Rivista "IBC" XXV, 2017, 2

Dossier: Piccoli luoghi crescono

territorio e beni architettonici-ambientali, dossier / itinerari

Cosa significa “andar per borghi”

Claudio Bacilieri
[direttore di “Borghi Magazine”, comitato scientifico de “I Borghi più belli d’Italia”]

Cosa cerchiamo, quando giriamo per borghi? Quando camminiamo su un vecchio acciottolato, entriamo in una chiesetta, sostiamo in un’osteria, saliamo al castello mentre il vento scompone le foglie? Possiamo rispondere con John Ruskin: andiamo a vedere ciò che abbiamo sognato o perduto. È stato Leopardi, il poeta del “natio borgo selvaggio”, a collegare in modo fisico la bellezza dei luoghi ai moti dell’animo: una bella giornata di primavera ci rende ebbri di felicità, la campagna ci dona emozioni, il borgo è nostalgia e memoria. Nell’aria – racconta Proust – ci sono profumi, sapori, luci, colori, che evocano momenti che abbiamo vissuto, trasportano ricordi e, con loro, la disperazione del tempo che passa. La bellezza di un paesaggio, di un portico ombroso, di un campo di grano, ci spinge in alto, nella celeste zona di confine tra reale e irreale, e fa da contrappeso all’abisso che vorrebbe inghiottirci.

Andare per borghi, nell’Italia di oggi, è cercare un appiglio, una sicurezza, nel caos. Dentro quelle mura, dietro quelle pietre, c’è come la visualizzazione del tempo: lì ci sono tracce di Etruschi, Galli, Romani, delle signorie cittadine, delle autonomie comunali, degli uomini, delle credenze e delle pratiche delle età trascorse. In un borgo noi percepiamo la continuità, e la vita ci appare naturalmente collegata al ciclo infinito di nascita e morte. Se ci troviamo in un ambiente rinascimentale, cosa ci viene in mente? Un senso nobile e ideale di bellezza, linee fluide; ma anche la carne, il sangue, gli odori, i sensi, sudici cortigiani, sfondi pestilenziali, i morsi della fame tra una cuccagna e un carnevale. Camminare nel passato, nelle piazze dei borghi, davanti a una dimora signorile o sotto lo sguardo da ragazza di una Madonna in una chiesa, significa consegnarsi a un tempo fuori-registro. Da un lato, il senso dell’abbandono, che coincide con la cura di sé: nel borgo si è lenti, circondati da fantasmi (case vuote, collegamenti precari, sempre la stessa gente che passa), concentrati sull’essenziale, lontani dai luoghi di produzione e consumo, più inclini alla riflessione. Dall’altro lato, un mondo veloce dove il tempo sembra via via contrarsi: continuamente presenti a noi stessi e agli altri, grazie alla prossimità digitale di email, tweet e sms, diventiamo – come dice il filosofo Byung-ChulHan – capitalisti di noi stessi, senza tempo da spendere e sperperare, sempre costretti a migliorarci, a fare upgrade.

Ecco dunque che l’ andar per borghi corrisponde a una sorta di filosofia di vita, dove la vita contemplativa cerca un proprio spazio all’interno della vita activa, e dove all’esigenza della prestazione si contrappone la necessità di una pausa, di una vacanza che lasci affiorare e renda feconda, creatrice, la stanchezza accumulata. Rivendicando il diritto alla stanchezza, troviamo il tempo di riattivare la memoria e di prendere le misure all’abito che perennemente costruiamo su noi stessi.

Dei 13 borghi dell’Emilia Romagna classificati nella rete dei Borghi più belli d’Italia, ne scegliamo tre. Il primo è Montefiore Conca (Rimini). “And the castelan of Montefiore wrote down …”. La rocca di Montefiore è citata nei Malatesta Cantos di Ezra Pound, il grande poeta americano affascinato dalla figura di Sigismondo Malatesta. Questa fortezza dalle mura squadrate ha fatto da sfondo a due Madonne con Bambino dipinte dal veneziano Giovanni Bellini intorno al 1480, conservate nei musei di Londra e Kansas City, ed è citata nell’ Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. Già a quei tempi, questo “grattacielo medievale che cerca la luce” – secondo la bella definizione di Ugo Amati – era conosciuto e ammirato come il più potente simbolo del potere malatestiano in tutta la Valconca.

Brisighella (Ravenna) è il secondo borgo per il quale vogliamo spendere due parole. Vi si arriva da Faenza attraverso la vecchia strada per la Toscana, tenendo la riva sinistra del fiume Lamone e superando prati, vigne e frutteti adagiati su morbide colline: una strada che, nel suo piccolo – solo una decina di chilometri – è una delle più belle d’Italia. In lontananza, i primi contrafforti dell’Appennino si lasciano occhieggiare dalle isolate ville signorili che si alternano a gruppi di case, in un paesaggio segnato da una processione di pini centenari che arrivano fino al crinale dei colli. Quando si presenta il colle di Rontana, in uno scenario di quiete che tanto piaceva all’artista locale, Giuseppe Ugonia, siamo già in grado di scorgere i tre colli, o meglio i tre scogli di selenite, su cui si ergono i tre simboli di Brisighella, ovvero la rocca, la torre dell’Orologio e il santuario di Monticino.

Il terzo borgo è Gualtieri (Reggio Emilia). Se ci si capita nei primi due giorni di ottobre, si può cenare a lume di candela in piazza Bentivoglio, una delle piazze più belle d’Italia secondo lo storico dell’arte Cesare Brandi. Sotto il porticato progettato a fine Cinquecento da Giovan Battista Aleotti, tutte le luci vengono spente e a un certo punto, sotto il cielo stellato, come in un quadro di Chagall, due violinisti spuntano dall’alto della torre civica, avvolti nell’oscurità da un fascio di luce. E comincia una serenata a rovescio, dal balcone verso la piazza, con i Violini di Santa Vittoria a suonare una mazurka, recuperata tra le musiche da ballo con cui negli anni trenta l’Orchestra Bagnoli di Santa Vittoria – frazione di Gualtieri – accompagnava le marce dei socialisti e le feste dei braccianti nelle melonaie o sul fiume, tra i pioppi e le rane.

Il mondo deve diventare favola, diceva il poeta romantico Novalis, e questa è l’essenza del romanticismo che borghi come Brisighella, Montefiore e Gualtieri evocano. L’uomo romantico ha la passione dell’assenza, reinterpreta la storia come nostalgia. Si tratta, parafrasando il Macbeth, di rispondere alla domanda: “A che punto è la bellezza”? A che punto è la notte della bellezza, assediata da interessi affaristici e speculativi? Per fare il punto, è nata la rivista «Borghi Magazine», ogni mese in edicola con la sua corona di borghi.

 

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