato due nuovi fondi importanti: le registrazioni del Gruppo Otto Marzo di Cusercoli (Forlì-Cesena) e le registrazioni di Tullia Magrini in Emilia-Romagna. Il Gruppo Otto Marzo ha messo a disposizione le registrazioni delle interviste che sono servite a Germana Cimatti e Alba Piolanti per realizzare il volume Voci di donne: storia di paese. Cusercoli 1881-2006 (Cesena, Il Ponte Vecchio, 2006). Germana e Alba hanno ricostruito la storia novecentesca di un piccolo paese della Valle del Bidente dal punto di vista delle donne, che si dividevano tra cura della famiglia, agricoltura, piccolo allevamento e il lavoro domiciliare come “coronaie”per la locale fabbrica di corone del rosario della famiglia Beccucci, un’attivitàche le vede protagoniste anche nella lotta per il riconoscimento del lavoro domiciliare.

Con le registrazioni di Tullia Magrini, i documenti sonori del Centro per il dialetto romagnolo acquistano una rilevanza regionale: professoressa di Antropologia musicale dell’Universitàdi Bologna prematuramente scomparsa nel 2005, Tullia Magrini conduce ricerche sul canto popolare e sul ballo negli anni ’70 e nei primi anni ’80. A lei si devono, tra l’altro, inedite registrazioni del Concerto Tazioli di Barigazzo (Modena) e una serie di ricerche sul maggio drammatico nell’appennino modenese e reggiano nate in seno al Laboratorio di musica popolare istituito da Roberto Leydi all’interno dell’IBC, a partire dalle quali ha elaborato le riflessioni sulla voce cantata nel volume Il maggio drammatico: una tradizione di teatro in musica (Bologna, Analisi, 1992). Con l’archivio di Tullia Magrini inoltre si completa il corpus di registrazioni sul campo che ha dato origine al disco Albatros dedicato alla Romagna (VPA 8467, 1980) e che ha consentito alla Magrini di scrivere, insieme a Giuseppe Bellosi, l’importante saggio sul canto lirico e satirico in Romagna, Vi do la buonasera (Bologna, Clueb, 1982), fondato su registrazioni sul campo rimaste finora in gran parte inedite.

 

 

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