Rivista "IBC" XXIII, 2015, 1

Dossier: Veli di seta, venti di guerra - Il restauro dello stendardo della Beata Vergine di Fontanellato

musei e beni culturali, dossier / restauri

Una bandiera per la Beata Vergine del Rosario

Mariangela Giusto
[funzionario storico dell'arte, Galleria Nazionale di Parma - Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le province di Parma e Piacenza]

Grazie al finanziamento dell'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, è stato finalmente possibile avviare il complesso restauro del grande drappo di damasco in seta rossa, lacerato in molte parti, conservato nella cappella del castello di Fontanellato, già maniero dei conti Sanvitale. Il restauro è stato affidato alla ditta "RT Restauro Tessile" di Albinea (Reggio Emilia), mani esperte in materia di patrimonio tessile, e, per la parte pittorica, alla competenza di Elisabetta Bertani, della ditta "B Restauro Dorature" di Reggio Emilia. La delicata operazione di recupero ha svelato un oggetto unico nel suo genere per la particolarità delle dimensioni e per i caratteri figurativi delle immagini dipinte a tempera su entrambi i lati, che ha suscitato curiosità sulla destinazione originale dell'opera e della sua committenza, ascrivibile senza dubbi a un personaggio della famiglia Sanvitale vissuto alla metà del XVII secolo.

Indubbiamente si tratta di uno stendardo, o bandiera a fiamma, simile a quelli posti sugli alberi delle galere. Siamo stati persuasi che servisse a quell'uso grazie alla collaborazione del domenicano padre Costantino Gilardi di Genova, 1 che ha reperito documenti storici permettendoci di individuare gli stemmi dipinti sullo stendardo, in posizione privilegiata al centro di ogni lato; in particolare quello inquartato con due aquile nere e due croci bianche su campo rosso, riconosciuto senza alcun equivoco come appartenente a Fra Giovanni Paolo Lascaris di Castellar, Grande Maestro dell'Ordine di Malta dal 1636 al 1657, al comando della flotta cristiana nella lunga guerra di Candia.

Il Gran Maestro Lascaris apparteneva al ramo dei conti di Ventimiglia e nel suo monumento sepolcrale, conservato nella cattedrale di San Giovanni alla Valletta, è possibile ritrovare l'identico stemma araldico. 2 Oltre a questo blasone, nello stendardo troviamo "la croce d'argento su campo rosso" dell'ordine dei cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme, detto di Rodi e di Malta, e in basso anche lo scudo gentilizio dei Sanvitale, riferibile a Fra Stefano, figlio del conte Alessandro e di Margherita dei Rossi di San Secondo, accettato tra i cavalieri dell'Ordine di San Giovanni nel 1651 e nominato nell'agosto del 1654 capitano della galea di "San Nicola", che si scontrò con la flotta turca presso i Dardanelli. 3

Un illustre personaggio della nobile casata, di cui possiamo ammirare le sembianze nella galleria dei ritratti degli antenati, in un ritratto di anonimo di discreta qualità; dopo il ruolo di capitano della galea, nel 1657 fu fatto "Ricevitore della Religione" del priorato di Venezia e nella sua lunga vita (morì nel 1709) ricevette molte commende e assolse importati incarichi in seno all'ordine dei Gerosolimitani. Lo stendardo, verosimilmente, apparteneva a lui, anche se sembra poco probabile che questa bandiera abbia solcato i mari e sia stata esposta al vento e alle intemperie. Sembra più uno stendardo da parata, destinato a essere visto su entrambi i lati, fissato a un'asta in corrispondenza della zona in cui sono state dipinte le figure, mentre la "punta" della fiamma, forse di dimensioni maggiori di quelle attuali, era libera di sventolare.

Durante la lunga permanenza dello stendardo nella cappella del castello, almeno dagli anni Ottanta del XX secolo, la bandiera era stata ingabbiata in una cornice lignea e addossata al muro, tanto da permetterne la lettura di un solo lato: quello in cui troviamo, alla sommità, l'immagine della Beata Vergine del Rosario con il Gesù Bambino sulle nubi, ai cui piedi, in atto di venerazione, compare in una posa elegante San Carlo Borromeo, con un putto che regge il cappello cardinalizio. Sul lato non visibile, svelatosi solamente dopo che lo stendardo è stato collocato a terra per il restauro, in corrispondenza dell'immagine della Vergine, in un cono di putti, è apparsa la raffigurazione di Dio Padre sulle nubi che dall'alto apre le braccia verso l'umanità; nello spazio speculare rispetto a quello occupato dal San Carlo, l'anonimo pittore ha dipinto la figura seminginocchiata di San Giovanni Battista, con la croce e l'agnello.


