Rivista "IBC" XXVI, 2018, 1

Dossier: Le parole del restauro. La conservazione del patrimonio culturale in Emilia-Romagna

biblioteche e archivi, dossier / restauri

Salvare le carte

Valeria Buscaroli
[Già funzionaria IBC, servizio Beni librari e documentari]
Silvia Ferrari
[IBC]

Le attività del settore biblioteche e archivi dell’Istituto per i beni culturali (fino al 2015 Soprintendenza per i beni librari e documentari) negli anni si sono sviluppate lungo due linee d’azione sempre interdipendenti tra loro, dettate l’una dalla competenza in materia di tutela dei beni librari e l’altra dalla funzione di sviluppo e sostegno del sistema bibliotecario e archivistico regionale.

Tra queste, il restauro ricopre una parte consistente se si considerano tutti gli aspetti che compongono il quadro complesso della materia e soprattutto le modalità con cui l’Istituto ne ha assunto l’impegno. Come si legge nella Carta della conservazione dei beni culturali, “la Regione Emilia-Romagna tende a ritenere eccezionale l’attività di restauro e considera piuttosto proprio compito quello di pervenire a un’opera di quotidiana manutenzione del patrimonio culturale, istituendo una rete di periodici controlli e di solleciti interventi”.

Già nel 1986, nel volume Scripta volant, dedicato al biodeterioramento dei beni su carta, appaiono chiare le linee d’indirizzo sulla materia, che saranno attuate fino ad oggi. Dalla microfilmatura di documenti (oggi sostituita dalla digitalizzazione), al rilevamento dei valori di umidità e temperatura dei depositi, dal controllo di situazioni di rischio alla valutazione di impianti e arredi. Tutto ciò insieme a interventi di spolveratura, disinfezione e disinfestazione. Tutte le azioni sono state finalizzate alla crescita di una nuova sensibilità e consapevolezza per i temi della conservazione tra gli operatori, gli amministratori e il pubblico stesso delle biblioteche e degli archivi storici.

Anche le pratiche legate ai compiti di tutela (le autorizzazioni ai restauri e agli interventi conservativi) sono sempre state interpretate mai limitandosi all’esame formale del progetto, ma intervenendo per sostenere e consigliare le scelte dei bibliotecari e restauratori in un’ottica di continuo scambio e supporto.

Non a caso nel corso degli anni in biblioteche e archivi si è verificato un maggior numero di progetti caratterizzati da un approccio globale alla conservazione dei fondi. Valga tra i tanti, l’esempio della Biblioteca Malatestiana di Cesena che, dopo le indagini sulla situazione conservativa, gli studi e le campagne di catalogazione e riproduzione, ha avviato dal 2010 (con proprie risorse e ottenendo sponsorizzazioni, anche di singoli cittadini) un progetto pluriennale di manutenzione estesa a tutto il fondo dei manoscritti malatestiani.

L’impegno diretto della consulenza dei tecnici della Soprintendenza è stato centrale nei casi di ampie analisi dello stato di conservazione di interi fondi, come l’esempio delle testate storiche di periodici locali forlivesi appartenenti alla Biblioteca comunale “A. Saffi” di Forlì, fortemente danneggiati dall’uso e da un incendio di diversi anni fa. Citiamo soltanto, infine, il lavoro effettuato in occasione di danni eccezionali, come infiltrazioni d’acqua nei depositi, o veri e propri allagamenti, ma ancora di più nelle fasi immediatamente successive al sisma del 2012.

Gli interventi di restauro e conservazione finanziati direttamente dall’Istituto (in applicazione della legge regionale 18/2000) non sono la parte preponderante dell’attività nel settore, ma sono assai significativi per il valore dei beni e la particolarità della progettazione.

Nel 2007 ad esempio sono stati recuperati 24 fogli manoscritti di codici medievali, reimpiegati in legature di epoca successiva, e poi nuovamente staccati, provenienti dall’Archivio storico comunale di Bazzano. L’intervento ben documenta il fenomeno del riutilizzo delle pergamene per la confezione di registri e quaderni, sempre più studiato e foriero di scoperte importanti .Un altro aspetto di grande interesse è quello della sperimentazione sui materiali da impiegare nel restauro. Un volume del 1514, De secundo bello Punico, diSilio Italico, del Seminario di Bedonia, presentava una coperta in pelle di difficile identificazione, assai lacunosa e consumata: ci si è quindi concentrati nella ricerca del materiale con cui effettuare il risarcimento, per una resa sia funzionale che “estetica”, con la scelta di montare la pelle con “lato carne” all’esterno.

In altre situazioni la progettazione degli interventi ha tenuto conto di aspetti di contesto ambientale. La Biblioteca Classense di Ravenna tra il 2012 e il 2013 ha avviato una serie di restauri su volumi antichi (cui la Soprintendenza ha contribuito per la copertura di alcuni lotti); le scelte progettuali hanno tenuto necessariamente in considerazione anche l’aspetto monumentale e la funzione museale del luogo di conservazione, l’Aula Magna.

Una modalità di lavoro interessante è quella dell’individuazione di interventi particolarmente significativi dal punto di vista tecnico o della qualità del bene culturale, per i quali si è costruito un rapporto di collaborazione con l’Istituto centrale per la patologia del libro (poi ICRCPAL, Istituto centrale per il restauro e la conservazione del materiale archivistico e librario). Questo ha permesso di affrontare approfondite analisi scientifiche, raccogliere documentazione ampia e tecnicamente avanzata, condurre riflessioni e discussioni metodologiche analitiche e stimolanti.

Citiamo fra gli altri il caso dell’importante manoscritto “Vitali 26”, della Biblioteca comunale Passerini Landi di Piacenza. L’intervento ha portato al restauro dei 35 fogli manoscritti contenenti parti del Decamerone di Boccaccio (non autografi, ma vicinissimi all’autore), anticamente incollati fra loro per costituire il cartone della legatura di un incunabolo.

Ultimo in termini di tempo è il caso dei due manoscritti miniati di produzione armena del XIV e XV secolo della Biblioteca dei Cappuccini di Bologna. Consegnati, nel periodo del genocidio armeno, ad un convento Cappuccino di Trebisonda affinché fossero protetti, vennero poi portati in Italia presso l’Ordine, e soltanto recentemente riscoperti per il loro grandissimo valore. Il restauro è stato effettuato presso l’Istituto centrale, con il coinvolgimento di personale e laureande della Scuola di alta formazione, con la co-progettazione della Soprintendenza regionale per i beni librari.

Più che un bilancio, benché parziale, dell’attività sul campo, sembra più utile sottolineare, come osservava Rosaria Campioni nella relazione al Convegno per il 40° dell’IBC, come “la collocazione della Soprintendenza all’interno dell’IBC (dal 1984) ha favorito un approccio meno burocratico: attenzione agli aspetti conoscitivi e di ricerca, approccio interdisciplinare, attenzione alla conservazione e alla formazione professionale”. Insomma, un circolo virtuoso fra ricerca, interventi, tutela e valorizzazione.

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