Rivista "IBC" XXVI, 2018, 2
musei e beni culturali / progetti e realizzazioni, restauri
Il fascino discreto dell’empiria, così potrebbe cominciare la riflessione retrospettiva su un intervento di riallestimento di fondata ricognizione scientifica e partecipata metodologia operativa. Il Mar-Museo d’Arte della città di Ravenna ha salutato l’uscita dall’inverno italiano della cultura rispondendo alla call per i Piani Museali 2016 – L.R. 18/2000 con un progetto di riallestimento della Sala Guidarello.
Il rapporto fra Regione e territorio si fissa nel D.P.R. 3/1972 che definisce il trasferimento alle Regioni in materia di musei, biblioteche e archivi di enti locali, e si sostanzia, in Emilia-Romagna, nel 1974, con la nascita dell’IBC, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna. Questo rapporto, decisivo e ininterrotto per il territorio, ha subìto una battuta d’arresto solo nel 2012, quando le politiche del rigore sulla spesa pubblica hanno messo in pausa quell’azione sussidiaria che sostanzia la possibilità stessa di sopravvivenza del patrimonio culturale. Per quanto il richiamo al quadro congiunturale possa apparire pleonastico, non si comprenderà mai abbastanza il senso di un’azione se non si dettagliano anche le condizioni impervie di contesto, a partire da quelle nelle quali opera il museo civico in una stagione di trasformazione. Ecco allora che lo scarto tra l’impossibile e il possibile sta esattamente in questo movimento: ci sei? ci sono! Quando la funzione sussidiaria della Regione incontra la disponibilità del museo, l’idea si carica di potenza e, da potente, diventa possibile.
È di questa potenza che parla il progetto di riallestimento della Sala Guidarello, un progetto parziale se si adotta la prospettiva complessiva delle collezioni permanenti, eppure altrimenti impossibile. L’ampiezza della visione riflette a sua volta l’ampiezza della proposta formalizzata dalla Regione nella articolazione di tre bandi su ambiti distinti ma integrati – allestimenti, restauro, valorizzazione –, nonché nel trasferimento della stazione appaltante, dall’Istituto al museo, con l’introduzione di una novità che aumenta la dignità della funzione sussidiaria della Regione aumentando quella del museo al quale, per la prima volta, viene riconosciuta autonomia operativa.
Il Mar ha avviato un progetto di revisione degli allestimenti con l’obiettivo di partire da un nucleo – individuato in Sala Guidarello – per mettere a registro un percorso intellegibile delle collezioni nel loro insieme in un’ottica di lungo periodo. L’elezione del progetto a contributo definisce anche l’ampiezza della concertazione che si articola su diversi tavoli istituzionali, coinvolgendo per IBC, i referenti dei bandi, Marta Cuoghi Costantini agli allestimenti e Antonella Salvi ai restauri; per il Comune di Ravenna, l’Area Infrastrutture civili e il museo; per la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini, l’alta sorveglianza nelle competenze su beni architettonici e su opere d’arte.
L’intervento di riordino chiama in causa aspetti che possono essere mutuati tanto dalla catalogazione quanto dalla traduzione. Alla prima va riconosciuta quell’attitudine metodologica propria della strutturazione dei dati che riposa sull’azione dell’“ordinare”, così mirabilmente sviluppata da Umberto Eco nella Vertigine della lista e che aggiunge ai dati conoscitivi quello spazio interstiziale tra un lemma e l’altro, tra un’opera e l’altra, tra una stanza e l’altra, abitato dai silenzi della storia. Alla seconda va riconosciuta la funzione demiurgica della connessione nel luogo disabitato del disconnesso.
Metabolizzare le novità scientifiche, verificare la tenuta di un ordinamento, operare un trasferimento narrativo da un concept a un altro, modellare lo spazio cambiando sorgente luminosa, avviare la revisione conservativa secondo una prospettiva d’insieme pur nella attenta valutazione del fabbisogno della singola opera, significa tradurre la teoria in prassi con il viatico di quell’ intelligenza sensibile che tiene insieme la conoscenza scientifica con l’occhio, l’esperienza tattile con il corpo dell’opera, l’apparato simbolico con l’oggettualità della materia, i valori immateriali con quelli materiali; quell’intelligenza sensibile, insomma, capace di dare corpo all’idea trasformandola in progetto attraverso il metodo; quell’intelligenza sensibile che la scuola di Bologna, sul magistero di Ezio Raimondi e di Andrea Emiliani, ha eletto a episteme, fondamento epistemologico del mestiere.
