Rivista "IBC" XXII, 2014, 4

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali / convegni e seminari, progetti e realizzazioni

Anche in Emilia-Romagna le creazioni dell'arte parlano la lingua della terra di origine: la loro voce è trasmessa da quelle antenne che sono i musei.
Dove il territorio si fa autore

Maria Gregorio
[coordinatrice dei musei letterari e di musicisti per ICOM Italia]

Dal 26 al 31 luglio 2014 si è svolto a Irkutsk, in Siberia, il convegno annuale dell'International Committee for Literary and Musical Museums (ICLM;network.icom.museum/iclm), che quest'anno ha avuto per tema "Writer, Composer, Museum and Environment". Pubblichiamo la relazione tenuta da Maria Gregorio, che coordina i musei letterari e di musicisti per il comitato italiano dell'International Council of Museums (ICOM Italia;www.icom-italia.org) e che ha portato all'attenzione internazionale il modello di politica del territorio applicato anche in questo specifico ambito museale dall'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna (IBC).


Inizio con alcune parole - emblematiche per il nostro tema - di uno dei padri fondatori del museo moderno, che ha svolto un ruolo fondamentale nel creare l'ICOM e che dell'ICOM è stato primo direttore dal 1948 al 1965: Georges Henri Rivière. Secondo cui - siamo nei primi anni Settanta - "il museo esce fuori delle proprie mura e si prolunga nel territorio".

Non può stupire che si debba a Rivière l'idea fortemente innovativa dei musei éclatés: i musei che esplodono, frantumandosi e diffondendosi sul territorio in forma di "antenne". Antenne che varranno quali elementi essenziali per conservare e trasmettere memoria delle caratteristiche fondamentali della regione, lungo il tracciato della sua evoluzione geografica, storica, sociale e culturale.

Questo vale per ciascun museo-antenna, ma in particolare per la rete che essi vanno a comporre connettendosi l'uno con l'altro, in modo da innervare l'intera area geografica in cui sono distribuiti: preziosi custodi della cultura del territorio, alla quale portano in dote tradizioni e memorie locali delle parti di cui esso si compone. Due fattori sono determinanti per la buona riuscita del progetto: l'operare a immediato e diretto contatto con gli abitanti, e l'interagire di ciascun museo con l'altro.

La proposta di Rivière è legata agli ecomusei. Perché non farla propria anche per i nostri musei di scrittori e musicisti? Come per gli artisti, nessuno più degli autori di letteratura o musica è costruito dal territorio in cui ciascuno di essi è vissuto o ha operato. Nessuno più di loro ha assorbito la voce di quel territorio ed è in grado, a propria volta, di dargli voce attraverso le opere.

La visione di Rivière applicata ai nostri musei può arricchire grandemente la loro "missione politica", sia perché potrebbe legarli più strettamente agli abitanti della regione, sia perché riceverebbe da questi ultimi nuovi impulsi per una diversa, rinnovata interpretazione dell'opera degli autori a cui i musei stessi sono intitolati: il loro lavoro sarebbe infatti considerato anche nei legami antropologici con il territorio. Uno scambio quanto mai fecondo.


Ricorro, qui, ad alcune immagini che, più e meglio di qualsiasi parola, illustrano questa analogia profonda tra la stratificazione e la tessitura di un territorio e i tratti che delineano il volto umano. Sono quattro opere di Tullio Pericoli, un importante artista italiano contemporaneo, e raffigurano altrettanti aspetti del paesaggio delle Marche, una regione dell'Italia centrale. Pericoli ha raccontato come una volta, fissando questo paesaggio, gli sia improvvisamente venuto di immaginare le case sulla collina come "generate dalla collina stessa, come se fossero emerse dal suo interno, come se dentro la collina ci fosse una sorta di forza, un seme nascosto che le aveva fatte sbocciare". Ecco, lo stesso vale, a mio parere, per le persone nate e vissute in un dato territorio, in particolare per alcune di loro: scrittori, musicisti, artisti, che quella linfa hanno assorbito forse più intimamente di altri, trasformandola poi in un'opera.

Per convalidare il mio esempio, ho scelto, accostandoli a due paesaggi, i ritratti di uno scrittore, Samuel Beckett, e di un musicista, Maurizio Pollini. Né l'uno né l'altro sono nati o vissuti nel territorio raffigurato da Pericoli, ma poco importa: il concetto sotteso nelle sue opere vale per ogni paesaggio, ed evidenzia, in modo molto preciso e quanto mai suggestivo, la somiglianza profonda che si legge tra il volto di un essere umano e il "volto" di una terra, a sua volta modellata da esseri umani.

