Rivista "IBC" XXIII, 2015, 4
musei e beni culturali / didattica, progetti e realizzazioni, restauri, storie e personaggi
Dedicare un articolo della rivista dell'Istituto regionale per i beni culturali al restauro della bellissima stele di Egnatia Chila è l'opportunità per riaccendere i riflettori su uno dei più particolari progetti per la conservazione e la valorizzazione di uno straordinario manufatto esposto nelle collezioni archeologiche nel Museo della Città di Rimini. Al contempo è l'opportunità per sottolineare un punto centrale per l'IBC: quando si parla di patrimonio culturale si richiamano necessariamente responsabilità e compiti di salvaguardia, di conoscenza e di valorizzazione che coinvolgono tutti: le istituzioni pubbliche, quelle private e ogni singolo cittadino. L'impegno e assieme la sfida è proprio quella di produrre nuovi modelli operativi e sviluppare collaborazioni allargate. Solo così è possibile enerare azioni concrete di salvaguardia per un patrimonio ricco e complesso come il nostro.
L'intervento di restauro della stele romana di Egnatia ha costituito l'occasione di una efficace collaborazione allargata. Si sono realizzate iniziative di valorizzazione che hanno coinvolto un ampio pubblico, costituito soprattutto da giovani, con esiti emozionanti. L'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna ha promosso e finanziato il progetto nell'ambito dei propri piani di intervento per la conservazione e valorizzazione del patrimonio museale regionale: un lavoro mirato, durato oltre un anno, di progettazione tecnica e di coordinamento, di sistematiche relazioni e collaborazioni con la Soprintendenza competente, con l'Amministrazione riminese, con la direzione museale, con le maestranze specializzate a cui è stato affidato il restauro.
Come sempre avviene, indipendentemente dalla specifica complessità che ogni restauro presuppone sotto il profilo tecnico-scientifico, l'impegno fondamentale che si prefigge l'IBC risiede nel documentare, comunicare e condividere con la collettività, non solo con un pubblico di addetti ai lavori, le ragioni e le caratteristiche del recupero conservativo che viene affrontato, nel rispetto della specificità dell'oggetto e del contesto in cui esso è conservato. Perché il valore complessivo di un progetto di restauro va ben oltre il valore economico investito e persino oltre il valore di un'azione capace di rinnovare l'integrità conservativa dell'opera. La concezione del patrimonio e del suo rapporto con il territorio evolve; il valore e l'efficacia di un'azione conservativa sono connesse sempre più alla capacità di trasmettere e sviluppare nei cittadini il senso di appartenenza di ciascuno alla propria storia e al territorio in cui vive. Il restauro della stele di Egnatia si configura in questa prospettiva.
Il restauro si è reso necessario per via di uno stato di degrado che, sebbene non severo, rischiava di diventare preoccupante: il manufatto lapideo, in pietra maiolica e realizzata con due blocchi di pietra, presentava infatti un'estesa patinatura che mimetizzava le numerose fratture e stuccature presenti sulla superficie del modellato, con il rischio poco remoto di caduta di porzioni di materiale. La patinatura della superficie lapidea non era peraltro originale, ma indotta artificialmente da qualche prodotto applicato in un precedente restauro. Il delicato intervento sul manufatto, realizzato da Fabio Bevilacqua della ditta "C.R.C Restauri", è stato condotto
in loco nella sala della Sezione archeologica del Museo in cui è esposta la stele: risultava rischioso movimentarla per via della dimensione, del peso e anche della fragilità della pietra, causata dalle numerose fratture.
Finalizzato a risolvere problemi conservativi ed estetici nel modo meno invasivo possibile, il progetto di restauro ha previsto ricerche e indagini preliminari, mirate alla conoscenza del materiale lapideo e dello stato di conservazione, per decidere le metodologie d'intervento da adottare e i materiali più idonei da impiegare.
Nella delicata fase di restauro vera e propria sono state condotte una serie di operazioni in rigorosa sequenza: in primo luogo l'accurato controllo della superficie per individuare zone decoese o pericolanti da proteggere mediante velinatura e da preconsolidare. Un trattamento biocida delle superfici per l'eliminazione degli infestanti (licheni, alghe, funghi, muschi). Si è poi proceduto a operazioni di pulitura per rimuovere sedimenti e incrostazioni (sporco, polveri, depositi o prodotti applicati artificialmente). Una fase delicata, perché la pulitura a impacchi alcalini andava calibrata in base alle sedimentazioni da rimuovere, variando le metodologie e le dosi dei prodotti pulenti da utilizzare. Gli impacchi sono stati lasciati in opera fino alla completa dissoluzione delle croste, per poi essere asportati e lavati con spazzole morbide. Quindi si è proseguito con le operazioni di incollaggio delle parti lapidee, staccate con speciali resine, e con l'utilizzo di perni in acciaio inox per dare maggiore ancoraggio a quei frammenti lapidei di maggiore dimensione.
