Rivista "IBC" XXIV, 2016, 2
Dossier: Archaeology & ME
musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, dossier /
Nel dicembre 2015 il Museo di Arte Islamica, in collaborazione con altri 3 musei, ha dato avvio ad un progetto mirato a insegnare a rifugiati e immigrati provenienti da Siria e Iraq a essere guide di musei. Il loro ruolo consisteva nello sviluppare e guidare tour per i rifugiati e soprattutto esprimere questi tour nella lingua madre dei rifugiati.
A questo progetto partecipano 4 musei adiacenti che assieme ricoprono temi che vanno dall’antico Medio Oriente, Bisanzio, il periodo islamico fino alla storia tedesca più recente. In questo modo si ha la connessione fra il patrimonio culturale dei paesi d’origine dei visitatori con la storia del nuovo paese che li accoglie.
Attraverso il dialogo e la discussione, guide e visitatori scelgono gli oggetti che riflettono il loro personale retroterra. Senza la barriera linguistica, senza registrazioni e attraverso un dialogo alla pari migliaia di rifugiati sono riusciti ad esplorare il museo.
In lingua araba Multaka significa “punto di incontro”. In aggiunta abbiamo organizzato, nel 2016, 18 seminari interculturali che hanno facilitato sia i rifugiati che i madre lingua tedeschi ad incontrarsi fra loro. “Multaka: il museo come punto di incontro”, ha lo scopo di favorire una partecipazione culturale attiva attraverso un processo di appropriazione delle istituzioni culturali. L’obiettivo è raggiunto facilitando lo scambio fra esperienze culturali e storiche differenti.
I visitatori si rendono conto dello status elevato che caratterizza gli oggetti presentati nel museo provenienti dalla loro patria e contiamo che ciò contribuisca a suscitare un senso di benessere dei rifugiati stessi oltre a sviluppare una connessione costruttiva e fiduciosa con le nostre istituzioni culturali.
Il programma sta avendo grande riscontro. Molte migliaia di rifugiati hanno preso parte alle visite guidate e discusso aspetti di storia del Medio Oriente e della Germania collegati alle loro esperienze. Abbiamo avuto una grande copertura dei media internazionali e il progetto ha ottenuto due premi ed è stato inserito nella lista di un terzo. In ogni caso, non è nostro obiettivo aumentare il numero dei visitatori, d’altro canto il Museo di Arte Islamica del Pergamon Museum è visitato da molte centinaia di migliaia di visitatori ogni anno.
L’obiettivo di partenza era duplice: come museo che ricopre soprattutto il periodo dalla tarda antichità fino al primo periodo moderno (XVII secolo) in che modo potevamo rendere l’importanza del passato ai visitatori di oggi e in che modo la conoscenza degli specialisti del museo sulla cultura islamica può dare un contributo alle sfide di una società in cambiamento? A questo fine le guide non imparano a memoria i nostri cataloghi, noi chiediamo loro di mettersi in connessione con i pezzi che destano il loro interesse. Le guide scelgono quindi il loro museo, i loro oggetti e vi portano la loro biografia e le loro esperienze di vita.
I rifugiati sono stati invitati a dare un senso e a riflettere sulle collezioni nel contesto della loro storia personale. Alcuni aspetti della storia tedesca che si sono mostrati interessanti per i visitatori arabi sono, ad esempio:
• la storia della guerra e delle distruzioni in Germania: il 1945 non fu la fine della storia, fu un inizio.
• l’emigrazione tedesca verso gli Stati Uniti nel XIX secolo o dai paesi dell’est dopo la seconda guerra mondiale: tutti abbiamo nella nostra storia persone che fuggirono dalla guerra e dalla povertà.
• le guerre fra protestanti e cattolici e soprattutto la guerra dei Trent’anni (1618-1648): fu solo una guerra religiosa?
Abbiamo discusso con le nostre guide a proposito del fatto che nessun oggetto nei nostri musei esiste senza una migrazione - ogni oggetto è quindi espressione di connessioni transregionali e di migrazioni: lo scambio di tecniche, pensieri, modelli, mode e idee è alla base di ogni narrativa.
Abbiamo osservato la storia specifica dello scambio fra le nostre culture e capito che ciò che ci deriva dal Medio Oriente può aiutare a comprendere che nessuno di noi sarebbe come è ora senza l’altro.
Persone che non avevano mai considerato la visita ad un museo come una pratica consueta, hanno cominciato ad identificarsi con questi spazi. Questo è uno dei risultati più importanti dal momento che quasi tutti i partecipanti di Multaka appartengono ad un pubblico di non frequentatori del museo. I partecipanti a Multaka sono coinvolti nel museo: discutono i temi con le guide per una o due ore e molti ritornano. Le nostre guide sono diventati dei veri e propri mediatori per discutere la storia attraverso la realtà del qui ed ora. La storia degli altri è uno spazio di riflessione per i nostri problemi di oggi. Il museo, quindi, non è solo uno spazio per creare nuovi gruppi sociali, ma anche un punto di riferimento positivo e un luogo per una costruzione interculturale della nostra società.
Un’istituzione pubblica, in questo modo, diventa importante per le biografie dei berlinesi di differenti origini. Multaka è diventato un punto di incontro nel significato più pieno del termine.
Ulteriori informazioni sul progetto (soprattutto in tedesco e arabo) e la rassegna stampa sono scaricabili da: www.fmik.de e facebook.com/MultakaTreffpunktMuseum. Il gruppo di coordinamento è costituito da Robert Winkler, Nazan Nassreddine, Cornelia Weber e lo scrivente. Nel progetto sono coinvolti attivamente molte altre guide e responsabili educativi, troppi per ringraziarli tutti uno ad uno, ma senza di loro, il progetto non avrebbe funzionato.
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