Rivista "IBC" XXII, 2014, 4
musei e beni culturali / convegni e seminari, leggi e politiche, progetti e realizzazioni
Questo intervento della responsabile del Servizio musei e beni culturali dell'IBC è stato pubblicato in occasione del convegno "Tutela e valorizzazione dei beni culturali tra centro e periferia. Per i 40 anni dell'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna" (Bologna, Oratorio di San Filippo Neri, 6 novembre 2014).
Passare in rassegna i punti salienti della storia quarantennale dell'IBC per dare conto della lunga, varia e ampia attività dell'Istituto, dovrebbe avere non tanto una finalità celebrativa o di autocritica, quanto fungere da base conoscitiva per ridisegnarne le finalità. Una verifica delle plurime e diversificate attribuzioni, che si sono venute accumulando nell'arco di 40 anni, potrebbe anche risultare utile al fine di una loro razionalizzazione, se necessaria.
Il compito di tracciare questo percorso non è facile, poiché si tratta di essere sintetici, cogliendo le questioni essenziali senza trascurare il racconto delle tante esperienze positive e dei molteplici coinvolgimenti dell'Istituto.
Si è operato per sostenere il progresso della conoscenza, per favorire l'integrazione tra gli istituti culturali che compongono il sistema regionale, per il miglioramento continuo del livello della qualità dei servizi e per facilitare il godimento del patrimonio da parte della collettività mediante studi, ricerche, censimenti, catalogazione, automazione, conservazione e restauro, consulenza tecnico-scientifica, formazione specialistica, promozione e valorizzazione attraverso convegni, eventi, manifestazioni espositive, pubblicazioni a stampa e multimediali, social media, progetti speciali nazionali ed europei, gestione delle leggi di settore.
La messe delle attività e delle iniziative, se si dovessero elencare tutte in dettaglio per completezza di informazione, rischierebbe di dare l'immagine di un ente costituito da personale competente, appassionato e volonteroso, che si prodiga a offrire risposta a ogni sollecitazione, ma per ciò stesso afflitto da scarsa coerenza. Troppo di tutto genera frammentazione e dispersione, perdita di identità e conseguente indebolimento strutturale.
Se si decidesse di sopprimere l'IBC quale organismo autonomo, richiamando il personale all'interno degli uffici regionali, oppure se si rimanesse in attesa della sua naturale estinzione entro una o due legislature - dal momento che i funzionari specialisti in beni culturali stanno per raggiungere l'età del pensionamento - sarebbe altresì opportuno chiedersi chi, come e con quali costi, svolgerebbe le funzioni finora espletate dall'Istituto.
Gli amministratori locali, principali beneficiari dell'assistenza tecnico-scientifica dell'IBC, sarebbero costretti ad assoldare costosi consulenti esterni, peraltro necessariamente privi di una visione a 360° del sistema di relazioni culturali e sociali a scala regionale, oppure dovrebbero rinunciare a essere coadiuvati nell'opera di conoscenza, salvaguardia e valorizzazione del proprio patrimonio, in attesa di tempi migliori.
Prima di ipotizzare riforme e ristrutturazioni, varrebbe tuttavia la pena appurare se il sostegno al settore dei musei e del patrimonio culturale risponda a esigenze reali della collettività e se l'ente Regione, con ruolo di indirizzo e di governo, e le amministrazioni locali, erogatrici di servizi ai cittadini, ritengano i servizi culturali un bene necessario, cioè welfare primario, oppure un lusso non più sostenibile o, semplicemente, materia irrilevante.
Tale riflessione è indotta anche dai recenti provvedimenti legislativi emanati dalla Regione per il riassetto territoriale e la definizione degli ambiti ottimali entro i quali gli enti locali debbono obbligatoriamente esercitare una serie di funzioni in forma associata. 1
Tra le funzioni individuate non figurano quelle direttamente riconducibili all'ambito culturale, a meno che queste non si vogliano ritenere assimilabili ai servizi sociali, considerato l'impegno di musei e istituti culturali a favorire la partecipazione attiva dei cittadini, l'inclusione sociale, la crescita dell'integrazione e lo sviluppo delle competenze degli individui. 2
Affinché la cultura possa fungere da lievito per favorire l'innovazione e la creatività e contribuire a uno sviluppo sociale armonico dei territori è opportuno avere indirizzi precisi sul modello di governo che s'intende applicare al settore del patrimonio culturale, ribadendo il significativo ruolo che gli istituti culturali ormai da tempo rivestono quali agenti di sviluppo sociale.
Al contrario, il computo delle risorse (umane, strumentali e finanziarie) effettivamente allocate al settore indica che il patrimonio culturale non è stato finora ritenuto un asset strategico.
È vero che gli amministratori hanno dimostrato sensibilità e impegno nel recupero del patrimonio architettonico storico loro affidato, investendo cifre consistenti nel restauro di edifici a destinazione museale, ma è anche vero che spesso si è pensato esclusivamente al risanamento del "mattone", trascurando di verificare l'effettiva sostenibilità del progetto e di valutare i costi permanenti della successiva gestione, facendo così aumentare indiscriminatamente il numero delle realtà a carattere culturale.
Si è assistito a un avanzamento in ordine sparso, con il risultato di veder germogliare molte iniziative, talora palesemente destinate a fiorire per una sola stagione, iniziative che hanno ampliato a dismisura la platea dei potenziali beneficiari delle risorse regionali, senza un disegno unificante che rendesse significativa e irrinunciabile l'esistenza dei singoli tasselli.
Tale fioritura caduca non si è attuata con la volontà e il sostegno dell'Assessorato regionale alla cultura e dell'IBC, ma piuttosto grazie all'impiego di fondi resi disponibili negli ambiti più disparati: attività produttive, agricoltura, turismo, programmazione, con l'effetto dispersivo facilmente intuibile, in assenza di un'efficace logica di sistema e di precisi impegni che garantissero una gestione adeguata e continuativa dei beni.
