Rivista "IBC" XXII, 2014, 4
musei e beni culturali / mostre e rassegne, pubblicazioni
"Passaggio a sud-est. Un ponte verso Oriente" è il titolo dato alla manifestazione conclusasi a Bagnacavallo il 23 novembre 2014, che racchiudeva tre differenti mostre visitabili al Museo civico delle Cappuccine. Un'interessante iniziativa di forte valenza politica e culturale, manifestata con "un impegno di respiro internazionale, dove lo sguardo spazia tra Ravenna e l'Oriente ottomano, passando naturalmente per i Balcani", come si leggeva nella comunicazione diramata dall'ufficio stampa. Conviene soffermarsi sull'enunciazione neutra, quasi oggettiva, della prima parte di questo titolo, poiché obbliga a uno sguardo bidirezionale nell'attuale, drammatica, situazione politica, che vede lo stretto del Bosforo come passaggio mitico, ma concreto, fra due mondi: Europa e Asia. Considerazione, inutile nasconderselo, che cela le paure e le incognite di che cosa quel ponte possa comportare, a seconda della direzione che si prenda nell'attraversarlo.
Esaminiamo per prima la mostra "Murat Palta Cult Hollywood movies as Ottoman miniatures". Il titolo inglese conferma immediatamente la volontà dei curatori di uscire dai confini nazionali. Ci informa, poi, dei contenuti dell'esposizione, imperniata sull'interpretazione che il giovane artista turco Murat Palta (classe 1990) fa di alcuni luoghi cinematografici della Hollywood contemporanea, "rivisti" con tecnica digitale secondo l'ottica sognata e trasposta nel tempo dei miniaturisti ottomani che operarono dal XVI al XVIII secolo. Un'intepretazione che Fabrizio Lollini, curatore con Diego Galizzi della mostra, definisce come "citazionismo postmoderno".
Sotto tale mascheramento, rivediamo personaggi e luoghi di pellicole come Arancia Meccanica (Titolo originale A Clockwork Orange, film di culto girato da Stanley Kubrick nel 1971), di Alien (Ridley Scott, 1979), di Pulp Fiction (1994) e Kill Bill (2003), entrambi di Quentin Tarantino. Palta priva le sue figure umane di ogni profondità spaziale e le incornicia con sfondi anticati, in cui si immaginano un tempo e un'umidità che abbiano eroso il colore. Induce, così, la visione di un presente trasposto nel passato e si attiene al divieto dell'Islam di raffigurare il corpo umano se non come semplice traduzione grafica di un testo. Fabrizio Lollini, interpreta, poi, la scelta di rivisitare scene di film di oggettiva violenza, come un mezzo per "depotenziare l'impatto di queste sequenze atroci, [...] un esorcismo", e per «ricordarci che non siamo poi così evoluti, noi occidentali, noi contemporanei, rispetto ai nostri progenitori di qualche secolo fa".
Kiril Cholakov segue una strada del tutto diversa. Nato nel 1964 a Sofia, in Bulgaria, e residente dal 2000 in Italia, a Rimini, egli non cerca nel presente la cartina di tornasole del suo passato. È tutto intento a preservare dall'oblio le storie, le sue storie fatte di una trama talmente fitta di parole da coprire il ricordo delle immagini, di personaggi che vagano come fantasmi nei suoi disegni a matita su tela. Parole che si fanno immagini, che ricoprono con la nebbia da esse stesse formata. Se in Murat Palta la filiazione del cinema contemporaneo americano è diretta, Kiril Cholakov tenta di contendere al tempo l'erosione che esso opera sulla memoria e ci porta alla mente un altro film doloroso, dal respiro tutto europeo, balcanico, Lo sguardo di Ulisse, di Theo Angelopoulos (1995): il protagonista, regista greco alla ricerca di tre pizze impressionate nel 1905 da alcuni pionieri del cinema di quei luoghi, si trova immerso nella tragedia di Sarajevo.
L'opera di Giuseppe Maestri (1929-2009), infine, può essere l'anello di congiunzione dei due momenti precedenti. La sua è, però, una testimonianza sognante di un mondo che esisteva nella sua fantasia. I suoi bozzetti, cere molli, acqueforti, acque tinte, favoleggiano di un mondo antico, quello di "un bambino mai cresciuto" e risentono della mitologia fiabesca riconducibile alle Mille e una notte. I suoi pesci che volano, le navi che solcano mari increspati, le barche notturne che immaginiamo ospitino i personaggi del mito come la principessa Shéhérazade, i suoi blu intensi e profondi, preesistevano già in quel crocevia rappresentato da Ravenna, con i suoi forti legami storici e culturali con il passato bizantino. Erano visibili in mostra una quarantina delle 150 opere incisorie di recente donate al museo di Bagnacavallo dalla vedova di Maestri e che si sono aggiunte al preesistente corpo già ospitato nel Gabinetto delle stampe antiche e moderne.
Murat Palta Cult Hollywood movies as Ottoman miniatures, a cura di D. Galizzi e F. Lollini, Faenza (Ravenna), Edit Faenza, 2014, 59 pagine, 7,00 euro; Kiril Cholakov, diario minimo balcanico, a cura di D. Galizzi, Faenza (Ravenna), Edit Faenza, 2014, 7,00 euro.
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