Rivista "IBC" XXV, 2017, 4
musei e beni culturali / mostre e rassegne
“Questa storia inizia al tempo in cui guardare una fotografia è più affascinante che guardare le cose che essa ci mostra. A metà Ottocento lo ‘specchio che ricorda’ è la novità del secolo, il ‘sole che dipinge’ è magia della tecnologia che mette la natura al proprio servizio”.
Con questa considerazione Michele Smargiassi suggerisce bene lo spirito del tempo che accompagna l’inizio della mostra “Bologna fotografata”, promossa dalla Fondazione Cineteca, quasi 700 scatti che raccontano il volto della città nelle tante trasformazioni che ha visto attraverso tre secoli di storia, dalla fine del XIX secolo fino ai giorni nostri.
Un lungo percorso nella memoria di un luogo e della sua comunità che comincia proprio sullo scorcio del ‘900, negli anni in cui la fascinazione nei confronti del processo della realtà che si fa immagine, si intreccia all’utilizzo consapevole della nuova tecnica quale fonte di documentazione urbana al servizio delle amministrazioni. Un vero e proprio diario tra i secoli mostra una Bologna che faticosamente si affranca dall’assetto medievale e si sforza di affacciarsi alla modernità e si fa testimone dei mutamenti che essa comporta, da quelli drammatici dei periodi bellici a quelli infusi di sfrenato ottimismo della ricostruzione; tutti i passaggi e le figure politiche che si sono avvicendati, ma anche le infinite storie quotidiane di uomini e donne comuni insieme in un grande quadro di “una città che si offre allo sguardo dei fotografi e al piacere di riconoscersi” ed essere riconosciuta.
Il ricco itinerario fotografico, costruito dalla Cineteca, grazie anche ai materiali provenienti da numerosi enti pubblici e privati tra musei, fondazioni, archivi e collezionisti, è allestito in uno spazio che è già di per sé simbolico per la memoria di Bologna: il sottopassaggio pedonale di Piazza Re Enzo. Nato alla fine degli anni Cinquanta, in pieno boom economico, per far fronte alla necessità di convogliare il traffico pedonale e separarlo da quello veicolare (già allora problematico), questo modello architettonico era molto apprezzato dai bolognesi (forse vissuto come un prolungamento dei portici), servito com’era da esercizi commerciali e perfino da un’area riservata all’esposizione dei resti del decumano romano, rinvenuto durante gli scavi del cantiere.
Questo luogo, da poco restituito ai cittadini, si presenta oggi con un allestimento dinamico, con un approccio contemporaneo all’immagine storica che si avvale di proiezioni video, monitor, grandi installazioni immersive (come quella dedicata alla strage del 2 agosto 1980 dove un grande spazio circolare è animato in modo spettacolare da immagini documento di grandi dimensioni che si alternano a ritmo accelerato) in grado di calare lo spettatore anche nella dimensione emotiva. Ciò che emerge è un itinerario che scorre fino all’ultimo scatto su un doppio registro visivo e narrativo: le cinque sezioni in cui si struttura l’esposizione sono infatti introdotte dai testi di Michele Smargiassi e accompagnate dagli “appunti di storia” firmati dal professor Angelo Varni, a sostegno di come la fotografia rappresenti una delle tante fonti cui lo storico ricorre, con tutti i limiti di falsificazione che questa può produrre.
Le trasformazioni urbanistiche, le più evidenti e facili da registrare attraverso l’immagine, raccontano di una città ormai perduta con vecchi palazzi nobiliari che si affacciano sui vicoli medievali, i canali scoperti, le vecchie industrie di segherie e della seta, ma anche del suo nuovo volto con la demolizione della cerchia muraria, le statue celebrative che vengono traslocate di piazza in piazza, gli interni eleganti dei locali e il moderno decoro urbano. Gli anni dal fascismo alla liberazione sono rappresentati dai maggiori cambiamenti nei costumi, segnati sì dai capitoli bui dei raduni e delle distruzioni dei bombardamenti, ma anche dalla volontà di mantenere una quotidianità sempre più attenta allo status sociale, al ritratto “della recita sociale dell’io”: trova spazio anche un fenomeno ormai scomparso, quello degli “scattini”, i fotografi di strada che immortalavano i passanti, poi invitati a presentarsi in studio per acquistare la stampa. Negli anni della rinascita Bologna ritrova se stessa nelle strade, negli esercizi commerciali che nascono, nelle attività di ricostruzione, nella ricerca di un nuovo benessere che parte anche dal cibo con le fabbriche di insaccati e latticini, con le figure dei sindaci vicini al popolo. Sempre più verso i nostri giorni, le immagini si popolano di protagonisti e anche di glorie, nella politica, nello sport, nella musica, nel teatro e nell’arte, immagini che incorniciano l’evento della strage del 1980, cui la fotografia risponde con un grido ancora forte.
La mostra attraverso lo sguardo di molti suoi fotografi (tra i tanti Studio Camera, Enrico Pasquali, Aldo Ferrari, Nino Comaschi, Enrico Scuro) testimonia anche della trasformazione della fotografia stessa dai suoi esordi ai nostri tempi, in un percorso di passaggio dalla dimensione privata, dell’album di famiglia e dell’archivio personale, a quella pubblica delle grandi commissioni delle amministrazioni con l’obiettivo della documentazione urbana; si giunge fino alla forma più attuale del coinvolgimento del pubblico stesso che su invito ha contribuito all’esposizione mandando materiali personali, confluiti poi in una sezione destinata alla composizione del ritratto più aggiornato della città. Un confronto quasi paradossale quello delle antiche immagini seppiate con le annotazioni a inchiostro al margine della carta ingiallita al fianco delle teche che conservano le prime strumentazioni tecniche per produrle, con l’ordinaria quotidianità dei selfie: da un’oggettualità museale ad un’immaterialità iscritta al campo del comportamento sociale dell’ultimo scorcio di tempo.
Due diverse pubblicazioni a cura di Gian Luca Farinelli accompagnano il percorso espositivo, una più “snella” uscita durante i giorni dell’inaugurazione, e una seconda più ampia, uscita a distanza di tempo, con una ricca selezione di immagini e i testi di Michele Smargiassi e Angelo Varni, sempre edita da Cineteca di Bologna.
Dopo tre proroghe del termine, la mostra “Bologna fotografata” si avvia a diventare un progetto espositivo permanente; questo è l’impegno preso congiuntamente dalla Cineteca di Bologna e dall’amministrazione comunale uniti nell’idea di creare "un luogo dedicato alla memoria della città, con un'idea di recupero di un'area che non ha eguali in Europa”, “un esempio di costruzione di una memoria condivisa.
Bologna fotografata. Tre secoli di sguardi
Bologna, Sottopasso di Piazza Re Enzo
9 giugno 2017-2 aprile 2018
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