È pertanto indispensabile, per il futuro, fare chiarezza sulla questione prioritaria: quale visione la Regione Emilia-Romagna ha maturato nei confronti di questo delicato settore?
A partire dalla sua nascita, l'IBC, come delineato nel libro di Andrea Emiliani Una politica dei beni culturali, ha lavorato attivamente sul fronte della conoscenza e dello studio del territorio sulla base di un concetto di bene culturale molto ampio e innovativo. 3
Ciò che ha distinto l'Istituto fin dagli esordi è stato l'interesse a studiare e censire tutti gli ambiti del patrimonio, anche quelli ancora trascurati dalla tutela dello Stato, impiegando metodologie in anticipo sui tempi per costruire, tessera dopo tessera, una visione organica della nostra eredità culturale.
Tale visione ha consentito di avviare una serie di censimenti dei beni culturali diffusi, che hanno formato una piattaforma di conoscenza delle risorse presenti unica nel suo genere. Successivamente tale base di dati è stata periodicamente ampliata, aggiornata, digitalizzata e inserita sul web per darle la massima accessibilità e oggi costituisce, senza dubbio, il sistema informativo sul patrimonio regionale più completo e articolato a disposizione.
La prima fase di lavoro, soprattutto agli esordi degli anni Ottanta, si è concentrata su ampie indagini trasversali, di marcato orientamento tematico, con il fine di incrementare e affinare il sapere relativo ai beni archeologici. Coprendo l'intero territorio regionale, oppure in forma di saggi di approfondimento su aree omogenee o intorno a momenti storicamente nodali dell'organizzazione della cultura, si voleva che esse assumessero un carattere di "esemplarità" e contribuissero in modo fattivo a migliorare l'assetto delle istituzioni conservative locali.
Magistrali in tal senso, anche per l'impulso e l'impegno in prima persona di alcuni dei fondatori e primi amministratori dell'IBC, sono rimaste iniziative quali la ricognizione del patrimonio epigrafico regionale, i cui esiti hanno dato luogo a una cospicua messe di apporti scientifici su raccolte museali e lapidari (esemplare, fra altri, il riallestimento del Lapidario del Museo della Città a Rimini). Censimenti generali e catalogazioni preliminari hanno toccato altri vasti universi patrimoniali, come i fondi orientalistici oppure i materiali medievali sparsi e, ancora, i nuclei etnografici in possesso di musei e di altre istituzioni della regione, censimento quest'ultimo che deve considerarsi il vero antesignano del più recente progetto "ETNO" sui materiali extraeuropei in area emiliano-romagnola.
Anche prima della promulgazione delle leggi di settore - le leggi regionali 42/1984 (biblioteche) e 20/1990 (musei) - l'IBC ha lavorato attivamente in collaborazione con gli operatori culturali del territorio per il recepimento di una cultura condivisa, che ha reso consapevoli le amministrazioni locali della fondamentale importanza di conservare e valorizzare i propri "beni" e le proprie istituzioni culturali.
Alcuni esempi, che non hanno ambizione di esaustività, possono servire a illustrare l'approccio seguito dall'Istituto nei primi quattro decenni di lavoro.
Intorno agli anni Sessanta e Settanta del Novecento si fece strada la volontà di riaprire i teatri storici, di conoscerli, di recuperarli intellettualmente e materialmente, di dar loro gli strumenti per una corretta gestione e la possibilità di inserirsi in un panorama nazionale e internazionale. L'ATER - Associazione teatrale Emilia-Romagna chiese esplicitamente all'IBC, da poco fondato, di condurre un'indagine su questo patrimonio di cui, a parte alcune formidabili emergenze, poco si conosceva nel suo complesso. I teatri storici dell'Emilia-Romagna, edificati tra il XVII e la prima metà del XX secolo, rappresentano un bene culturale tanto affascinante quanto complesso: patrimonio architettonico e d'arte, luogo di sedimentazione di specifiche conoscenze tecniche, spazio in cui si materializza quella sintesi di arti che si esprime nella rappresentazione scenica.
Nel 1994-1995, a distanza di quindici anni, ci si rese conto che era necessario aggiornare il primo censimento, anche per valorizzare l'impegno di quelle amministrazioni locali che si erano adoperate per il recupero di molte sale o per la messa a norma degli impianti, così come richiedeva la normativa sulla sicurezza nei luoghi di pubblico spettacolo. Restaurare un teatro significa, fra l'altro, progettare nuove scale e uscite di sicurezza, provvedere a un adeguato isolamento dagli edifici adiacenti, realizzare una nuova impiantistica, nonché camerini, sale prove e altri servizi. Tale compito è tanto più arduo quanto più il teatro è antico, magari ricavato all'interno di un altro edificio (per esempio la residenza municipale), con una distribuzione degli spazi tale da rendere impraticabile ogni soluzione diversa dall'originale.
La particolare sensibilità dimostrata dalle amministrazioni locali verso questo ingente patrimonio, nonché la necessità di procedere all'adeguamento alle norme di sicurezza, hanno fatto sì che nel tempo un gran numero di teatri siano stati sottoposti a restauro e a interventi conservativi, in alcuni casi globali, in altri parziali, strutturali o di messa a norma. La complessità e la varietà degli interventi, la diversificazione delle tecniche e delle soluzioni adottate, l'impegno degli enti proprietari particolarmente attenti al recupero e alla restituzione alle funzioni originarie di tali edifici, hanno costituito le linee guida dell'indagine condotta dall'IBC nel 1995.