E allora, perché cominciare proprio da uno spazio ad alta intensità simbolica? Partire dalla Sala Guidarello per riordinare la collezione antica poteva godere almeno di due condizioni favorevoli: anzitutto la possibilità di ricondurre a compartimenti il nucleo di opere e dello spazio; quindi il lungo lavoro di studio e ricerca confluito nei quattro numeri della collana “Pagina del Mar”. Il primo aspetto permetteva di lavorare su una lista di opere confermate, pur con avvertite sottrazioni, senza chiamare in causa spostamenti che avrebbero esteso ad altri ambienti il setting operativo. Il secondo permetteva di poter contare su un terreno ampiamente dissodato dal contributo di tanti specialisti.
Il senso civico della raccolta si puntualizza in questa unità che più di ogni altra rappresenta l’arca del patrimonio, poiché in essa converge la summa del prestigio culturale espresso dalla città in un secolo turbolento come il Cinquecento, all’alba della stagione moderna. Intorno a Guidarello, il cavaliere imperiale che catalizza l’orgoglio civico della patria locale, si articola infatti la civiltà figurativa che a Ravenna batte il tempo del Rinascimento con il moltiplicarsi delle botteghe di pittori come Nicolò Rondinelli, Baldassarre Carrari, Francesco Zaganelli e Luca Longhi. Il progetto di riordino ha inteso porre in valore il dialogo tra l’ambiente, che metabolizza elementi originali con anastilosi e rifunzionalizzazioni, e Guidarello, infisso nel pavimento a memoria dell’inalienabilità – e dell’inamovibilità, materiale e immateriale – del monumento sul quale è incardinato il patrimonio. Lungo il nastro delle pareti si svolge la civiltà figurativa ravennate di inizio Cinquecento ricca dapprima di umori lagunari, e poi emiliani, infine umbro-toscani, in linea con il progressivo spostarsi dell’asse di influenza, da Venezia a Roma, che riposiziona la città nel quadrante della storia.
A Ravenna ordinare significa poi ripercorrere il sentiero che fu dei patriarchi del patrimonio, a partire da Ignazio Sarti (1829 e 1844), fondatore a Ravenna dell’Accademia di Belle Arti, e poi Corrado Ricci (1895), grand commis del sistema di tutela, e, nel secondo dopoguerra, con Cesare Gnudi e Leone Pancaldi (1972). Significa inscrivere la propria azione nella genealogia museografica guadagnando, passo dopo passo, il pensiero, il metodo, il progetto. A quasi cinquant’anni dall’ultimo allestimento, questo intervento è l’esito di un percorso che attinge alla profondità storico-museografica con l’ambizione di cabrare la funzione parlante dell’opera per via minimalista.
Ordinare significa, infine, prendere in mano lo stato conservativo delle opere, attuare un piano di protezione e conservazione che preveda lo studio della movimentazione e delle tecnologie più avanzate, l’analisi diagnostica preventiva, la messa a punto di un piano articolato, attento al fabbisogno di scala, dagli interventi di revisione ai programmi di restauro necessari a una adeguata presentazione al pubblico. Alle cure del laboratorio del restauro di Ravenna, l’intervento sulle superfici lapidee con l’allestimento di Guidarello e la colonna lombardesca dell’antico monastero di Porto, alle cure di Michele Pagani per Etra di Lugo, Adele Pompili di Bologna, Sandro Salemme di Imola, i complessi interventi di restauro di dipinti su tavola con le problematiche di opere compromesse in antico nello stato conservativo. Grazie alla sapienza fabrile di alcuni tra i più qualificati opifici della regione le opere rivivono, nella qualità dei valori materici così come nell’interpretazione, di nuova luce per antiche letture. E nuovi sguardi.
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