Se ne può trarre, come conseguenza, che talvolta un intero territorio può essere considerato in quanto "autore". Ciò avviene quando il suo carattere è così pregnante e forte da sottendere e plasmare tutte le singole espressioni culturali che prendono forma entro i suoi confini. Tra esse, s'intende, anche la letteratura e la musica. Nonché i musei che ne conservano e trasmettono testimonianza.

Tutto questo ha un significato affatto particolare per l'Italia, dove il legame tra territorio e cultura appare più stretto che in qualsiasi altro paese, tanto da sembrare inestricabile. Lo testimonia inequivocabilmente anche un articolo della nostra Costituzione, scritta nel 1948: la prima al mondo in cui la tutela del patrimonio storico e artistico è legata a quella dell'ambiente. Quel testo, che ha rifondato il paese dopo le devastazioni della guerra, stabilisce che la tutela dell'ambiente non può essere scissa da quella dei beni culturali e va intesa quale "dovere inderogabile", da collegare direttamente - alla pari - con la libertà di pensiero e di parola.

Secondo i costituenti - scrive lo storico dell'arte Tomaso Montanari - il patrimonio italiano non è la somma amministrativa dei musei, delle singole opere e dei monumenti, dei luoghi di cultura, bensì "una guaina continua che aderisce al territorio come la pelle alla carne di un corpo vivo". Ritorna, qui, ancora una volta, l'analogia e lo stretto legame tra corpo e territorio.


Non va dimenticato che in Italia il rapporto tra cittadini e Stato, è sempre stato ed è rimasto difficile, impregnato di diffidenza, mediato nel migliore da casi dal rapporto più stretto e molto "sentito" che i singoli stabiliscono con la propria città e soprattutto con il territorio.

Nel 1970, nel quadro di una politica che mirava al decentramento, lo Stato ha istituito le Regioni, così adempiendo il mandato costituzionale e interpretando l'auspicio profondo dei cittadini. In quel contesto, la Regione Emilia-Romagna ha creato, secondo i dettami della Costituzione, un esempio di assoluta avanguardia nel legare i beni culturali al territorio, dando vita nel 1974 all'Istituto regionale per i beni artistici, culturali e naturali (IBC). Un modello subito dimostratosi valido, al punto che, di lì a poco, lo Stato a sua volta istituirà, a livello nazionale, il Ministero per i beni culturali e ambientali, testimoniando in tal modo che l'istanza di tutelare e salvaguardare il patrimonio culturale nasce primariamente dal territorio.

A partire dal motto di Andrea Emiliani, uno dei padri fondatori dell'IBC, "censire per conoscere, conoscere per salvaguardare", i tre assi principali lungo i quali si è svolto il lavoro progettuale, e poi operativo, dell'Istituto sono stati: il censimento, la divulgazione e il coinvolgimento, la formazione.

Non appena reso operativo, l'Istituto ha infatti avviato una vastissima opera di ricognizione e catalogazione dell'intero patrimonio culturale e paesaggistico regionale, al fine di mettere le informazioni raccolte a disposizione degli studi e delle politiche di programmazione. Contestualmente, ha avviato una capillare opera di divulgazione dei valori e dei principi di manutenzione, preservazione e difesa civile del patrimonio, rendendo consapevoli in primo luogo le amministrazioni locali della fondamentale importanza di "armarsi" per conservare e valorizzare i propri "beni".

Sono stati inoltre affiatati tra loro i nuclei di ricerca, operanti secondo il miglior approccio interdisciplinare. E poiché lo scopo primario dell'impresa era promuovere la percezione diffusa dei beni culturali e ambientali, fin dalla fase iniziale le popolazioni locali sono state coinvolte nella gran parte dei lavori. Per questo motivo, è stato di fondamentale importanza affiancare al censimento e alla divulgazione l'istituzione di corsi di formazione per operatori culturali, ossia per coloro che avrebbero preso possesso del territorio diffondendo a propria volta, ovunque fossero andati a operare, consapevolezza di ciò che significa, per ciascun cittadino, "bene culturale".

Per quanto riguarda il solo settore museale, un dato testimonia il successo dell'impresa: nel 1972, la prima anagrafe dei musei in Emilia-Romagna ne contava 130; oggi sono quasi 400. Ma il vero grande successo consiste nel fatto che, attraverso l'Istituto ("cuore sociale e civile dell'impresa"), il territorio ha saputo dare vita e forma concreta a una propria, originale cultura, pionieristica e rimasta a lungo unica in Italia. Una cultura connotata dalla storica vocazione regionale all'associazionismo, forse anche sollecitata dalla stessa forma geografica dell'Emilia-Romagna: una grande pianura triangolare, tra il fiume Po e i rilievi montuosi degli Appennini. Una configurazione che ha originato nel tempo una rete viaria e un'organizzazione del territorio "a maglia stretta" dove, quasi di necessità, il successo di ogni produzione (anche culturale) è intimamente vincolato alla cooperazione.