L'IBC tiene aggiornata con continuità la banca dati relativa ai teatri storici, in modo da dare conto dei numerosi interventi di recupero e salvaguardia condotti dagli enti proprietari, anche rilevando edifici teatrali non registrati nei precedenti censimenti. Attualmente sono inseriti in banca dati 96 teatri storici ma il loro numero è destinato ad aumentare alla luce dei dati rilevati recentemente, con i quali si superano i 110 edifici censiti.
Alla fine del 1987 l'IBC diede alle stampe un ricco e ponderoso repertorio frutto della triennale attività di un gruppo di specialisti: Cultura ebraica in Emilia-Romagna, a cura di Simonetta M. Bondoni e Giulio Busi. Attraverso un migliaio di schede redatte con cura e rigore scientifico, uniti a una straordinaria passione, si tentava allora di ricostruire per la prima volta il complesso panorama della cultura ebraica dal XIV secolo fino all'emancipazione avvenuta nel 1860 con l'Unità d'Italia.
Il patrimonio riscoperto risultò di eccezionale interesse. Le singole schede, che talvolta assumevano la forma e la discorsività di piccoli saggi, restituirono con straordinaria efficacia la vita e le abitudini degli ebrei italiani che vissero in Emilia-Romagna, recuperando la memoria di luoghi comunitari e di residenza, rilevando oggetti rituali pubblici e privati, libri e manoscritti in lingua ebraica, indagando le attività professionali e artigianali, fino ai provvedimenti giuridici e polizieschi che regolavano l'esistenza delle comunità, ricostruendo un milieu culturale di inconsueta complessità. I rapporti tra ebrei e cristiani in Emilia-Romagna sono stati contraddistinti nel tempo da attriti, incomprensioni, cacciate e segregazioni, ma anche da pacifica convivenza e tolleranza: ai divieti si sono alternati privilegi e talvolta la diversità è divenuta motivo di reciproca benefica influenza.
Da quella prima indagine, nell'arco di oltre trent'anni, le iniziative volte all'approfondimento della conoscenza di questa specifica cultura si sono moltiplicate a ritmo serrato, per volontà sia di istituzioni accademiche che della Regione attraverso l'IBC. In particolare la realizzazione dell'innovativo Museo ebraico di Bologna - inaugurato nella primavera del 1999 e retto da una fondazione costituita da Regione, Provincia, Comune e Comunità ebraica di Bologna - ha notevolmente contribuito a diffondere e approfondire la conoscenza del patrimonio culturale ebraico sia nell'ambito regionale che extraterritoriale, attraverso mostre, convegni, conferenze, concerti, visite guidate e viaggi di studio.
Come ebbe a dire il professore Ezio Raimondi aprendo un convegno sulla conservazione dei cimiteri ebraici al Salone di Ferrara nel 2002, l'IBC a un certo punto ha intrapreso questa importante esplorazione come se fosse "una sorta di viaggio per cercare di riportare dentro quella che è la coscienza collettiva della nostra regione, e più in generale del nostro paese, una parte straordinariamente viva, anche nelle lacerazioni" e, di capitolo in capitolo, questa esplorazione si è estesa, dando copiosi frutti.
Proseguendo la linea intrapresa negli anni Settanta con i patrimoni degli Istituti pubblici di assistenza e beneficenza (gli IPAB), un importante filone di ricerca è stato dedicato ai patrimoni culturali delle aziende sanitarie e ospedaliere del territorio regionale. Una storia plurisecolare, che ha visto la cura passare progressivamente, dagli ordini religiosi e dalle confraternite, a istituzioni pubbliche, fino ad arrivare alle attuali aziende, portando sotto la loro gestione un patrimonio immenso fatto di architetture storiche, beni storico-artistici, bibliografici e archivistici, scientifici.
Dall'inizio degli anni Novanta questo settore è stato oggetto di campagne conoscitive, di studi specifici, di interventi di restauro, di iniziative volte a migliorarne la gestione e la fruizione: le campagne di catalogazione e documentazione fotografica (AUSL Ferrara, 1998), le mostre "Non solo pietà" (1997) e "Settecento riformatore a Faenza" (1999-2000), la collaborazione al progetto europeo "PAPHE - Presente e avvenire del patrimonio ospedaliero europeo" coordinato dalla Francia ("Cultura 2000") e alla realizzazione della relativa guida: Il patrimonio ospedaliero. Un percorso attraverso l'Europa (2001).
La tappa più impegnativa e significativa di questo lavoro è stata la mostra che ha ricapitolato anni di ricognizioni, censimenti, attività di catalogazione e restauro: "Le Arti della Salute. Il patrimonio culturale e scientifico della sanità pubblica in Emilia-Romagna" (Bologna, Museo civico archeologico e Museo della sanità e dell'assistenza, 2005), sulla base della quale è stato realizzato l'omonimo DVD (2011). La catalogazione di questi beni confluirà a breve nel Catalogo del patrimonio culturale consultabile on line sul sito dell'IBC.
Tra gli ambiti ai quali l'IBC si è da sempre dedicato con continuità, figura l'artigianato artistico, sia per gli aspetti legati al restauro e alla conservazione, sia per quelli che riguardano gli altri mestieri artistici e la loro produzione. Tra i primi lavori realizzati, il documentario video Il ferro battuto e la bottega Prata di Bologna (1993). Agli anni Ottanta risale la firma del protocollo d'intesa tra l'IBC e la Commissione regionale artigianato (CRA) per la realizzazione di un programma di iniziative volte alla conoscenza, allo studio e alla valorizzazione dell'artigianato artistico in Emilia-Romagna, tra le quali: un seminario progettuale per un gruppo di ceramisti "Artigianato & Progetto", in collaborazione con l'Istituto superiore per le industrie artistiche di Faenza, tenuto dai designer Ugo La Pietra e Cristiano Toraldo con produzione di opere esposte ad "Abitare il Tempo" a Verona (1990); un'indagine sui ceramisti, sulla base della quale è stata pubblicata la Guida agli artigiani ceramisti dell'Emilia-Romagna (2000); una ricerca sugli orologi da torre e da campanile, sulla base della quale è stato pubblicato il volume Macchine orarie (2000).
