Rivista "IBC" XXVI, 2018, 2

musei e beni culturali / mostre e rassegne

La trasversalità degli studi archeologici tra Seicento e primo Novecento in una città che dialogava con l’Europa.
Eminenti bolognesi… E non solo

Valeria Cicala
[IBC]

Quando la competenza e la creatività si coniugano i risultati non possono che essere eccellenti. È il caso della mostra recentemente inaugurata (il 9 marzo 2018) al Museo Civico archeologico di Bologna ubicato nel quattrocentesco Palazzo Galvani. Nel momento in cui le importanti collezioni della prestigiosa istituzione cittadina non possono essere visitate, salvo quella egizia, perché sono in corso lavori per il rifacimento e consolidamento di un’ampia porzione del manto di copertura dell'edificio che rendono indispensabile la chiusura del suo primo piano fino a primavera 2019, si è pensato bene di offrire al pubblico uno spaccato di storia della cultura archeologica cresciuta in questa città mettendo ben in evidenza le relazioni con il resto della penisola e con il contesto europeo tra il sedicesimo secolo e la metà del Novecento.

Tra il 1522, anno di nascita di Ulisse Aldrovandi , uno dei massimi rappresentanti del collezionismo di indirizzo naturalistico enciclopedico , e il 1944, anno di morte di Pericle Ducati, direttore del Museo archeologico, si apre e si chiudeil percorso di Ritratti di famiglia. Personaggi, oggetti, storie del Museo Civico fra Bologna, l’Italia e l’Europa. Due date diversamente significative entro le quali raccontare, nei suoi differenti e affascinanti risvolti, la cultura umanistica e scientifica di una città e dei personaggi che tra Studio, Accademie, Curia e passioni private fu destinata a un ruolo di primo piano nelle vicende culturali dell’Italia.

La mostra rimarrà aperta fino al 19 agosto e, per rendere ancora più perspicuo il percorso e le sue valenze, le curatrici, Paola Giovetti e Anna Dore, hanno anche ideato una serie di iniziative volte a valorizzare i diversi momenti storici, il rinnovarsi dei percorsi della ricerca, la formazione delle collezioni, le cesure politiche e la drammaticità di alcuni eventi. Non è banale ricordare che il percorso della mostra si conclude, appunto, in quel 1944 nel quale il direttore del museo Pericle Ducati morì per le conseguenze di un tragico agguato.

La mostra, dunque, sottolinea l’importanza di singoli personaggi, come pure di alcune famiglie, che compongono la vitalità intellettuale e la creazione dell’immagine di Bologna, luogo privilegiato della ricerca, della conoscenza, della creatività artistica e scientifica. Proiettata ben oltre l’Italia, verso il Danubio e la corte di Vienna, ma anche verso “la via della seta”, o verso la Francia, prima quella dei Capetingi e poi quella napoleonica. Fino a travalicare qualsiasi distanza grazie alle onde di Guglielmo Marconi!

Una mappa, una rete di istituzioni culturali, di relazioni forti emergono e si compongono in un percorso agile. E prende forma una narrazione sui personaggi, diciotto, e attraverso gli oggetti, oltre trecento, che permette di comprendere la trasformazione della città. Lo sguardo del visitatore incontrerà la sua evoluzione e la ricchezza degli eventi che qui si sono realizzati senza soluzione di continuità da quando era Felsina e poi Bononia per poi proporsi quale comunità sensibile e capace di avvertire e interpretare le migliori istanze di rinnovamento che hanno caratterizzato la storia culturale del Paese.

In un gioco grafico che rende piacevole leggere l’intreccio tra la storia dei personaggi e le situazioni storiche in cui sono immersi. Oggetti e documenti sottolineano le relazioni tra questi e la formazione delle collezioni. Si snocciolano il susseguirsi delle ricerche archeologiche, come pure la nascita e l’organizzazione di quelle naturalistiche o paleontologiche. Si racconta il passaggio dalla wunderkammer al museo, o la nascita delle accademie. Spesso in quei secoli i ruoli si intrecciano: Luigi Ferdinando Marsili, alto ufficiale dell’impero asburgico è anche uno studioso, un collezionista e sarà il fondatore dell’Accademia delle Scienze in quel momento particolarmente felice per la storia della città che vide sul soglio pontificio il cardinale Prospero Lambertini, Benedetto XIV. Attraverso una coralità di voci ed episodi, la mostra ha la capacità di suggerire al visitatore l'evoluzione del modo di guardare all’antico.

Il museo propone anche una piacevole serie di dialoghi intitolati Ritratti di famiglia allargata. Si tratta di un programma di 16 in­contri iniziati l’11 aprile e che termineranno il primo agosto, tutti i mercoledì non festivi, alle ore 18. Sono conversazioni che non superano i quarantacinque minuti e che realizzano un approccio sfaccettato, non univoco nei confronti dell’archeologia. Un’archeologa del museo si confronterà, di volta in volta, con esperti di paleontologia, archeologia, ar­chitettura, storia dell’arte, scienze giuridiche e di tante altre discipline. Così che gli oggetti esposti siano guardati e raccontati in base alle loro eterogenee esperienze e competenze e dunque ricollocati e contestualizzati in modo più articolato con risvolti anche inediti.

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