Rivista "IBC" XXV, 2017, 4
Il compositore e pittore Constantin Čiurlionis, il musicista austriaco Arnold Schönberg, il poeta e pensatore John Cage, così come l’artista tedesco Richard Wagner e il pittore russo Wassily Kandinsky sono fra le personalità centrali della mostra in corso fino al 18 marzo 2018 a Palazzo Magnani di Reggio Emilia dal titolo significativo Kandinsky → Cage, Musica e Spirituale nell’Arte. Il segno della freccia interposta fra il pittore russo padre dell’astrattismo e il musicista americano che ha abbandonato la strada che vedeva l’Occidente quale centro propulsore della creatività musicale, indica una direzione, un cammino da percorrere.
Tutte le correnti culturali che hanno segnato il secondo millennio hanno portato ad esiti importantissimi sia in campo pittorico sia in quello musicale, con continui riferimenti, connessioni, confronti tra i due ambiti della ricerca artistica.
La mostra di Reggio Emilia abbraccia il periodo che intercorre tra la seconda metà dell’Ottocento e il Novecento.Le opere presenti sono circa 150, fra cui spartiti di Cage, bozzetti di opere wagneriane, i lubok - stampe popolari russe dell’Ottocento - oltre a una cinquantina tra dipinti, acquerelli, grafiche di Kandinsky, e una selezione di opere di Max Klinger, Paul Klee e Oskar Fischinger. C’è anche un’ampia sezione dedicata alla figura di John Cage con la presenza di installazioni e documenti audio e video con le ripresedi un concerto.
In campo musicale, la stagione del Romanticismo si era abbattuta come una tempesta sull’Occidente. Si cominciava ad avvertire una sorta d'inadeguatezza, quasi una saturazione delle forme musicali fin lì adottate ai fini espressivi. Il sistema tonale – quello basato sulla scala di sette note – era ormai in crisi. Si avvertiva la necessità di andare oltre e si percepiva che qualcosa l’avrebbe consentito.
L’avvento della fotografia aveva, invece, messo letteralmente a soqquadro il mondo dell’arte figurativa; la nuova tecnica minacciava la funzione di riproduzione della “realtà naturale”, cosa a cui, sia pure con differenti modalità, l’arte aveva sempre teso fino ad allora. Gli unici criteri fin lì universalmente avvertiti come “naturali”, all’improvviso decaddero. L’artista fu costretto a (o, forse, gli si consentì di) battere nuove strade, esprimersi secondo modalità impensabili, cercare se stesso buttando fuori la propria interiorità.
Fu, forse, inevitabile che l’arte delle immagini e quella dei suoni s’incontrassero per cercare un percorso comune e per poter proseguire il cammino.
Ci furono artisti che arrivarono a impersonare le due parti in questa forma di dramma. Pittori/musicisti come Paul Klee o musicisti/pittori come Schönberg si trovarono dapprima sospesi in una sorta di limbo, in attesa di capire se quella dualità potesse essere mantenuta o se, come in effetti avvenne, avrebbero alla fine consacrato la loro esistenza in una direzione specifica. L’artista lituano Mikalojus Konstantinas Čiurlionis (1875 – 1911) visse forse troppo brevemente per trovare la sua via; si dedicò incessantemente alla musica e alla pittura e ancora oggi la sua figura viene associata ad entrambe le attività creative.
Ma è arduo delimitare i confini temporali entro cui trovare elementi che possono avere esercitato influenze in entrambe le direzioni. Con riferimento a Paul Klee, in uno dei quattro saggi all’interno del catalogo della mostra, Paolo Repetto scrive che “Se l’arte dei suoni, che pur tanto amava, secondo le sue personali riflessioni, in quegli anni stava conoscendo una linea discendente, una decadenza – dopo la perfezione assoluta raggiunta da Bach e Mozart – solo con l’arte delle linee e dei colori il suo spirito avrebbe potuto esprimersi”. Se Klee non riusciva a reperire nella musica contemporanea quell’affinità spirituale che, invece, aveva trovato nei due sommi nomi citati, del tutto inaspettatamente avviene una sorta di premonizione storica proprio nella figura del genio salisburghese. Il fine principale che, a parere di chi scrive, si prefigge la mostra è di dare indicazioni e suggerire accostamenti per traghettare la pittura - prevalentemente astratta - verso la sponda della musica. Per fare ciò, ci si avvale anche di campane sonore che diffondono soffusamente musiche diverse in presenza di quadri specifici. Proprio sostando sotto uno di questi dispositivi, si potranno ascoltare le note iniziali del quartetto per archi in do maggiore K 465, detto Delle dissonanze, in cui Mozart ha formalmente scritto una “serie”, vale a dire una sequenza dei dodici suoni in cui è suddivisibile la scala musicale, anticipando di quasi un secolo e mezzo Schönberg, il padre della dodecafonia.
Sconcertante può apparire, poi, l’accostamento che Peter Vergo fa fra Kandinsky e Rachmaninov di cui si approfondiscono le relazioni in un saggio pubblicato nel catalogo di mostra. All’interno del catalogo, si troveranno a ragion veduta numerose considerazioni su alcuni grandi scrittori, Goethe per primo con la sua teoria dei colori, Tolstoj, Proust, Thomas Mann, a esemplificare come anche la letteratura sia stata coinvolta in quel processo.
Cage è il “fine corsa” cui tende la freccia direzionale del titolo della mostra. Starà al visitatore trovare il modo d’invertire la direzione, se ciò sarà possibile. Il musicista del silenzio, del piano preparato e dell’espressione percussiva, infatti, con quella che si potrebbe definire la classica “rivoluzione copernicana”, ribalta le concezioni estetiche e sociali proprie all’occidente del XX secolo, contrasta implicitamente idee politiche e finalità economiche, si volge al centro filosofico zen, e, in tutto ciò, chi scrive riesce a stento a trovare collegamenti con le figure pur rivoluzionarie di Kandinsky, Klee, Munch. Cage, però, arrivò alla comprensione - da lui definita “tardiva” - che in qualche modo rumori e suoni musicali sono in armonia gli uni con gli altri, forse mettendo in discussione le teorie che aveva propugnato tutta la vita.
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