Il lavoro di approfondimento ha riguardato in seguito altre lavorazioni artigianali artistiche:
· la liuteria: in collaborazione con il Comune di Pieve di Cento, è stato organizzato il convegno "I luoghi della liuteria" (Pieve di Cento, 1996); in collaborazione con la Confederazione nazionale dell'artigianato (CNA) è stata realizzata la mostra "Il Suono di Bologna. La grande liuteria bolognese del Novecento" (Bologna, 2002) e altre iniziative, tra cui una guida sull'artigianato artistico bolognese;
· il mosaico: l'IBC ha fatto parte del gruppo di progetto/comitato scientifico che ha creato il Centro internazionale di documentazione del mosaico di Ravenna (2000-2001). In collaborazione con la CRA, è stata condotta la ricerca che ha prodotto il volume L'immagine e il frammento. Il mosaico in Emilia-Romagna (versione bilingue italiano-inglese, 2004);
· la ceramica: a questa tecnica e alle opere realizzate, d'intesa con il Museo internazionale della ceramica di Faenza (MIC), tra 1995 e 2000 è stata dedicata una lunga attività di catalogazione sperimentale che ha prodotto specifici campi all'interno della scheda catalografica ministeriale OA. Al MIC l'IBC ha svolto inoltre un'intensa attività formativa nel campo della documentazione fotografica. Questo impegno ha dotato il museo della capacità documentario-gestionale prevista dall'applicazione della prima legge regionale sui musei. La catalogazione è poi proseguita e costituisce uno dei nuclei più ampi del Catalogo del patrimonio culturale sul sito web dell'IBC;
· il teatro delle figure animate: l'applicazione della legge 20/1990 sui musei ha consentito di realizzare numerosi interventi che, insieme a specifiche ricognizioni, hanno permesso di restaurare burattini, marionette, fondali, copioni, di collaborare all'incremento delle collezioni pubbliche, di indagare e far conoscere questo patrimonio a un pubblico più ampio; si possono citare in proposito: la mostra e la pubblicazione intitolate "Chi è di scena? Baracche, burattini e marionette dalle collezioni emiliano-romagnole" (Salone del restauro di Ferrara e Museo civico archeologico di Bologna, 1999); il DVD Chi è di scena! Burattini e marionette in Emilia-Romagna (2009); i filmati Chi è di scena? (2010) e Romano Danielli e la tradizione dei burattini a Bologna (2013), entrambi realizzati per LepidaTv.
La salvaguardia e la valorizzazione dei tessuti antichi conservati in Emilia-Romagna sono stati due obiettivi perseguiti con costanza dall'IBC. Capillarmente diffuso su tutto il territorio regionale, questo importante patrimonio è stato oggetto di iniziative di censimento, catalogazione, conservazione, restauro e riallestimento, che hanno interessato tutta la regione e in particolare i nuclei più rilevanti, ossia il Museo civico d'arte di Modena (Collezione "Gandini") e il Museo civico medievale di Bologna, che detengono fondi di assoluto rilievo nazionale.
Analogamente l'Istituto, forse primo in Italia, ha affrontato in modo sistematico il tema delle collezioni di manufatti provenienti da culture extraeuropee. Il progetto "ETNO" ha fatto affiorare un patrimonio ricco e vario, distribuito capillarmente in una trentina di musei, che grazie alle cure dell'IBC, in accordo con i detentori delle collezioni, è stato salvaguardato ed è divenuto stabile strumento per le politiche di integrazione.
Patrimoni singolari come le case museo degli scrittori sono stati studiati e valorizzati da iniziative come la piccola guida Dove i libri nascono. Per una geografia della scrittura in Emilia e Romagna (2012), uno strumento agile per andare a scoprire questi luoghi di memoria.
L'Istituto ha costantemente improntato le sue azioni di valorizzazione e promozione anche all'arte contemporanea (secoli XIX-XXI) in osmosi con gli indirizzi ministeriali, trovandosi ad attuarne gli orientamenti o, talvolta, ad anticiparne le strategie. Nel 2002 il Ministero dei beni e delle attività culturali, in accordo con la Conferenza Stato-Regioni, dava vita al Piano per l'arte contemporanea previsto dall'articolo 3 della legge 23 febbraio 2001 numero 29: a questo piano, attivato per la prima volta in forma sperimentale, l'IBC ha contribuito in termini di stesura del testo e di successive azioni concrete.
L'IBC ha scelto quindi di considerare le arti dell'età contemporanea come un bene culturale prezioso, da valorizzare e promuovere, attraverso censimenti, ricerche, documentazioni, banche dati, pubblicazioni, convegni, workshop, mostre, articoli, mostre virtuali, collaborazioni istituzionali, progetti integrati e europei, affinché la geografia delle arti visive in Emilia-Romagna affiori come una mappa completa e interrelata dei luoghi d'arte che la compongono. Con lo sguardo volto alle contingenze nazionali e globali, l'IBC afferma la necessità di conoscere i luoghi, gli eventi e le trasformazioni dell'arte, in particolare della cosiddetta "arte pubblica", partendo dalla consapevolezza che sono parte integrante del paesaggio e ne determinano la morfologia estetica.