Una bandiera che, quindi, fa riferimento all'ordine dei Cavalieri di Malta e alla venerazione che Fra Stefano aveva verso l'immagine della Beata Vergine del Rosario di Fontanellato, il cui culto era stato da sempre sostenuto dalla famiglia Sanvitale. 4 Era stata la contessa Veronica Sanvitale a far costruire, nel 1512, una chiesa dedicata a San Giuseppe per sviluppare la pietà mariana grazie all'arrivo a Fontanellato di un piccolo nucleo di Domenicani; dopo la Controriforma, nel 1592, l'ordine decretò la creazione di confraternite del Rosario e la chiesa di Fontanellato fu una delle prime a essere ampliata e rinnovata nel culto. Nel 1615 era stato realizzato un nuovo simulacro della Vergine, con abiti di stoffa: ancora oggi viene venerata nel Santuario a lei dedicato, meta di continui pellegrinaggi; con il tempo, anche per i miracoli che la fede popolare le ha riconosciuto, la comunità parmense ne ha diffuso il culto, mantenendone viva la venerazione.

La Vergine regge sul braccio sinistro il Gesù Bambino ed è stata intagliata nel legno come se fosse una statua a tutto tondo. Il forte impatto realistico è dovuto all'acconciatura di capelli veri e all'abbigliamento creato con tessuti preziosi, ora prevalentemente chiari, con sontuosi ricami in sete policrome e d'oro. In passato questa sacra icona dovette avere invece un abito rosso con ricami dorati, come testimoniano le antiche immagini dipinte di centinaia di ex voti conservati nel Santuario e questa preziosa raffigurazione in grande "scala" dipinta nello stendardo, da ritenersi indubbiamente l'iconografia più antica, resa come immagine celestiale, sospesa sulle nubi, con ai piedi alcuni piccoli cherubini. 5

L'abito che indossa nello stendardo è di foggia barocca, sia per il disegno delle maniche gonfie e larghe ai polsi, sia per il disegno minuto a carattere vegetale del tessuto rosso e sia per il motivo a più bande dorate della bordura sull'orlo, che prosegue in verticale anche al centro della gonna. Dal capo della Vergine scende un velo di colore blu fermato da una corona dorata, simile a quella posta sul capo del Bambino Gesù, abbigliato con veste bianca. Alla sommità, due angeli in volo reggono una corona di fiori. Durante la grande peste del 1630, la statua della Beata Vergine di Fontanellato fu temporaneamente trasferita a Parma, a protezione della città, e nel 1670 nella piazza del Duomo venne rinnovata solennemente la sua incoronazione a Regina alla presenza dei duchi Farnese.


Interessante è l'accostamento dell'immagine di San Carlo Borromeo, dipinta ai piedi della Madonna del Rosario, in uno spazio che sarebbe stato più destinato a un santo domenicano: una scelta che testimonia indubbiamente la particolare venerazione che i Sanvitale ebbero per "San Carlone", così particolare da intitolargli anche la cappella del Castello, sul cui altare collocarono nel 1688 un pregevole dipinto del senese Antonio Nasini raffigurante San Carlo Borromeo che unge gli appestati. San Carlo Borromeo era stato canonizzato nel 1610 e il suo culto si era ben presto propagato anche in Emilia, dove aveva più volte sostato, anzi forse i Sanvitale ne rivendicavano una lontana relazione di parentela, in quanto la sorella del santo, Camilla Borromeo, aveva sposato Cesare Gonzaga, signore di Guastalla, che discendeva dal ramo di Paola Gonzaga, contessa di Fontanellato.

Il modello iconografico adottato nello stendardo dall'anonimo pittore, tuttavia, è copiato, nella posa e nel dettaglio del putto che regge il cappello cardinalizio, dalla figura di santo dipinta da Carlo Francesco Nuvolone nella tela del 1647 realizzata per la chiesa di Santa Maria della Neve in Parma, appartenente alle Cappuccine vecchie; 6 la tela, raffigurante L'immacolata con ai piedi San Carlo Borromeo e San Felice da Cantalice, dopo le soppressioni napoleoniche è stata conservata presso la Galleria Nazionale di Parma. 7 Era un quadro pubblico, che doveva aver suscitato curiosità per la bellezza dei colori e la vivacità delle pennellate ed è probabile che la scelta di riprenderne la posa fosse dettata da semplici motivi devozionali. Nello stendardo, l'immagine di San Carlo ha tutt'altro carattere e la resa pittorica è costruita su volumi più plastici e levigati.