Giunti a questo stadio si è potuto procedere con le integrazioni strutturali, con stuccature a impasti di polvere di calcare setacciata finissima per risarcire le microfratture molto presenti su questo tipo di pietra e le fessurazioni di maggiore profondità. Infine, dopo le integrazioni estetiche con velature di colore per tonalizzare le stuccature, l'opera è stata sottoposta a un trattamento consolidante e protettivo che ha lo scopo di ridare la "cementazione" a un materiale che per propria natura ha problemi di distacco, erosione ed esfoliazione, così da preservare il più a lungo possibile la rinnovata condizione di salute dell'opera.
Sebbene in sintesi, la descrizione del lavoro di restauro condotto evidenzia quali cure e attenzioni conservative siano state riservate a questo splendido monumento funerario di epoca romana, raffinatissimo per fattura, dedicato alla memoria della giovane donna che vi è raffigurata.
A giudicare dal corpo sinuoso che i leggeri veli in pietra di un abito riccamente drappeggiato lasciano trasparire, si trattava di una ragazza piuttosto bella. E qui il percorso conservativo si intreccia necessariamente con un percorso di conoscenza dell'opera che spesso conduce alla scoperta di nuove e suggestive informazioni.
Lo specchio epigrafico alla base della figura, con le informazioni che offre, rivela il nome di Egnatia Chila Uxor. L'immagine della donna ci è giunta purtroppo senza volto. L'epigrafe racconta ancora che la donna è una liberta, vale a dire una schiava poi liberata, riscattatasi, forse da sé, con il versamento di somme alla famiglia a cui apparteneva. Non si può nemmeno escludere che possa essere stata una prostituta, sebbene il rango della famiglia nel quale entra lo rende meno probabile.
Il testo dell'iscrizione si focalizza sul suo status di liberta, manifestando poi la dignità di legittima uxor. Era moglie e sposa di un uomo che, per commissionare una stele di tale pregio artistico per l'amata moglie scomparsa prematuramente, quasi certamente era di rango elevato. Gli elementi stilistici, i dettagli ornamentali e i caratteri epigrafici contribuiscono a datare il monumento all'età augustea. Egnatia quindi visse fra il I secolo avanti Cristo e il I dopo Cristo, ovvero nei decenni in cui ad Ariminum fu eretto l'Arco di Augusto e avviata la costruzione del Ponte poi concluso da Tiberio.
Conosciamo anche il luogo di casuale rinvenimento della stele nel corso del XVIII secolo: nei pressi di Bellaria, in zona Rimini Nord, in un sepolcreto lungo la via Popilia, la strada consolare che da Rimini conduceva a Ravenna. Egnatia, diremmo oggi, abitava "dalle parti di Bellaria", lungo la costa Adriatica, nel territorio di Ariminum. E poiché le necropoli erano di solito collocate sulla via di accesso ai centri urbani è plausibile supporre che la stele di Egnatia, scostandosi dagli stereotipi di questo genere di manufatti, non passasse inosservata ai viandanti. E che potesse esercitare una qualche fascinazione: quel corpo scolpito, così sinuoso e sensuale, sembra restituire, allora come oggi, più un'idea di prorompente vitalità femminile che quella di un dolente sepolcro muliebre.
Le ipotesi interpretative sulla stele e sulla storia della donna raffigurata paiono ricevere una sorta di concretezza dai segni emersi dal recente restauro. L'accurato intervento ha reso eloquente la pietra: con la pulitura della superficie e la rimozione di sedimenti e incrostazioni sono apparse alcune levigature in aree ben precise: un seno, il ventre, un piede. Un'accurata analisi ha evidenziato che non si tratta di corrosione della pietra procurata da agenti atmosferici o altro. Si tratta di consunzione da continuo sfioramento. Tale da far supporre che alla donna raffigurata nella pietra, in una fase della sua storia secolare, fossero attribuite capacità taumaturgiche, e fosse considerata alla stregua di una divinità che propizia la fertilità e la ricchezza. Ci viene restituita, dunque, una figura assai sfaccettata: una donna moderna, intraprendente. Una liberta che, forse, si è riscatta. Una moglie, una madre, una dea...