L'IBC ha dedicato ampio spazio anche ai significativi patrimoni musicali pubblici e privati presenti nelle collezioni e nei musei dell'Emilia-Romagna: una primissima ricognizione, sfociata in una mostra di testi e immagini, risale al 1995, ma è soprattutto negli ultimi due anni che si è sviluppato e approfondito questo lavoro finalizzato anche a far conoscere luoghi che conservano e tramandano la memoria dei musicisti che vi hanno vissuto. Da un censimento e da una significativa raccolta di documenti, fotografie e testimonianze di studiosi ed esperti è nato "Un Sistema Armonico. Suoni, immagini e racconti dai musei e dalle collezioni musicali dell'Emilia-Romagna", percorso multimediale fruibile sul sito dell'IBC e prima sperimentazione del nuovo strumento IBC multimedia, che consente di raccontare in modo interattivo e globale percorsi tematici culturali. Un weekend musicale e una mostra fotografica (Bologna, Palazzo d'Accursio, 2-9 dicembre 2014) sono le prime tappe di un percorso destinato a valorizzare e diffondere la conoscenza di questo patrimonio.
Negli anni Ottanta, ad ampliare il raggio di azione dell'IBC furono le grandi mostre realizzate con la Pinacoteca nazionale di Bologna: "Nell'età di Correggio e dei Carracci" (1986), in collaborazione con il Metropolitan Museum di New York e la National Gallery di Washington, e "Guido Reni" (1988-1989) con il Los Angeles County Museum e il Kimbell Art Museum di Fort Worth. L'IBC collaborò attivamente con la Regione anche per il programma di iniziative "Meet Emilia-Romagna. Past and present of italian style" a San Francisco (1987). Nel tempo i rapporti con l'estero sono stati sempre più sviluppati e rafforzati attraverso i progetti europei.
Le grandi mostre sopra citate - le prime in Italia a superare la soglia dei centomila visitatori, e a dar vita a prestigiosissime partnership con musei europei e d'Oltreoceano, anche come garanzia di lunga circuitazione in una molteplicità di sedi - hanno costituito un vero e proprio banco di prova per verificare la capacità dell'IBC di proporre forme gestionali e modalità di comunicazione inedite. Si allude, per esempio, alla costituzione dei comitati organizzatori, che assumevano la responsabilità e la gestione amministrativa dei fondi pubblici e privati destinati alle iniziative, assicurando una rapidità e un'elasticità operativa altrimenti impossibili per gli enti pubblici promotori. Si è inoltre favorito e realizzato il consolidamento di reti di relazioni con soggetti privati, le cui forme di sponsorizzazione e di intervento si sono poi materializzate in modo del tutto inusuale per quei tempi, sul piano dei restauri e dei servizi di mostra (assistenza al pubblico, guardiania, trasporti e logistica, assicurazioni, servizi educativi e di comunicazione).
Sempre a cura della struttura operativa sin qui descritta, che ha costantemente assistito per conto dell'IBC l'attività di tali comitati, si deve inoltre citare la produzione di una delle prime audioguide al servizio dei visitatori (realizzata per la mostra "Guido Reni", in collaborazione con la società Diokema di Bologna) e la realizzazione di alcuni fra i primissimi programmi didattici multimediali utilizzati nell'ambito di iniziative espositive (per la stessa mostra, in collaborazione con l'IBM), anche con l'uso di touch screen (per la mostra "Guercino", in collaborazione con l'IBM).
È questo il terreno di coltura da cui ha preso forma l'idea di istituire una serie di società miste, a partecipazione pubblica e privata (Poleis, CRC, PromoRestauro, AICER), ciascuna delle quali destinata a mettere in campo attività e iniziative in uno specifico dominio d'azione - la conservazione delle città storiche, la catalogazione digitale del patrimonio, il tema del restauro e il Salone di Ferrara, l'organizzazione e la gestione di eventi culturali ed espositivi - come altrettanti bracci operativi dell'istituzione pubblica, in grado di rispondere meglio alle esigenze di versatilità e mobilità poste allora dai modelli economici che invocavano un ingresso concreto dei beni culturali nell'area della produttività.
Un'attività continuativa e trasversale a ogni tipologia di beni è costituita dalla catalogazione. Il Catalogo regionale del patrimonio, che conta attualmente più di 160.000 schede disponibili in rete, rispetta gli standard catalografici dell'Istituto centrale per il catalogo e la documentazione (ICCD) ed è stato adeguato per risultare interoperabile con il catalogo nazionale Musei-Id del Ministero per i beni e le attività culturali e con i principali portali internazionali quali Europeana. L'IBC partecipa inoltre al progetto nazionale "Compendio della Catalogazione" e il suo personale scientifico ha collaborato in modo stabile con l'ICCD all'opera di definizione e strutturazione dei diversi modelli di schede catalografiche.
Si è inoltre raggiunto l'obiettivo di sviluppare la catalogazione partecipata, consentendo l'accesso regolamentato da remoto ai musei e agli altri soggetti autorizzati a operare sul catalogo del patrimonio, rendendo gli operatori autonomi nell'alimentazione del sistema informativo con l'inserimento delle schede da loro compilate. A tale scopo sono stati organizzati corsi finalizzati a formare gli operatori.
Per rendere meglio fruibili i materiali catalogati, è stato completamente rinnovato il sistema informativo sul patrimonio culturale grazie all'adozione di un nuovo applicativo nel quale sono confluite tutte le banche dati in precedenza realizzate. La piattaforma tecnologica rispetta i più recenti standard nazionali e internazionali di automazione. Si sono studiate modalità di predisposizione delle interfacce utente e di consultazione più amichevoli, migliorando anche le funzionalità di revisione, ampliamento e aggiornamento delle informazioni contenute e quindi l'accessibilità on line al patrimonio culturale da parte dei cittadini.
L'IBC promuove interventi finalizzati a migliorare la conservazione del patrimonio storico e artistico dell'Emilia-Romagna e più in particolare dei beni che si trovano nei musei, nelle chiese e negli edifici storici di proprietà comunale o di interesse locale. Il ventaglio tipologico dei materiali oggetto di interventi è molto vasto e - oltre alle categorie tradizionali dei dipinti su tela, tavola e muro e delle sculture in legno, materiale lapideo e metallico - interessa numerosi altri manufatti: reperti archeologici e demoetnoantropologici, tessuti antichi e strumenti musicali, ceramiche, burattini, pergamene, libri.