Se nella prima fase la parola d'ordine dell'Istituto è stata "conoscere per conservare" (ovvero: conoscere il territorio per conservarne i beni), quella della fase successiva, guidata negli anni Novanta dal nuovo presidente Ezio Raimondi, può essere sintetizzata nella formula "mettere in rete per creare intese". Vero è che anche in altre regioni italiane, oggi, esistono ottime reti museali; quelle create in Emilia-Romagna, tuttavia, hanno una specificità, ed è il motivo per cui le porto all'attenzione dei colleghi del Comitato internazionale: non sono semplicemente dettate dall'utilità, bensì rispecchiano e rappresentano una consolidata cultura del territorio. Una differenza che il visitatore attento non mancherà di percepire.


Vengo, così, alle nostre case e ai nostri musei di scrittori e musicisti, per fissare lo sguardo su due esempi recenti. Sul versante letterario, concentrerò l'attenzione sul coordinamento creato da alcuni anni tra le case degli scrittori di Romagna. Nell'ambito musicale darò conto di un progetto di rete entrato in funzione da pochissimo tempo: "Un Sistema Armonico".

La regione che si estende da Rimini a Piacenza è una delle più ricche, in Italia, di case e musei dedicati agli scrittori, seconda soltanto alla Toscana. Una piccola ma suggestiva guida, dal titolo Dove i libri nascono. Per una geografia della scrittura in Emilia e Romagna, ha elencato e descritto, di recente, una trentina di "luoghi letterari". 1 Soltanto quattordici di questi sono vere e proprie case o musei aperti al pubblico, e tra essi primeggia il solenne museo che, nella città di Bologna, fu dimora di Giosuè Carducci, il poeta premio Nobel nel 1906. Lui ancora vivo, la casa fu meta di pellegrinaggi intellettuali, e tale in certo modo ancora è: un caposaldo letterario sul territorio, in particolare per il ruolo molto influente esercitato da Carducci uomo pubblico e professore all'università.

Tuttavia, per illustrare la vita letteraria quale è fiorita nell'intera regione, credo sia più rivelatore offrirne una visione di insieme che non distingua tra musei veri e propri, case aperte al pubblico, centri di documentazione o dimore in cui uno scrittore o una scrittrice hanno vissuto sebbene di lui o di lei non rimanga altro che una targa... Nello spirito che abbiamo descritto poc'anzi, il territorio prende a rivivere attraverso tutti questi "punti luce", siano o non siano ufficialmente riconosciuti. Anche i più piccoli, i meno strutturati, costituiscono una ricchezza ed è più che doveroso segnalarli facendo in modo che al turista o allo studioso sia comunque offerta la possibilità di (ri)conoscerli. Forse non si tratta, qui, di vere e proprie "antenne": in alcuni casi sono modesti segnavia, ma anche questi contribuiscono a marcare e a rendere vivo il territorio.

Nel 2008, in Romagna, sette case che furono di poeti e scrittori (alle quali da poco se ne è aggiunta un'altra) hanno spontaneamente creato un coordinamento che ha carattere informale e consultivo: il suo compito è condividere progetti collettivi e realizzare iniziative comuni, promuovendo manifestazioni e valorizzando i singoli giacimenti, specie archivistici, in stretto collegamento con tutti i soggetti e gli istituti che si occupano delle tradizioni culturali del territorio. Ciascuna di queste case ospita infatti, presso di sé o in istituzioni locali, veri e propri tesori documentari, preziosi per la conoscenza del singolo autore e più ancora per gettare uno sguardo oltre le pareti della sua casa, verso il fitto intreccio dei rapporti umani e intellettuali che consentono di ricostruirne l'attività.

La rete delle "Le Case Museo dei poeti e degli scrittori di Romagna" ha prodotto anche un bel CD interattivo, che propone un fascinoso itinerario tra una casa e l'altra, e nel 2011 è nato un portale web che offre le necessarie informazioni sulle iniziative e i progetti condivisi, oltre che su ciascuna singola casa: www.casemuseoromagna.it. Anche in questo caso, le molte piccole "postazioni" - le nostre antenne - diventano tanto più eloquenti quando si presentano sulla scena l'una accanto all'altra.

La maggior parte di questi letterati non sono molto noti fuori d'Italia, tranne forse Giovanni Pascoli, uno dei padri della moderna poesia italiana, vissuto a cavallo dei due secoli scorsi, la cui casa natale è particolarmente interessante anche ai fini della conoscenza del territorio. Tuttavia anche le case di autori reputati "minori" sono autentiche piccole Wunderkammern. Se confrontata ai grandi centri urbani della letteratura europea, se ne ricava l'immagine di una "provincia" letteraria, che mette tuttavia in luce - anche solo attraverso l'impatto visivo - un'Italia forse più appartata, ma non per questo meno ricca culturalmente: anzi, quanto mai viva, attenta e aperta al mondo esterno, sia esso umano, culturale o naturale. "Una provincia del mondo", come la definisce Ezio Raimondi: "Un modo di essere che va riconosciuto nella sua composita e mobile individualità".

