Rivista "IBC" XXIV, 2016, 2

musei e beni culturali / media, progetti e realizzazioni

Museomix: la maratona dei creativi al museo Carlo Zauli

Simona Parisini
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“People make Museums”. Prima di iniziare la maratona di Museomix queste rimanevano parole misteriose, non si riusciva a immaginare come un gruppo di una ventina di creativi potesse “invadere” il museo per tre interi giorni e quali esiti concreti ci si dovesse aspettare. Vero è che il Carlo Zauli è una realtà singolare, tanto da risultare stretta la stessa denominazione di museo. Rispecchiando quella che era l’attitudine dell'artista faentino, proiettato verso la continua sperimentazione e la rilettura del proprio linguaggio espressivo, nasce e si sviluppa come un luogo aperto, alla contemporaneità e alla contaminazione. Nonostante questo, Museomix rappresentava un'avventura del tutto nuova e, come tale, carica di irresponsabile entusiasmo.

Anche se la sensazione di essere impreparati imperversava tra lo staff, il tempo non ha avuto clemenza e venerdì 11 novembre è arrivato più in fretta del dovuto. Poco prima delle 8.30 del mattino, il giardino del museo si era già popolato di volti nuovi, espressioni interrogative, ma anche impazienti, si è così incontrato il gruppo dei “mixers” selezionati: diciotto persone di genere, età, professione, provenienza diverse, temerari pronti ad affrontare la sfida di “remixare” insieme il museo o, per usare la semantica zauliana, “sconvolgerlo”.

Fin dalle prime battute Museomix si è rivelato un catalizzatore di idee, energie ed entusiasmo travolgente, che ha invaso gli spazi del museo e destabilizzato la sua dimensione narrativa e la stessa identità. Alla base dell'intensissima attività dei tre gruppi di lavoro formati, nuove visioni e inedite prospettive per allestimento e percorsi di conoscenza delle opere e dell'artista, passando attraverso l'uso di soluzioni digitali e tecnologiche.

Attorno ai partecipanti ruotava un team organizzativo formato dallo staff del museo, per l'occasione arricchito di un folto ed eterogeneo gruppo di volontari, impegnato nelle più svariate missioni operative: documentare con foto e video l'avanzamento delle giornate, garantire la visibilità dell'evento sui social network, tenere le relazioni con la comunità Museomix, ma anche organizzare i pasti – coinvolgendo ristoratori cittadini, ma anche mamme, nonne, amiche –, soddisfare le richieste di materiali – dalle lampadine alle zolle di terra –, stimolare, supportare, criticare (costruttivamente) le équipe e ricordare che a una certa ora si deve anche mangiare. Sì perché neanche paella e lasagne riuscivano a fermare il lavoro frenetico e nella sala destinata ai pasti e al relax il flusso delle idee continuava a scorrere, inarrestabile quanto la macchina del caffè.

Il caos vitale e creativo che si è vissuto in quei tre giorni sfidava anche l'immaginario futurista: movimenti veloci tra stanze, giardino e scale, vocìo continuo, rumore di stampanti 3d e attrezzi, luci aliene degli onnipresenti schermi di pc, cellulari e macchine fotografiche. Un dinamismo che sembrava avere naturali risonanze nelle spaccature e nelle sinuosità delle opere zauliane. Se l'ansia delle scadenze giornaliere dettava il tempo, l'unicità di questa esperienza dilatava il museo nello spazio delle relazioni e del processo creativo.

Progetti che si sviluppavano focalizzandosi su precise direzioni: facilitare l'esperienza del visitatore solitario, rievocare una presenza più emozionale e intima di Carlo Zauli all'interno e fuori degli spazi del museo, rafforzare la sinergia tra artigianato tradizionale e digitale. I risultati di questo impegno, di questa stimolante collaborazione e condivisione di saperi, sono stati concreti prototipi, che il pubblico ha potuto testare domenica pomeriggio: applicazioni web, sistemi di modellazione digitale, nuove grafiche, contenuti audiovisivi, in grado di offrire nuove esperienze museali, soluzioni libere di essere adottate e sviluppate.

Ciò che è stato Museomix è un'esperienza di comunità, un networking creativo che ha investito il museo, aprendolo a prospettive del tutto nuove e creando connessioni e sinergie penetrate nel suo tessuto connettivo, dando un significato concreto a “People make Museums”.

 

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