Rivista "IBC" XXV, 2017, 1
Dossier: Il Catalogo forma ed essenza del patrimonio
musei e beni culturali, dossier /
Tra il 2013 e il 2014 sono state catalogate 498 opere appartenenti alle collezioni delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara, nell’ambito della campagna promossa dall’Istituto per i beni artistici culturali e naturali per sviluppare il Catalogo regionale dei beni culturali. Il progetto ha rappresentato una preziosa opportunità per i nostri musei a diversi livelli. La possibilità di estendere l’accessibilità del patrimonio museale è apparsa infatti particolarmente significativa nel momento in cui, a seguito del terremoto del 2012, le collezioni erano state disallestite dalla loro sede, Palazzo Massari, in attesa del completamento del restauro architettonico-museografico. Già dall’indomani del terremoto, la volontà di restituire le raccolte, anche solo parzialmente, alla fruizione del pubblico aveva trovato un segno tangibile nelle esposizioni temporanee allestite a Palazzo dei Diamanti e poi a Palazzo Pitti e a Palazzo Bardini a Firenze, grazie alla collaborazione con la Soprintendenza per il Patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il Polo museale di Firenze. Alle esposizioni si era accompagnata la pubblicazione sul sito del museo di un primo nucleo di schede di opere tratte dal catalogo della mostra. Parallelamente, la prospettiva del futuro riallestimento delle collezioni a Palazzo Massari aveva innescato una riflessione sulle finalità e sull’ordinamento delle Gallerie e intensificato le ricerche sui fondi, configurando un vero e proprio cantiere di studi sul museo. La possibilità di far convergere e arricchire questi contenuti, sulla base degli standard catalografici ICCD, nell’ambito di una piattaforma informativa condivisa a livello regionale, ha dato corpo alla proposta di collaborazione avanzata dall’Istituto per i beni artistici culturali e naturali.
Ampliando il raggio delle indagini avviate con la mostra ferrarese-fiorentina, la selezione delle opere è stata indirizzata, soprattutto, a ricostruire un nucleo museologico che idealmente potesse raccontare la storia e il significato del museo, nelle sue connessioni con il contesto di appartenenza, mettendo in risalto la rilevanza storico-artistica dei suoi episodi di punta. Ne sono testimonianza, innanzitutto, i due principali nuclei collezionistici, il Museo Giovanni Boldini e la raccolta di opere di Filippo de Pisis del Museo d’Arte Moderna e Contemporanea a lui intitolato, che sono stati oggetto di un’ampia campagna di catalogazione. La schedatura dei fondi boldiniani, estesa a 97 opere, ha riguardato non solo lo straordinario nucleo di dipinti del museo, che copre tutto l’arco della carriera del celebre ritrattista, ma anche un cospicuo corpus di opere su carta - pastelli, acquerelli, disegni, incisioni- in cui si esprime il formidabile talento dell’artista nel condensare in pochi segni il carattere di un modello femminile o di qualsiasi altro soggetto su cui si sofferma la sua attenzione. Il lavoro di selezione e di catalogazione si è potuto avvalere degli studi sulle collezioni condotti in preparazione delle esposizioni dedicate lo scorso anno all’artista, al China World Art Museum di Pechino e al Museo statale dell’Ermitage, oltre che dell’allestimento presso il Castello Estense, nel 2015-16, di una scelta di opere di Boldini e de Pisis. Lo stesso vale per il nucleo depisisiano, che è stato in gran parte catalogato. Le 166 schede realizzate permettono di ripercorrere la parabola di De Pisis nella sua interezza: dalle opere frutto del contatto con la pittura metafisica, alla scrittura immediata e quasi gestuale della maturità, fino alle ultime creazioni rivelatrici di una poesia essenziale. Emerge inoltre il ruolo del disegno nel processo creativo del pittore così come la qualità lirica della produzione litografica.