Quanto all'ambito della musica, l'Emilia-Romagna ha varato da pochissimo tempo uno straordinario progetto, intitolato "Un Sistema Armonico": una rete che mette per la prima volta in connessione i patrimoni musicali conservati in oltre 40 istituzioni dedicate alla musica nella regione. Tra queste: musei, collezioni, biblioteche, archivi, conservatori, laboratori artigiani. Si tratta di un itinerario multimediale, articolato in sette percorsi di esplorazione, insieme digitale e reale ( www.ibcmultimedia.it/theme/musica/). Il sito è di facile accesso e la visita è molto stimolante; mi limito a citare i titoli dei sette percorsi:

· personaggi e luoghi

· musei della musica

· collezioni e strumenti musicali

· liuteria

· musica popolare

· strumenti musicali meccanici

· riproduzione del suono.

Musei e collezioni sono illustrati da brevi testi, da una ricca documentazione fotografica, link a banche dati e ad altri siti. Di particolare interesse sono i venti video in cui esperti e testimoni eccellenti inquadrano i protagonisti e raccontano i momenti più significativi della storia musicale in Emilia-Romagna. 2

Vero è che si tratta di un percorso on line, in cui i musei dei compositori hanno una parte di rilievo, ma non occupano l'intera scena. Mi sembra tuttavia importante segnalare il progetto ai colleghi dell'ICLM per due ragioni. Innanzi tutto, perché il "ritorno" ai musei (calcolato anche in numero di visitatori) è di grande rilievo. A testimoniare che, se è vero che il territorio alimenta l'artista, oggi è altrettanto vero che il mondo virtuale sollecita e alimenta il visitatore. In secondo luogo, perché ne viene un messaggio molto importante proprio alla luce di quanto ho esposto sopra: la singola composizione non nasce mai isolata nella testa di un autore o di un'autrice geniale, ma si nutre del fittissimo intreccio di culture materiali e immateriali che nelle loro persone s'incontrano.

I beni che impariamo a conoscere lungo questo itinerario sono molto diversificati: strumenti, materiale documentario legato a musicisti, compositori, direttori d'orchestra e cantanti, spartiti e libretti, registrazioni audio e video di brani musicali, concerti, spettacoli di danza. Rientrano tra i beni musicali anche tutti gli strumenti e gli oggetti legati alla riproduzione del suono e della voce. Vi figurano, infine, le dimore storiche, con i loro arredi, dipinti e ritratti, e i teatri d'opera. A proposito di questi ultimi, ricordo che alla metà del secolo XIX, in questa regione, ne erano attivi oltre 90, capaci di ospitare da 500 a 2500 spettatori: una platea immensa.

L'Emilia-Romagna è la patria di Giuseppe Verdi, forse il più celebre compositore operistico italiano, la cui casa è un museo. Così come lo è la casa dell'altrettanto famoso direttore d'orchestra Arturo Toscanini, a Parma. Città in cui qualche anno fa è stato creato un complesso museale di straordinario interesse, la Casa della musica. Raggruppa in sé tre musei, molto attivi: il Museo dell'opera, la Casa natale di Arturo Toscanini (appunto) e l'innovativa Casa del suono. Anche questo insieme è in qualche modo impostato secondo il medesimo principio di "Un Sistema Armonico": l'opera del singolo compositore, così come quella del singolo letterato, nasce inevitabilmente entro un contesto di sinergie, e di esse si nutre.

Un contesto ambientale e culturale che in questa regione appare particolarmente coeso, confermando la prepotente vocazione associativa che la caratterizza. A formare un territorio che, in ogni ambito creativo, si presenta in veste di autore: la voce del quale prorompe, amplificata, dalle poderose antenne che sono i suoi musei.


Note

( 1) Dove i libri nascono. Per una geografia della scrittura in Emilia e Romagna, a cura di M. Guarino e O. Piraccini, Bologna, Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna, 2012.

( 2) Si veda anche il volume: Un Sistema Armonico. Immagini dai musei e dalle collezioni musicali dell'Emilia-Romagna, a cura di I. Fabbri e M. Guarino, fotografie di A. Scardova, Bologna, Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna, 2014.


Desidero ringraziare vivamente Micaela Guarino e Orlando Piraccini dell'IBC per avermi aiutato con estrema generosità nel mettere a fuoco - e su carta - le idee che ho voluto condividere con professionisti museali di tutta Europa.

 

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