Tutti i 400 interventi realizzati dall'IBC negli ultimi 20 anni nell'ambito del restauro di beni mobili e superfici decorate grazie alle due leggi di settore (le leggi regionali 20/1990 e 18/2000) sono confluiti nel catalogo regionale del patrimonio culturale e sono consultabili on line, mettendo a disposizione dei tecnici e del pubblico una preziosa documentazione.
L'azione dell'IBC nel campo della conservazione e del restauro si concretizza in molteplici attività che vanno dall'individuazione di metodologie di intervento idonee per le diverse classi di materiali, alla cura di pubblicazioni a stampa e di strumenti divulgativi audio-video, dall'organizzazione di momenti formativi per gli operatori del settore sino alla promozione di eventi espositivi e congressuali finalizzati a pubblicizzare il proprio operato ma anche a stimolare la riflessione su questo tema.
Nella convinzione che operare in termini di prevenzione "conviene" e che questa sia l'unica strada da percorrere per ottimizzare i risultati dell'azione conservativa e di restauro, l'IBC ha progettato "MUSA", una innovativa rete intermuseale a estensione regionale per il monitoraggio indoor dei valori ambientali di temperatura e umidità relativa, delle polveri, dell'illuminazione e dei componenti biologici, affidandone la gestione a distanza all'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (ISAC-CNR) di Bologna, partner tecnico-scientifico dell'iniziativa.
Tra il 1999 e il 2000 è stato predisposto il repertorio generale dei Musei in Emilia-Romagna, che fotografava una realtà ampia e diversificata costituita da circa 200 soggetti. Il repertorio cartaceo è stato trasformato in una banca dati on line quotidianamente aggiornata, che in un quindicennio si è espansa fino a raggiungere le 539 unità (ottobre 2014). Grazie alle proprie banche dati, l'IBC contribuisce regolarmente alle rilevazioni statistiche sugli istituti culturali condotte dall'ISTAT e da altri istituti di ricerca.
Una decisione saliente della politica della Regione Emilia-Romagna in materia di qualificazione dell'offerta culturale è stata espressa nel 2003 con la Deliberazione della Giunta regionale numero 309 "Approvazione degli standard e obiettivi di qualità per biblioteche, archivi storici e musei", che aveva l'obiettivo di favorire il progressivo e stabile miglioramento delle prestazioni degli istituti culturali in tutti gli ambiti di attività (studio e ricerca, documentazione, conservazione, gestione e valorizzazione del patrimonio), in conformità con gli standard e gli obiettivi individuati nel 2003 e già previsti dalla legge regionale 18/2000 e dall' Atto d'indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei, varato dal Ministero per i beni e le attività culturali nel 2001. Di conseguenza, i programmi triennali della legge regionale 18/2000 sono stati orientati in modo prioritario al miglioramento dell'organizzazione museale, mediante l'applicazione, di anno in anno più stringente, dei criteri previsti da questa deliberazione.
Per dare opportuno compimento a quanto deliberato nel 2003, la Giunta regionale ha definito "Criteri e linee guida per il riconoscimento dei musei regionali in base agli standard e obiettivi di qualità" (Deliberazione numero 1888/2008), precisando le modalità e i termini del processo. Il riconoscimento regionale, punto culminante di questo percorso, conclude pertanto un ciclo di programmazione e rappresenta altresì la base di partenza per la pianificazione del triennio successivo.
Il processo di riconoscimento verifica il rispetto dei requisiti obbligatori di qualità stabiliti dalla Regione, con l'obiettivo di stimolare le istituzioni museali ad adeguarsi a standard nazionali e internazionali di buona gestione. Va inteso quale garanzia sulla qualità dei servizi offerti agli utenti e come premio per la capacità operativa dimostrata dai musei. Ha, inoltre, l'ambizione di coinvolgere tutta la realtà dei musei regionali, essendo concepito come uno strumento per convalidare i risultati ottenuti e gli obiettivi da perseguire in materia di valorizzazione del patrimonio e servizi al pubblico.
Il processo di riconoscimento costituisce quindi, per la comunità museale, un invito alla riflessione e al confronto sui temi della propria identità e sui valori fondanti del settore. Nelle intenzioni della Regione, non andrebbe interpretato come un atto di selezione mediante il quale premiare alcune realtà ed escluderne altre, quanto piuttosto come un mezzo per definire un percorso di crescita permanente per tutti i musei dell'Emilia-Romagna, un'opportunità rivolta all'insieme dei musei pubblici e privati, che possono prendervi parte su base del tutto volontaria. La piattaforma di requisiti uniformi per musei di ogni tipologia e dimensione è stata pensata per garantire l'omogeneità della qualità dei servizi offerti in tutto il territorio regionale, nel rispetto della singolarità e della vocazione peculiare di ciascun istituto culturale.
Tra i benefici attesi per gli istituti riconosciuti si possono ravvisare: la possibilità di accedere in via prioritaria a finanziamenti regionali, il riconoscimento dell'identità del museo come istituto autonomo operante sul territorio, la certificazione e la valorizzazione della qualità, individuata anche attraverso un logo/marchio creato ad hoc, l'inclusione in specifiche campagne di comunicazione promosse dalla Regione Emilia-Romagna e dall'IBC, la capacità potenziale di attrarre sponsor e donazioni, la crescita della reputazione e la maggiore visibilità nei confronti degli amministratori locali e delle comunità di riferimento. Finora sono stati riconosciuti 137 musei di qualità e più di 200 istituti hanno risposto al questionario di autovalutazione e partecipato al processo di riconoscimento, suffragando così la bontà dello strumento, estremamente trasparente e imparziale nell'individuare i soggetti e gli interventi da sostenere.
