Rivista "IBC" XXV, 2017, 4
biblioteche e archivi / progetti e realizzazioni
L’acronimo LODLAM – Linked Open Data for Libraries, Archives and Museums – sintetizza una delle più interessanti iniziative nel mondo dei beni culturali digitali degli ultimi dieci anni. Scoprire, analizzare e capire le connessioni tra persone, luoghi, eventi e concetti è essenziale per la ricerca nel campo delle arti, delle digital humanities e dei beni culturali in genere. La tecnologia linked open data consente di rappresentare semanticamente queste connessioni rendendo dati e contenuti culturali accessibili in forme aperte e integrate, superando così le barriere dei cosiddetti “silos di dati”. La possibilità di associare dati provenienti da fonti eterogenee e di ricombinarli in nuove configurazioni apre la strada a forme di esplorazione dei contenuti e a percorsi interpretativi inediti.
Motore propulsivo di LODLAM è una comunità internazionale composta da professionisti dell’informazione, esperti nelle nuove tecnologie, ricercatori ed educatori che continua ad espandersi quasi organicamente in varie aree di interesse, dall’archeologia, alla numismatica fino alle performing arts. Uno degli eventi principali legati a questo movimento è il LODLAM Summit che, a partire dal primo incontro tenutosi a San Francisco nel 2011, ha svolto un ruolo determinante nell’aggregare figure di innovatori digitali provenienti da biblioteche, archivi, musei ed altre istituzioni culturali e nel promuovere scambi di idee ed esperienze. Dopo Montreal nel 2013 e Sydney nel 2015, il summit è approdato nel giugno 2017 in Europa, precisamente a Venezia.
Con un tetto di cento partecipanti, così da facilitare una comunicazione diretta ed incoraggiare collaborazioni trasversali, il summit utilizza la metodologia dell’Open Space Technology (OST). Fuori dalle convenzioni dei tradizionali incontri accademici e professionali, questi eventi non si basano su un programma precostituito, ma sono in gran parte autorganizzati. Le sessioni di lavoro vengono decise collettivamente, all’inizio del summit, in modo da riflettere tempestivamente temi di interesse concreti proposti dai partecipanti . Questo tipo di organizzazione “dal basso” è stata decisiva nel raccogliere una comunità eterogenea e nel farla crescere in parallelo all’evoluzione delle pratiche e delle applicazioni dei linked data nell’ambito dei beni culturali.
Quest’ultima edizione veneziana, ospitata dalla Fondazione Giorgio Cini all’isola di San Giorgio e organizzata da Europeana (Europa), AArnet (Australia), Regesta (Italia) e Pratt Institute (USA) con la collaborazione di un ampio comitato internazionale, ha inteso marcare il passaggio da uno stadio di sperimentazione e di ricerca applicata ad uno più maturo concentrato sulla effettiva produzione e sull’impiego di linked data culturali. Superata la fase pionieristica in cui molti degli sforzi sono stati indirizzati a dimostrare il potenziale e il valore della visione espressa dai linked open data, soprattutto attraverso casi di studio e progetti pilota, l’interesse si è ora rivolto ad aspetti pragmatici e nodi metodologici relativi allo sviluppo e all’applicazione dei linked data in vari contesti culturali.
Per una panoramica sui temi discussi nei due giorni del summit può essere utile consultare le note disponibili online, che, compilate da volontari nel corso delle sessioni, intendono servire da atti da diffondere e condividere e, possibilmente, come documenti di lavoro. Le varie fasi del ciclo di generazione di linked data, dalle pratiche di trasformazione, normalizzazione e allineamento dei dati fino alla loro pubblicazione e condivisione, rimangono tra i temi centrali. Alla Fondazione Cini si è parlato di vocabolari, ontologie e liste di autorità per la rappresentazione semantica della miriade di entità che popolano l’universo dei beni culturali. Uno dei partecipanti più attivi su questo fronte è il Getty Research Institute che dal primo LODLAM summit, come racconta Joan Cobb, responsabile del progetto linked data al Getty, ha ricevuto l’input di trasformare i propri vocabolari controllati, dall’Art & Architecture Thesaurus (AAT) all’Union List of Artist Names (ULAN), in formato linked data. I vocabolari del Getty sono ormai uno strumento imprescindibile nello sviluppo dei dati relativi all’arte e alla cultura con applicazioni sempre più diffuse e spesso creative, confermando uno dei mantra della prima ora che, insieme alla raccomandazione di “smettere di tenere stretti i propri dati”, ci avvertiva che “il migliore uso dei tuoi dati verrà pensato da qualcun altro”.