Non possiamo pensare che lo stendardo sia il frutto della stessa bottega dei Nuvolone, maestri di origine cremonese, ma è comunque interessante avvertire, anche nelle figure di Dio Padre e di San Giovanni Battista dipinte sul retro, alcune componenti di gusto lombardo. Anzi, il gruppo compatto del Padre ha ancora caratteri tardocinquecenteschi, di un artista che ha l'esigenza di rispettare lo spazio dipinto occupato dalla Madonna sull'altro lato e, dovendo riempiere la stessa superficie, adotta una soluzione figurativa "antica", senza fare "passare" i colori sul tessuto, non avendo preparato la tela, per non appesantire il damasco. Più moderna è la figura del San Giovanni Battista, forse anch'essa copiata da un dipinto non noto o forse tratta da una stampa, tuttavia condotta con serenità ed eleganza, nel disegno "ritagliato" sul rosso del tessuto di base della bandiera.


A quando risale questo stendardo? È verosimile che sia stato eseguito intorno al 1654, come si evince tra le note di spese fatte a Parma dal conte Stefano rintracciate nell'Archivio di Stato ("spesi nello stendardo da Galera da combattere 150 soldi di Parma"), sempre che sia questo l'oggetto in questione, e in ogni caso rimangono i dubbi su una sua effettiva esposizione ai venti marini. Il Gran Maestro Lascaris morì comunque nel 1657 e quindi sembra poco probabile che la bandiera possa risalire a una data posteriore.

Durante il restauro, come già accennato, lo stendardo ha rivelato anche un'altra particolarità, purtroppo conservata solo in minima parte: su tutto il margine della bandiera era dipinta in oro una bordura a caratteri vegetali, conservatasi solo nelle parti che erano state ripiegate e montate dentro alla cornice lignea adottata in anni relativamente recenti. Il gusto della decorazione richiama i ricami barocchi in uso anche nell'abbigliamento civile e, cosa curiosa, ritroviamo un motivo molto simile nel costume indossato da Giulia Bonfanti, moglie di Carlo Beccaria, tesoriere dei Farnese, nel ritratto che le fece Carlo Francesco Nuvolone, conservato presso la Galleria Nazionale di Parma. 8 Forse un altro tassello stilistico utile per ricercare l'anonimo autore dello stendardo tra le maestranze padane sensibili alle esperienze lombarde.


Note

( 1) Nell'ottobre del 2006, durante una visita al Castello di Fontanellato, padre Gilardi rimase colpito dall'iconografia della bandiera e si impegnò a cercare notizie in merito agli stemmi e a Stefano Sanvitale nell'Archivio e nella Biblioteca Granmagistrali dell'Ordine di Malta a Roma. Ricerche che diedero frutto: la documentazione derivata fu poi trasmessa al Comune di Fontanellato, che gentilmente ne diede notizia a colei che scrive.

( 2) U. Mori Ubaldini, La marina del Sovrano Militare Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta, Roma, Regionale editrice, 1971, pp. 401-403.

( 3) U. Mori Ubaldini, La marina del Sovrano Militare Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta, cit., pp. 402, 407, 576.

( 4) Sul culto della statua di Fontanellato e sulla tradizione delle Madonne con abiti di stoffa a Parma e Piacenza, si rimanda a un'ampia ricerca condotta da chi scrive e raccolta in un volume di contributi vari: Vestire il sacro. Percorsi di conoscenza, restauro e tutela di Madonne, Bambini e Santi Abbigliati, a cura di Lidia Bortolotti, Bologna, Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna - Editrice Compositori, 2011, pp. 103-116.

( 5) M. Calidoni, Regina Coeli Laetare. Antichi ex voto: immagini di vita e di fede tra il 1600 e il 1700, 2006 (catalogo della mostra allestita nella Pinacoteca della Rocca dei Sanvitale a Fontanellato, 30 settembre - 29 ottobre 2006).

( 6) Una chiesa che esisteva un tempo in strada San Michele e che fu demolita per fare poi spazio all'ospizio di maternità. Nel 1653 la chiesa era stata rinnovata dall'architetto Giovan Battista Magnani ed era stata arricchita da tre dipinti: oltre a quello del Nuvolone, conservava la tela del Guercino raffigurante La Madonna con i Santi Francesco e Chiara, anch'essa in Galleria a Parma, e una Santa Maria Maddalena del Bolognini.

( 7) Per il dipinto si rimanda al volume: Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere. Il Seicento, a cura di L. Fornari Schianchi, Milano, Franco Maria Ricci, 1999, pp. 88-90; F. M. Ferro, Nuvolone, una famiglia di pittori del '600, Soncino (Cremona), Edizioni dei Soncino, 2003, pp. 199-200.

( 8) M. Giusto, Il ritratto pubblico e privato nel Seicento a Parma e a Piacenza, in La pittura in Emilia e in Romagna. Il Seicento, a cura di J. Bentini e L. Fornari Schianchi, tomo II, Bologna, Credito Romagnolo, 1993, pp. 183-193.

 

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