L'IBC ha inoltre contribuito alla definizione dei livelli uniformi della valorizzazione nei musei elaborata dal Tavolo tecnico Stato-Regioni, confluita nel Protocollo d'intesa Stato-Regioni che intende sostenere e promuovere politiche coordinate per la valorizzazione e la tutela dei beni e delle attività culturali e per il rilancio del turismo.
Sono state poste dall'Istituto anche le basi per la costituzione della rete regionale degli ecomusei, che trova annualmente il proprio punto d'incontro nel workshop di formazione internazionale itinerante coorganizzato dall'IBC in settembre ad Argenta, Cervia e Villanova di Bagnacavallo, dove si riuniscono gli ecomusei italiani e internazionali.
La Regione Emilia-Romagna partecipa alla programmazione comunitaria nel settore dei beni culturali anche attraverso l'IBC, che si muove nell'ambito della programmazione nazionale, a cui partecipa per il settore dei beni culturali, e delle priorità espresse dalla programmazione regionale, a cui contribuisce attraverso i tavoli interdirezionali di lavoro. Per il futuro, in quanto organo tecnico scientifico delle politiche regionali in materia culturale, l'IBC dovrebbe affermare il proprio ruolo strutturale nella concezione e nella redazione, per quanto di propria competenza, del Piano triennale delle attività di rilievo internazionale della Regione Emilia-Romagna, gestendo questa parte in accordo con il proprio consiglio direttivo, con l'assessorato alla cultura e con quello delegato alle relazioni internazionali. Esistono le competenze, le conoscenze e le forze interne per cogliere questo obiettivo e sarebbe uno sviluppo premiante anche come inquadramento dei progetti europei curati dall'Istituto.
Dal 2000 a oggi, partecipando a 24 progetti su 9 programmi europei, in qualità di capofila o di partner, con un'importante ricaduta, anche economica, sull'intero territorio emiliano-romagnolo, l'IBC si è rivelato una fra le più attive direzioni regionali, ha contribuito al ruolo di eccellenza della Regione nell'uso delle risorse europee e si è guadagnato il riconoscimento di qualità per progetti quali "Lifelong Museum Learning" e l'apprezzamento dei segretariati tecnici.
Negli anni hanno collaborato con l'IBC importanti e autorevoli partner a livello internazionale, tra cui il Louvre, il British Museum, la Gemäldegalerie Alte Meister di Dresda, la Národní Galerie di Praga, gli Staatliche Museen di Berlino, i ministeri della cultura spagnolo e greco e moltissime università sia livello europeo che extraeuropeo (come quella di Denver).
Le principali linee di finanziamento comunitario a cui l'IBC ha avuto accesso negli anni riguardano i seguenti programmi:
· "VI Programma Quadro" (progetto "EPOCH": rete di oltre 100 istituzioni europee per la creazione di applicazioni digitali per il patrimonio culturale);
· "Programma Cultura 2000" (progetto "ECA - Este Court Archives", per la creazione di un museo on line del collezionismo di casa d'Este; progetto "CEC - Cradles of European Culture" per lo studio e la valorizzazione del territorio della Francia Media come area chiave nella costruzione dell'identità europea; progetto "ACE - Archaeology in Contemporary Europe", mirato a promuovere l'archeologia contemporanea a livello europeo, mettendo in rilievo le sue dimensioni culturali, scientifiche ed economiche);
· "Programma Interreg" (progetto "ITER - Itinerari TERmali", per la valorizzazione degli itinerari termali nell'area adriatico-danubiana; progetto "SISMA", per lo sviluppo di metodologie finalizzate ad azioni integrate di prevenzione dei beni culturali rispetto al rischio sismico; progetto "SCA - Sistema Ceramico Adriatico", per la valorizzazione dell'artigianato artistico dei paesi affacciati sull'Adriatico; progetto "CASTRUM", per la valorizzazione dei castelli nelle regioni del Mediterraneo occidentale);
· "Programma E-ten" (progetto "MICHAEL - Multilingual Inventory of Cultural Heritage in Europe" e "MICHAEL Plus", per il censimento e la valorizzazione delle collezioni digitali europee; progetto "Euromuse", per la creazione di un portale multilingue sui musei e sulle mostre organizzate a livello europeo; progetto "Europeana", per la creazione della biblioteca digitale europea);
· "Programma Lifelong learning" (progetto "MAP for ID", per lo sviluppo di attività interculturali nei musei; progetto "VoCH - Volunteers for Cultural Heritage", per lo studio e l'incentivazione del volontariato nei beni culturali; progetto "Museums and Young People", per incentivare la frequentazione dei musei da parte dei giovani; progetto "Aqueduct", per lo sviluppo delle competenze chiave nelle scuole tramite l'educazione al patrimonio; progetto "LEM", rete europea per lo sviluppo dei musei come luoghi di apprendimento permanente);
· "Programma LIFE" (progetto "ECOnet", per lo sviluppo della sostenibilità attraverso le reti ecologiche);
· "Programma per la cooperazione transfrontaliera" (progetto "ParSJad", per l'ideazione e realizzazione di un parco archeologico dell'Alto Adriatico; progetto "AdriaMuse", per aumentare la capacità attrattiva dei musei dell'area adriatica).
