Rivista "IBC" XXV, 2017, 2

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali / progetti e realizzazioni

È stato inaugurato la scorsa primavera il museo dedicato alla storia degli insediamenti di questo territorio.
Il nuovo Museo Delta Antico di Comacchio. Riflessioni a margine, tra rimpianti e realismo

Stefano Piastra
[professore di Geografia presso l’Alma Mater Studiorum Università di Bologna, Dipartimento di Scienze dell’Educazione]

Alla presenza del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini, il 25 marzo 2017 è stato inaugurato a Comacchio il nuovo Museo Delta Antico, allestito sotto l’egida di numerosi enti e istituzioni tra cui, in primis, la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara.

In un periodo di scarsa progettualità e ancor più scarsi finanziamenti in materia di cultura, la notizia è sicuramente positiva, a maggior ragione per un percorso museale, quale quello ospitato nei locali del settecentesco Ospedale degli Infermi, ubicato in una realtà urbana minore emiliano-romagnola, di alto spessore scientifico, interattivo (e quindi adatto anche alla divulgazione, alla didattica, alle scuole) ed esplicato sempre anche in inglese, in funzione di una piena fruizione da parte di turisti stranieri. In sintesi, non un contenitore “vecchio stampo”, in cui riunire sotto teche polverose il maggior numero possibile di oggetti antichi e in cui studenti e turisti finivano per annoiarsi. Eventuali scelte discutibili o per lo meno non convenzionali, quale il non far seguire una progressione cronologica al discorso espositivo (il piano terra inizia infatti con la sezione romana, mentre al primo piano sono visitabili quelle etrusca e medievale), sono forse state dettate da contingenze legate agli spazi stessi, e risultano comunque rimodulabili.

Non a caso, le lunghe code di visitatori sin fuori l’edificio, formatesi a partire dalle prime settimane dopo l’inaugurazione e trasversali a ogni fascia di età, rimandano a un museo a cui residenti e turisti hanno riconosciuto e riconoscono valore e fruibilità.

Si tratta dell’approdo finale di un progetto culturale partito da lontano, del quale, per valutarne compiutamente gli esiti, è bene ricostruire le tappe, le cui radici più profonde affondano nelle straordinarie scoperte archeologiche che videro protagonisti, tra gli altri, Nereo Alfieri e i suoi collaboratori (l’abitato etrusco di Spina, la necropoli spinetica di valle Pega, S. Maria in Padovetere), avvenute in seguito alle bonifiche meccaniche delle valli del sistema comacchiese nel più ampio quadro della Riforma agraria tra anni Cinquanta e Sessanta. Sulla scia e in funzione di tali rinvenimenti, nei tardi anni Ottanta si elaborò un’organica ipotesi di una nuova realtà museale a Comacchio, che avrebbe dovuto chiamarsi “Museo delle Culture Umane nel Delta del Po”: un programma ambizioso, che vedeva la sinergia di una pluralità di enti e istituti (in questo caso, in prima fila l’Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna e il Comune di Comacchio), sullo sfondo di una congiuntura storica caratterizzata da una maggiore capacità di spesa ed elaborativa da parte degli enti locali (regionali, provinciali, comunali), durante una stagione del mondo universitario (che si poneva come consulente scientifico dell’iniziativa) in cui la pressione della didattica e della burocrazia era meno accentuata rispetto ad oggi, permettendo dunque attività di ricerca in modo continuativo nel tempo, e, da ultimo, negli anni della nascita del Parco regionale del Delta del Po Emilia-Romagna, istituito nel 1988 con la legge regionale n. 27 dopo una lunga battaglia protezionistica da parte del mondo accademico e ambientalista.

Tale progetto permise l’inizio dei lavori stessi di recupero dell’Ospedale degli Infermi comacchiese aperto nel 2017, già allora individuato come contenitore principale museale.