Altrettanto importanti appaiono gli affondi su figure di primo piano dell’Otto e del Novecento italiano, quali Gaetano Previati, Giuseppe Mentessi o Roberto Melli, dei quali le collezioni ferraresi conservano ampi nuclei. La schedatura ha riguardato anche le opere su carta di cui ha messo in evidenza peculiarità e qualità. Un esempio per tutti è lo studio a carboncino sul tema della morte di Cleopatra: il foglio non ha nulla da invidiare agli esiti delle opere pittoriche ispirate allo stesso soggetto (1888 e c.1903) nella capacità di evocare, con la sensibilità del chiaroscuro, lo stato d’animo del soggetto. Parallelamente, la mappatura ha perseguito un criterio diacronico in grado di dare testimonianza alle stagioni che, attraverso due secoli, hanno determinato la configurazione delle collezioni. La selezione del Museo dell’Ottocento prende avvio nel clima culturale e artistico nel quale è sorta la Pinacoteca municipale, e si sviluppa tra le temperie puriste, romantiche e risorgimentali che ebbero come protagonisti ferraresi Gaetano Turchi, Giovanni Pagliarini, Massimiliano Lodi e Angelo Conti; il punto d’arrivo, negli ultimi decenni del secolo, è rappresentato dalla stagione delle battaglie per il rinnovamento artistico, in nome della natura o dell’idea, parole d’ordine in cui si riconoscono, da un lato, il giovane Boldini e Alberto Pisa, dall’altro, Gaetano Previati, Giuseppe Mentessi, Giuseppe Fei o Arrigo Minerbi. Ad aprire la parabola del Museo d’Arte Moderna e Contemporanea sono poi i fermenti d’avanguardia interpretati dalle opere di Aroldo Bonzagni, Annibale Zucchini e Roberto Melli. Questi, nel periodo tra le due guerre, è una figura di rilievo nell’ambiente romano, tra Valori plastici e Scuola romana, mentre Achille Funi incarna il polo novecentista milanese vicino a Sironi. Le attività di ricognizione sulle collezioni di primo e secondo Novecento e l’accurato studio in sede di catalogazione hanno arricchito questo mosaico di preziosi tasselli –come il disegno di Umberto Boccioni donato da Orfeo Tamburi assieme a un ampio nucleo di disegni e incisioni di artisti europei– e sono state poste le premesse per evocare quel clima di sperimentazione e aggiornamento internazionale che connota la programmazione espositiva e la produzione video-performativa degli anni Sessanta-Settanta. Basta citare i dipinti di André Masson e Renato Guttuso e delle litografie di Emilio Vedova entrati nelle collezioni civiche in occasione delle monografiche allestite a Palazzo dei Diamanti nel 1968 - 69, o i bronzi di Man Ray e di Mirko Basaldella - già oggetto di uno studio in collaborazione con il Garden Club. Un filo rosso collega poi le ricerche di uno dei padri dell’astrattismo italiano, chiamato a Ferrara, Luigi Veronesi, che dalla fine degli anni Trenta sperimenta il cinema d’artista, e il lavoro di artisti che, negli anni Settanta, hanno gravitato attorno al Centro video arte di Ferrara e ad altri pionieristici centri italiani di produzione video quali la Galleria del Cavallino - ad esempio Guido Sartorelli. La messa in valore dell’importante fondo ferrarese di opere video e della relativa documentazione sarà possibile soprattutto a completamento del progetto di video-preservazione e mappatura realizzato in collaborazione con l’Università di Udine. Nel frattempo, dopo l’esito molto positivo della prima campagna di catalogazione, l’attività è ripresa lo scorso anno con la schedatura della raccolta di opere pittoriche di Antonioni. L’intervento rientra nell’ambito di un progetto di riordinamento, inventariazione archivistica e catalogazione del Fondo Michelangelo Antonioni avviato dalle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea in collaborazione con l’IBC e finalizzato alla valorizzazione del patrimonio di documenti e oggetti personali testimoni della vita e dell’opera del grande cineasta ferrarese.
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