Almeno tre sessioni sono state dedicate a Wikidata, il knowledge base, progetto della Wikimedia Foundation, che si sta imponendo come una risorsa centrale per gli sviluppatori di linked data. Progetti come quello della National Library of Wales (NLW) che ha immesso in Wikidata – e quindi in formato linked data – le descrizioni di circa 15.000 immagini o come la York University Library che ha arricchito i propri cataloghi seguendo il processo inverso, acquisendo cioè dati da Wikidata, stanno facendo da apripista, incoraggiando non solo un uso istituzionale e diffuso di questa nuova fonte di dati derivati in parte da Wikipedia, ma anche, e soprattutto, immessi da moltissimi volontari.
Molta attenzione è stata dedicata al ruolo degli identificatori, gli Uniform Resource Identifier (URI) da assegnare alle entità persona. Tema di grande interesse, per esempio per le collezioni archivistiche, i cui documenti sono spesso popolati da individui che non sono presenti nelle liste di autorità generali perché oscuri o marginali e che, per essere rappresentati, richiedono la creazione di identificatori ex-novo. La discussione è ruotata attorno alla scelta di criteri e metodi per coniare identificatori che siano affidabili, persistenti e riusabili e al ruolo delle name anthorities locali. La conversazione è continuata con una sessione speciale post-summit per quei delegati coinvolti direttamente nella produzione di linked data da assegnare a persone sia in ambito di progetti archivistico-bibliotecari come Social Networks and Archival Context (SNAC) e Linked Data for Production (LD4P), ma anche come responsabili di nuove risorse e fonti di identificatori quali i vocabolari ORCID e International Standard Name Identifier (ISNI).
Il summit è stato pensato anche come un’occasione per marcare il passaggio di ruolo da comunità di interesse a comunità di pratica in grado di guidare le prossima fase di sviluppo attraverso la definizione di best practicese linee d’azione comuni. Questo evento ha visto non solo una partecipazione diversificata geograficamente, con delegati provenienti da oltre venti paesi, ma ha registrato anche un ricambio, con l’affacciarsi di nuovi partecipanti che hanno posto la questione di come rendere la comunità LODLAM sempre più attiva e coesa anche attraverso occasioni di incontro e scambio regolari e più frequenti. Eventi come il LODLAM Summit mostrano l’importanza e nel contempo l’urgenza di confrontare il lavoro sul campo fin dalle fasi iniziali dello sviluppo di un progetto e di imparare attraverso le lessons learned, gli esperimenti e gli errori.
Uno degli eventi centrali del summit è la LODLAM Technical Challenge, una competizione che premia i migliori progetti basati sulle tecnologie linked open data scelti tra cinque finalisti selezionati tramite voto online e valutazione di esperti. Introdotta nelle ultime tre edizioni, la Technical Challenge offre una istantanea sullo stato dell’arte nell’applicazione di linked data in ambito culturale mediante progetti che, da sperimentali e dimostrativi hanno ora raggiunto un buon livello di maturità sia per disegno che per stadio di implementazione. Coordinata nell’ultima edizione da Valentine Charles di Europeana, la Technical Challenge ha visto il riconoscimento di due progetti europei. Il Grand Prize è stato assegnato al progetto olandese DIVE+: Explorative Search for Digital Humanities che offre un accesso integrato e interattivo a oggetti multimediali provenienti da eterogenee collezioni online consentendo di esplorare relazioni inedite tra entità e oggetti e di costruire nuovi percorsi interpretativi .
L’Open Data Prize è stato assegnato invece al progetto finlandese WarSampoo. Incentrato sulla Seconda Guerra Mondiale, questo progetto ha prodotto estese collezioni di linked data accessibili sia a ricercatori così come al pubblico generico tramite un portale dedicato da cui è possibile scaricare i dataset e riusarli per la creazione di applicazioni e servizi. Un’articolata descrizione dei progetti vincitori e finalisti si può trovare sulla newsletter dell’Europeana Network Association, Letter from the editors, Europeana Pro.
Dovendo pensare a cosa è rimasto ai margini delle conversazioni a Venezia, possiamo riprendere le riflessioni di Robert Warren, un veterano dei LODLAM summit, che ci ricorda quanto siano ancora limitati i metodi e gli strumenti per il consumo delle ormai sterminate masse di linked data e ci rammenta della necessità di abbassare le barriere che ancora si frappongono al raggiungimento di nuove comunità di utenti finali mediante interfacce e servizi che siano intuitivi e user-friendly pur senza appiattire la complessità semantica delle interrogazioni dei dati.
Infine una nota sulla città che ha fatto da cornice a questo evento particolarmente ben riuscito. Venezia e gli splendidi spazi della Fondazione Cini hanno giocato una parte importante nel rendere il summit un’esperienza unica, anche dal punto di vista estetico e sensoriale. Camminando per la città veniva spontaneo pensare alla stessa Venezia come un ecosistema di linked data, metafora forse fin troppo facile, considerando quella complessa rete di ponti che permette di linkare una infinità di isole trasformandole in un unico, integrato sistema di significati, di cultura, di bellezza e di vita.
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