Rivista "IBC" XXIV, 2016, 1
musei e beni culturali / restauri
Il visitatore che transitando da Imola si appresti a visitare Palazzo Tozzoni, una delle case-museo fra le meglio conservate della nostra regione, alla fine del lungo e suggestivo percorso che attraversa logge, scale, stanze e appartamenti ancora preservati con i loro antichi arredi, troverà una vera e propria sorpresa. Alla sommità dello scalone d'onore, nella sala che si affaccia sul ballatoio, fra le austere armadiature dell'archivio familiare, potrà ammirare un oggetto davvero insolito e raro, unico nel suo genere: un manichino femminile, a grandezza naturale, ispirato alle sembianze di un'antica abitante di quella nobile dimora, la contessa Orsola Bandini.
Un corpo in stoppa modellato grazie a una fine maglia di seta rosa, una testa in stucco dipinto completata da un'acconciatura di capelli veri, una veste color blu oltremare con scollatura a barca e maniche rigonfie, un ricco corredo di accessori comprensivo di scarpe, calze, guanti, borsa e ombrello da passeggio conferiscono una tale verosimiglianza all'insolito ritratto da farcelo quasi confondere con una persona in carne e ossa.
L'istallazione museografica, semplice ma fortemente evocativa grazie a un'accorta illuminazione e a una pedana di colore rosso scuro che isola la sagoma femminile dal contesto della stanza, costituisce l'approdo finale di una lunga e complessa operazione di restauro realizzata dai Musei civici di Imola in stretta collaborazione con l'Istituto per i beni culturali che per questo progetto ha messo in campo risorse dalla legge regionale 18 del 2000.
Il lavoro è stato lungo e complesso sia per la natura polimaterica del manufatto che ha richiesto la compresenza di varie figure di restauratori, sia per le precarie condizioni conservative, sia infine per le scarse informazioni a disposizione. Quando, alcuni anni or sono, ebbero inizio i primi sopralluoghi per programmarne il restauro, poco si conosceva di questo manichino se non che era stato realizzato negli anni immediatamente successivi alla morte della contessa, scomparsa prematuramente nel 1836, per volontà del marito, il conte Giorgio Barbato Tozzoni. Inizialmente era stato collocato nell'ala del palazzo abitata dai due coniugi, il cosiddetto appartamento Impero, poi conservato nella sala dell'archivio e qui a lungo dimenticato. Col passare dei decenni la memoria si era affievolita e una sorta di aura misteriosa era scesa sul manichino di Orsola la cui presenza un po' inquietante poneva diversi interrogativi.
Realizzato con una certa urgenza, pena la perdita stessa del manufatto, l'intervento di restauro ha fornito dunque l'occasione per condurre una serie di approfondimenti che hanno messo meglio a fuoco la storia dell'inusuale ritratto e quella dei due protagonisti principali, Orsola Bandini e Giorgio Barbato Tozzoni. Filoni principali delle indagini sono stati i lavori di risistemazione del palazzo imolese precedenti al matrimonio, celebrato nel gennaio del 1819, e ispirati alla cultura artistica faentina, il guardaroba di Orsola documentato dal corredo del manichino oltre che da due importanti inventari, il contesto culturale in cui maturò il desiderio del conte Tozzoni di dare forma reale al ricordo della moglie defunta, quasi a riscattarne la tormentata vicenda umana profondamente segnata dalla morte del figlioletto Alessandro di soli due anni. Ne sono emersi un complesso quadro di riferimenti e relazioni che si sviluppano fra Faenza, Bologna e Firenze nel momento di passaggio fra la stagione napoleonica e quella della restaurazione, simpatie politiche e intricati affari familiari, ma anche la sfera intima e personale, il dramma familiare, il lutto.
Gli esiti di queste ricerche sono ora raccolti in una piccola pubblicazione a stampa nella collana "Album" dei Musei civici di Imola. In tutto simile a lei. Giorgio Barbato e Orsola in Palazzo Tozzoni, questo il suo titolo, raccoglie contributi di Angela Lusvarghi, Roberta Notari, Oriana Orsi e Claudia Pedrini, oltre a quello di chi scrive. Introduce il volume un breve e prezioso testo di Carlo Lucarelli che per questa occasione si è fatto sensibile interprete del mistero che ancora oggi aleggia intorno allo stravagante ritratto di Orsola e della storia familiare che vi ruota intorno.
Il restauro non è un'operazione fine a se stessa, ma un passaggio a volte indispensabile per assicurare la conservazione di un bene, un'opera d'arte o una testimonianza storica e poterlo restituire alla fruizione pubblica. Nel nostro caso non è stato facile trovare la giusta mediazione fra necessità conservative, soluzioni tecniche e risorse a disposizione. Il bilancio finale ci sembra tuttavia positivo. Il recupero conservativo del manichino, condotto con estrema perizia e sensibilità dalle ditte Rt di Albinea e Roberta Notari di Reggio Emilia, ha saputo trovare un punto di equilibrio fra ricostruzione di lacune e parti mancanti e rispetto delle caratteristiche originarie. Dopo molti mesi trascorsi in laboratorio, il manichino di Orsola è tornato a casa, a Palazzo Tozzoni, e ricollocato nella sala dell'archivio, ovvero là dove storicamente era stato relegato per tanto tempo. Esporlo in questo luogo ha consentito un ampliamento del percorso di visita che ora ricomprende appunto anche questa sala, un ambiente fortemente suggestivo che, grazie alla sua forte carica evocativa, meglio di altri si presta a ospitare l'istallazione museografica del manichino.
Nel febbraio scorso la nuova istallazione museografica del manichino restaurato e l'Album edito per l'occasione sono stati presentati al pubblico intervenuto numeroso per l'occasione. Ma di questa originale storia imolese si parlerà nuovamente il prossimo 13 novembre a Bologna, presso il Museo Storico Didattico della Tappezzeria. L'evento si inserisce nel ricco calendario di "Impara l'arte" e comprende inoltre una visita guidata attraverso le ricche collezioni di tessuti e costumi del museo, entrato di recente a far parte della rete museale del Comune di Bologna.
Azioni sul documento