Si inaugurò contemporaneamente un’apposita collana di pubblicazioni IBC, edita a ritmo serrato e intitolata “Per un Museo delle Culture Umane nel Delta del Po in Comacchio. Studi, ricerche, progettualità”, ( 1) tramite la quale divulgare la filosofia e i dettagli del programma, i cui costi totali vennero stimati nel 1988 in oltre 36 miliardi di lire, cifra, inutile sottolinearlo, ingente. ( 2)

L’ipotesi originaria prevedeva un museo diffuso nel territorio, costituito da una sede espositiva centrale “classica”, ospitata nell’Ospedale di Comacchio e in un edificio attiguo di neo-costruzione che si sarebbe dovuto realizzare, ( 3) individuando nell’evoluzione dei rapporti uomo-ambiente nel delta padano emiliano-romagnolo, in una prospettiva storica di lungo periodo (dalla protostoria sino all’età contemporanea), il filo-conduttore del concetto museale, trasversalmente alla geomorfologia, all’archeologia, agli studi storico-geografici, a quelli demo-etno-antropologici. ( 4) Un’intera sezione avrebbe dovuto essere di argomento navale, incentrata sulla notevole scoperta, avvenuta pochi anni prima, della nave di età romana nell’area di valle Ponti, bonificata durante il periodo fascista. ( 5) A sua volta, tale sede avrebbe dovuto rappresentare la “porta d’accesso” per un percorso sul terreno tra i quadri ambientali circostanti, costellati di ulteriori punti museali tematici diffusi, da alcuni “casoni” posti nelle valli scampate ai drenaggi,( 6) all’idrovora Marozzo (Lagosanto), destinata ad illustrare lo sviluppo e gli aspetti tecnologici delle bonifiche. ( 7)

In una moderna ottica di economia della cultura, era stato commissionato anche un apposito studio di sostenibilità e attrattività turistica, al fine di valutare l’impatto dell’iniziativa sull’economia del sistema locale: il rapporto, proiettando sul lungo periodo in modo forse un po’ troppo ingenuo la crescita economica italiana degli anni Ottanta finanziata dal debito pubblico, stimò una redditività di oltre il 10% dell’intero investimento, avallandolo quindi anche in relazione al suo rapporto costi-benefici. ( 8)

A quanto appena esposto si riallaccia il “rimpianto” citato nel titolo di questo contributo: dal confronto tra il Museo Delta Antico inaugurato nel 2017 con il Museo delle Culture Umane nel Delta del Po, suo “progenitore”, ipotizzato negli anni Ottanta e mai poi completato, emerge un netto ridimensionamento del tema uomo-ambiente così come concepito nell’alveo della lezione di Lucio Gambi (di fatto, analizzato in una sola sala ai nostri giorni), a favore, sostanzialmente, di un museo archeologico del territorio, del resto esplicitato nella nuova denominazione della struttura museale. Manca cioè del tutto una trattazione del passato prossimo del delta padano emiliano-romagnolo, dall’età moderna all’età contemporanea, in primis l’epopea delle bonifiche otto-novecentesche che, da un lato, hanno permesso le scoperte archeologiche alla base del museo stesso e, dall’altro, hanno creato il paesaggio artificialmente asciutto in gran parte oggi visibile, decretando la fine definitiva di quella natura anfibia del Comacchiese che tanto aveva condizionato il popolamento antico. ( 9)In aggiunta a ciò, appare indebolito il nesso con le altre realtà museali o escursionistiche nel frattempo realizzate, focalizzate sul passato recente o sul presente delle valli, dalla Manifattura dei Marinati, alle escursioni guidate in motonave in partenza da Stazione Foce, all’idrovora Marozzo, riconvertita a Ecomuseo, in questo modo giustapposte, invece che interconnesse da un discorso diacronico comune.

Si tratta, nell’ottica di un geografo come chi scrive, di un impoverimento del progetto culturale del nuovo museo, oggi focalizzato sì su reperti di valore assoluto, ma rispetto ai quali l’evoluzione ambientale rimane sullo sfondo. Soprattutto, l’impostazione museale odierna, archeologica e sganciata dalle vicende recenti dell’area, perde i suoi legami rispetto al territorio nella sua configurazione attuale: come comprendere ad esempio, senza pannelli dedicati alle bonifiche, che la nave romana comunemente definita “di valle Ponti” proviene in realtà dall’ex valle Ponti, drenata oltre ottant’anni fa?

