Rivista "IBC" XXVI, 2018, 1
Dossier: Le parole del restauro. La conservazione del patrimonio culturale in Emilia-Romagna
musei e beni culturali, dossier / restauri
Una visione allargata del concetto di patrimonio culturale ha indirizzato tutto il lavoro dell’IBC, non solo i numerosi progetti di ricerca, i censimenti, le campagne di catalogazione, ma anche la promozione di interventi di conservazione e di restauro focalizzandone l’interesse, al di là dei capolavori, verso materiali da sempre considerati minori, espressione di quell’artigianato artistico, spesso di livello altissimo, che nei secoli ha dato corpo al patrimonio diffuso di cui oggi tanto si parla, tratto peculiare e vera ricchezza del nostro territorio.
Da tali presupposti sono scaturiti approcci metodologi e prassi operative per molti aspetti innovativi, rivolti non più e non solo a singole opere d’arte bensì a contesti complessi come quelli offerti dalle dimore storiche, da materiali tradizionalmente considerati minori o da intere collezioni museali. Fare il punto oggi sul lavoro svolto negli ultimi vent’anni comporta dunque ricomporre un quadro assai articolato con casistiche molteplici e diverse fra loro, tutte accomunate però da una condivisione di impegno con i competenti uffici dello stato e con le tante amministrazioni locali che si sono spese per la conservazione del loro patrimonio e il conseguente arricchimento dell’offerta culturale pubblica sulla spinta delle richieste via via crescenti espresse dalla società civile.
In questo quadro assume valore quasi esemplare il programma di lavori realizzati sul palazzo imolese dei conti Tozzoni, una dimora nobiliare di origini seicentesche, rinnovata in modo significativo nel XVIII secolo con una interessante appendice ottocentesca; acquisita dall’amministrazione comunale nel 1978, completa di tutti gli arredi, delle collezioni d’arte e del ponderoso archivio familiare, è attualmente una casa-museo fra le più importanti della nostra regione. Altri restauri vanno a comporre un quadro d’eccellenza nel nostro territorio come quello che negli ultimi dieci anni ha portato al recupero pressoché completo delle emergenze artistiche di Villa Braghieri a Castel San Giovanni: nata alla fine del Seicento come “casino di campagna” di una famiglia nobile del luogo, poi abitazione borghese, oggi è sede della Biblioteca, dell'Archivio storico, del Museo Etnografico oltre che teatro di importanti manifestazioni e iniziative pubbliche. O ancora il recupero delle antiche decorazioni murali e della galleria di ritratti Campeggi e Malvezzi che scandiscono il percorso di visita del Museo della Rocca di Dozza, o gli interventi sui rari arredi della Rocca Sanvitale di Fontanellato, vere e proprie eccellenze nell’itinerario turistico dei castelli dell’Emilia Romagna.
Affidati ad imprese altamente specializzate nei diversi campi del restauro pittorico e delle decorazioni murarie, nel recupero di ebanisterie e tessuti antichi, tutti i lavori sono stati eseguiti nel totale rispetto di quello che potremmo definire lo “spirito dei luoghi”, un approccio che si è rivelato vincente poiché ha consentito di sviluppare itinerari di visita evocativi e offrire al pubblico odierno la narrazione di mode e stili di vita ma anche di importanti brani di storia locale e familiare.
C’è poi una categoria di manufatti che si colloca a metà fra il mondo dell’artigianato tessile e quello della pittura: mi riferisco agli arazzi, opere fragili e preziose che per molti secoli hanno contribuito a definire lo “status” di palazzi e residenze nobiliari. Dell’ingente patrimonio di “panni istoriati”, nel nostro territorio sono sopravvissute poche testimonianze, che anche per questo oggi rivestono particolare rilevanza richiamando singolari vicende collezioniste e l’attività di alcune fra le maggiori manifatture europee. Il nucleo più consistente è quello conservato presso il Collegio Alberoni di Piacenza composto di ventidue arazzi fra i quali rarità vere e proprie. Svolto con una modalità di “cantiere-scuola”, con la consulenza di un qualificato organo di formazione statale come l’Opificio delle Pietre Dure, il restauro ha comportato la messa a punto di tecniche ad hoc e lo studio di adeguate soluzioni espositive.
Nel panorama dei beni dell’artigianato artistico, un vero e proprio progetto pilota è stato attuato sulla collezione Gandini del Museo Civico d’Arte di Modena, una delle più consistenti e significative a livello nazionale ed europeo, che oggi si presenta come una sorta di enciclopedia della produzione tessile dal Medioevo all’Ottocento. L’impegno economico dell’IBC e degli amministratori locali ha consentito di procedere sui diversi fronti: dallo studio alla catalogazione, dalla conservazione alla promozione. Gli interventi di restauro hanno interessato innanzitutto i materiali, oltre duemila frammenti fra stoffe, pizzi e passamanerie, diversi per forma, dimensioni e tipo di degrado, ma anche le vecchie vetrine ottocentesche in ferro e vetro, e infine il monitoraggio costante dei parametri ambientali della sala espositiva con riferimento a luce, umidità relativa e qualità dell’aria.
Le stesse modalità di intervento sono state riproposte nel recupero e valorizzazione della raccolta tessile del Museo Civico Medievale di Bologna, per realizzare una sezione espositiva permanente. Come pure nel programma di valorizzazione della raccolta di tessuti poveri del Museo della civiltà contadina di San Marino di Bentivoglio che ha portato alla creazione di un deposito attrezzato per contenere i materiali dopo opportuna schedatura e manutenzione, e alla realizzazione di un percorso espositivo permanente rivolto principalmente al numeroso pubblico scolastico.
Per non tradire l’attenzione antropologica che da sempre l’IBC dedica alla cultura materiale ed etnografica si ricordano le azioni conservative sulle raccolte di strumenti di lavoro della civiltà rurale o quelle che hanno riguardato i materiali relativi al “teatro delle figure animate”, burattini, marionette, scenari, accessori di scena, o ancora alle figure devozionali vestite, immagini della Madonna, del Bambino Gesù, manufatti polimaterici, testimonianze di una cultura popolare importante ma ormai lontana dalla contemporaneità.
La realizzazione di concrete attività di manutenzione e di restauro sono sempre un punto di partenza per intraprendere percorsi di studio ed approfondimento. Queste hanno consentito di individuarne con maggiore scientificità le modalità d’attuazione ma anche di promuovere iniziative di divulgazione a vasto raggio: pubblicazioni a stampa, esposizioni, convegni e seminari di studio, una sequenza di azioni per una gestione quanto più possibile partecipata del nostro immenso patrimonio culturale.
Azioni sul documento