Come spesso accade, attorno al restauro e alle nuove possibili letture interpretative si è acceso l'interesse di un approfondimento; questo non poteva non essere esteso e condiviso con la collettività, e con i giovani in primo luogo. Egnatia Chila. Il fascino enigmatico di una donna romana svelato dal restauro è quindi il titolo dell'evento-spettacolo che l'IBC e i Musei comunali riminesi hanno voluto organizzare, coinvolgendo scuole e istituti di formazione, con l'obiettivo di sollecitare l'ideazione di percorsi di conoscenza e di valorizzazione originali e creativi: studenti e giovani artisti hanno dato voce, con forme e linguaggi diversi, alla storia di Egnatia e contemporaneamente alla storia della Ariminum augustea, crocevia di importanti percorsi viari: qui giunge la via Flaminia, da qui parte la via Emilia.
La presentazione del restauro della stele, in apertura dell'evento, è stato il pretesto per dare spazio alle ricerche e agli approfondimenti da parte dei ragazzi, e a performance teatrali e musicali, compresa un'esibizione in musica rap e lingua latina, ispirata al personaggio! Benché fosse una fredda domenica dello scorso gennaio, l'iniziativa ha attirato al Museo della Città tantissime persone. La Sala del Giudizio era gremita come non mai. Ma questo in fondo non deve stupire: segno evidente che il coinvolgimento attivo dei giovani è forte verso quella parte del patrimonio che diventa possibile conoscere da vicino, chiamare per nome e in qualche modo fare proprio. E la stele di Egnatia d'ora in poi non sarà certo più uno dei tanti anonimi monumenti funerari di età romana.
I risultati ottenuti hanno fatto maturare l'idea di proseguire questo entusiasmante percorso di conoscenza e coinvolgimento dei giovani. Insistendo sulla stessa traccia di approccio coinvolgente e partecipativo, è stato bandito il concorso a premi "Una storia per Egnatia Chila", riservato alle scuole primarie e secondarie ed esteso alle province di Rimini, Forlì-Cesena, Ravenna e Pesaro-Urbino. Ancora una volta l'intento era accorciare le distanze fra i giovani e l'antichità, offrendo nuovi stimoli, interessi e curiosità che educhino al territorio e al patrimonio e al senso di responsabilità nei confronti dell'eredità del loro passato.
Nella fase di lancio del concorso un incontro informativo con gli insegnanti referenti delle classi è risultato di fondamentale utilità. Innumerevoli e anche insoliti sono stati gli spunti di indagine da approfondire in classe: la città antica crocevia di strade romane, la toponomastica, l'indagine epigrafica, il restauro e la corretta conservazione preventiva di un'opera in museo, la cultura funeraria antica, lo stile di Egnatia secondo la moda al tempo di Augusto, le ipotesi sul personaggio rese possibili dal restauro. Con elaborati di grafica, di narrativa o con video, i ragazzi hanno tradotto le loro riflessioni e hanno espresso la loro creatività.
I giovani sono poi tornati in scena anche nell'ambito del "Festival del Mondo Antico" tenutosi a Rimini nel giugno del 2015. 1 In questa cornice di ampio respiro si sono svolte le presentazioni dei lavori e la premiazione dei vincitori, che hanno ricevuto in dono le pubblicazioni messe a disposizione dalla Società editrice il Mulino e alcuni itinerari didattici museali.
Il caso di Egnatia prova, se ce ne fosse ancora bisogno, che il restauro non è solo l'insieme di operazioni capaci di riportare l'oggetto a uno stato di rinnovata integrità della forma e della materia del manufatto. Il restauro agisce anche nella sostanzialità dell'opera, la riporta in vita nella sua essenza, nel rispetto di come era stata intesa e realizzata dal suo autore e, nel farla rivivere, la ricollega ai luoghi in cui è stata prodotta e preservata, rivelando informazioni inedite su una storia che si credeva nota.
L'intervento di restauro è stato promosso e finanziato dall'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna nell'ambito dei piani museali della Legge regionale 18/2000. Per ulteriori dettagli e immagini dell'intervento si rimanda alla banca dati dei restauri sul sito dell'IBC:
ibc.regione.emilia-romagna.it/argomenti/conservazione-e-restauro/beni-culturali/interventi-di-restauro-la-banca-dati.
Nota
[ 1] Si veda in proposito il dossier ALIMENTA. Gusti e ingredienti di un festival, a cura di V. Cicala e V. Ferorelli, "IBC", XXIII, 2015, 2.
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