Detto questo, è però forse meglio vedere, nonostante tutto, il bicchiere mezzo pieno (il “realismo” del titolo): il progetto, ambizioso ma per certi versi gigantistico, degli anni Ottanta era ormai da tempo bloccato, nel contesto economico-politico degli ultimi decenni fatto di crisi, tagli o soppressione degli enti locali, contrazione e nuova articolazione dell’Università, delle Soprintendenze così come delle aree protette regionali, queste ultime recentemente oggetto di una discussa legge regionale di riorganizzazione (legge regionale n. 24 del 23 dicembre 2011). ( 10)

In tale quadro, seppure ridimensionato rispetto alla profondità interdisciplinare e diacronica del Museo delle Culture Umane nel Delta del Po, il neo-inaugurato Museo Delta Antico costituisce forse il miglior museo allestibile in questi anni e con i finanziamenti attuali: esso ha permesso di aprire un edificio sotto-utilizzato da molto tempo come l’Ospedale degli Infermi di Comacchio; ha restituito, alla comunità locale come ai turisti, reperti sino a ieri conservati in sedi lontane dal delta, oppure presso magazzini o strutture mai o raramente aperte al pubblico; ultimo, ma non da meno, contribuirà comunque a promuovere una maggiore attenzione e sensibilizzazione per la massima area umida italiana, World Heritage e Riserva della Biosfera UNESCO, un territorio unico in ambito nazionale nonostante le pesanti alterazioni recenti.

 

1 Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna, Comune di Comacchio, Culture Umane nel Delta del Po. Progetto per un museo a Comacchio, Bologna, Nuova Alfa Editoriale, 1988; Id., Un museo a Comacchio. Studi di Autori vari e progetto, Bologna, Nuova Alfa Editoriale, 1989; G.F. Bonaveri, Piccolo vocabolario di Comacchio, a cura di F. Strocchi, Bologna, Nuova Alfa Editoriale, 1990; F. Cecchini (a cura di), Sorella anguilla. Pesca e manifattura nelle valli di Comacchio, Bologna, Nuova Alfa Editoriale, 1990 (II ed.: Argelato, Minerva, 2004); L. Paliotto (a cura di), Aspetti di vita sociale nella diocesi di Comacchio nei secoli XVII e XVIII. Visite pastorali, sinodi diocesani, relationes ad limina, Bologna, Nuova Alfa Editoriale, 1993; Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna, Comune di Comacchio, Comacchio nelle antiche carte, I-II, Bologna, Nuova Alfa Editoriale, 1995.

2 Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna, Comune di Comacchio, Culture Umane nel Delta del Po, cit., p. 20.

3 Ibid., pp. 25-28.

4 G. Gherpelli, G. Susini, Le linee culturali del museo, in Un museo a Comacchio, cit., pp. 247-249.

5 F. Berti (a cura di), Fortuna maris. La nave romana di Comacchio, Bologna, Nuova Alfa Editoriale, 1990.

6 Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna, Comune di Comacchio, Culture Umane nel Delta del Po, cit., pp. 40-44.

7 Ibid., pp. 45-49.

8 P.A. Valentino, Analisi dell’economicità del progetto per il museo, in Un museo a Comacchio, cit., p. 242.

9 Rimando alla mia sintesi in S. Piastra, Riforma agraria e bonifica nel delta padano emiliano-romagnolo. Appunti per una rilettura, in Istituto Alcide Cervi, Riforma fondiaria e paesaggio, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2012, pp. 155-168, e al mio recente documentario Dall’acqua ai campi, dai campi al silenzio. Le traiettorie della Riforma agraria nel delta padano emiliano-romagnolo (2016), visibile all’URL https://www.youtube.com/watch?v=Zb0rRv4tAKM.

10 S. Piastra, Le “larghe” e il paesaggio della bonifica nel Delta padano emiliano-romagnolo: valori storico-culturali e temi gestionali a cinquant’anni di distanza dalla Storia del paesaggio agrario italiano di Emilio Sereni, in G. Bonini, C. Visentin (a cura di), Paesaggi in trasformazione. Teorie e pratiche della ricerca a cinquant’anni dalla Storia del paesaggio agrario italiano di Emilio Sereni, Bologna, Compositori, 2014, p. 169.

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