Tutte queste iniziative hanno contribuito a fare conoscere l'Istituto e le sue attività a livello internazionale, favorendo contatti e generando ulteriori progetti di collaborazione con i partner stranieri. Hanno inoltre contribuito alla formazione del personale dell'IBC e all'acquisizione di solide competenze relative alla progettazione e gestione dei progetti europei. Hanno sempre avuto ricadute a livello regionale, a vantaggio sia della ricerca e della produzione di materiali di documentazione, sia della formazione degli operatori del settore. In alcuni casi hanno contribuito a finanziare attività pilota in ambito regionale (per fare due esempi: i progetti pilota su musei e dialogo interculturale finanziati dal progetto "MAP for ID"; il concorso "Io amo i Beni Culturali", realizzato dall'IBC e dall'Assessorato scuola, formazione professionale, università e ricerca, lavoro della Regione per dare una ricaduta regionale al progetto "Aqueduct").
La formazione specialistica dedicata al personale degli istituti culturali è sempre stato uno dei punti di forza dell'Istituto, che ha ideato e organizzato, con continuità, corsi, seminari e workshop con l'obiettivo di migliorare e aggiornare le competenze del personale operante nei musei. Calcolando soltanto i corsi degli ultimi dieci anni, l'IBC ha realizzato una quarantina di occasioni formative per i musei della regione. Sono stati affrontati i temi più sentiti e si è prestata attenzione ad ambiti disparati: museologia/museografia, cura delle collezioni, catalogazione partecipata, conservazione, gestione e organizzazione, comunicazione, sviluppo del pubblico, servizi educativi, sicurezza delle persone e del patrimonio, accessibilità. Ogni momento formativo è stato progettato tenendo conto delle esigenze specifiche dei richiedenti: dalle pinacoteche agli ecomusei.
Tra le iniziative più recenti si segnalano le due edizioni di "Comunicare il Museo*", percorso formativo ideato per educare il personale dei musei a gestire con successo la propria presenza sul web 2.0 e 3.0., il primo in Italia concepito per accompagnare i musei dall'apprendimento alla progettazione e implementazione di progetti per il web. A seguito di questo percorso formativo l'IBC ha deciso di aprirsi ai social media, che presidia con regolarità e che a distanza di un anno si sono dimostrati un ottimo strumento comunicativo, soprattutto per dialogare con le fasce giovanili. Altrettanto innovativo si è rivelato il corso "La gestione dei rischi nei musei, come predisporre il piano di emergenza per le opere", che l'IBC ha concepito e messo in atto con esperti dell'UNESCO - United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization e dell'ICOM - International Council of Museums, e che si è concluso nel dicembre 2014.
Riflessioni per il futuro
L'istituzione degli ambiti territoriali ottimali per lo svolgimento in forma associata delle funzioni amministrative (legge regionale 21/2012) e di unioni di comuni montani, le recenti ipotesi di fusioni comunali, la sperimentazione di forme alternative di governo territoriale (come i distretti culturali della Provincia di Bologna), la sempre più frequente istituzione di tavoli tematici locali in vista dell'istituzione della Città metropolitana e della revisione delle province, stanno introducendo nuovi modelli di programmazione che superano la tripartizione di origine illuministica su cui si è retta in parte l'attività dell'IBC negli ultimi anni: archivi, biblioteche, musei.
Per rispondere a queste innovazioni sarà opportuno impostare un diverso modo di lavorare per progetti e azioni di portata sovraterritoriale e sovraistituzionale, che consentano la ricucitura di diverse realtà fra loro e l'aggregazione sistemica per ambiti territoriali. Ciò richiede un'apertura di dialogo anche verso soggetti istituzionali e temi non usuali per l'IBC, a cominciare dal versante della cultura in senso proprio, tenendo attentamente conto del processo in atto che sospinge sempre di più all'integrazione stabile fra il settore dei beni culturali (e le realtà conservative collegate) e la promozione della cultura e dell'intrattenimento culturale. È necessario anche un rafforzamento della collaborazione interdirezionale nell'ambito della Regione Emilia-Romagna, per assicurare un più concreto raccordo fra i temi attinenti ai beni culturali e quelli legati alla territorialità, alla sostenibilità ambientale, al turismo orientato.
Tra le esigenze emerse nel corso di colloqui con amministratori e responsabili di musei si segnalano in particolare:
· il rafforzamento del sistema di qualità, grazie al percorso dinamico di miglioramento continuo;
· il potenziamento ulteriore delle proposte formative sul modello di "Comunicare il Museo*" (percorso formativo, project work di rete, sostegno dell'IBC alla realizzazione dei progetti);
· lo sviluppo integrato dei musei grazie a progetti che uniscano azioni conoscitive (catalogazione), conservative (manutenzione straordinaria, restauro), di valorizzazione (allestimento, esposizioni, pubblicazioni), sul modello di quanto realizzato con i fondi tessili a Modena e a Bologna;
· lo sviluppo di progetti di promozione e valorizzazione partecipati sul modello del concorso "Io amo i Beni Culturali".
L'IBC è percepito come un soggetto competente e super partes. È auspicato che il suo ruolo possa essere rafforzato a supporto dei musei e delle amministrazioni per reperire e/o ottenere l'assegnazione di fondi europei di carattere strutturale, e per coordinare tavoli di lavoro utili a definire i modelli gestionali di rete più adatti ad aumentare la capacità attrattiva di un'area e di un insieme di musei e di ridurne i costi di gestione, e a coinvolgere soggetti privati e operatori economici in azioni di sviluppo territoriale.
Note
( 1) Legge regionale 21 dicembre 2012, numero 21: "Misure per assicurare il governo territoriale delle funzioni amministrative secondo i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza".
( 2) Come tali rientranti nell'ambito dell'articolo 19, lettera g) del Decreto legge 6 luglio 2012, numero 95, coordinato con la legge di conversione 7 agosto, 2012, numero 135.
( 3) A. Emiliani, Una politica dei beni culturali, con scritti di P. Cervellati, L. Gambi e G. Guglielmi, Torino, Einaudi, 1974; nuova edizione: Bologna, Bononia University Press, 2014.
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