Rivista "IBC" XXII, 2014, 3

Dossier: Imperiituro - Renovatio Imperii. Ravenna nell'Europa ottoniana

musei e beni culturali, dossier / progetti e realizzazioni

La "Renovatio" grafica e l'Accademia di Belle Arti di Bologna

Marina Gasparini
[docente dell'Accademia di Belle Arti di Bologna]

Il rapporto di collaborazione fra IBC e Accademia delle Belle Arti all'interno del progetto "CEC" si è costruito attorno a un possibile percorso di ricerca sul tema della Renovatio imperii. Attraverso un confronto con le responsabili di "CEC" per IBC, gli studenti del secondo e terzo anno di progettazione grafica - una cinquantina in tutto - hanno potuto raccogliere suggestioni e chiarire i dettagli del progetto.

Grande attenzione è stata prestata alle simbologie e alla funzione sociale ed economica del marchio nel Medioevo; dai simboli del passato, infatti, e particolarmente in questo caso, il progettista grafico può apprendere quali relazioni intercorrano tra l'umanità e i segni, e trarne le conoscenze necessarie per prendere le giuste decisioni in fase ideativa ed esecutiva.

Proprio nel periodo medievale, le sfaccettature del marchio vanno dall'identificazione del potere che si manifesta attraverso il nome dell'Imperatore impresso su pergamene e monete, fino al marchio di proprietà, che ha la sua espressione primordiale nei segni di marcatura del bestiame, e che si evolve proprio in questo periodo in quello che potremmo a tutti gli effetti definire un marchio di qualità. Dall'antichità ai giorni nostri i marchi di garanzia hanno assunto di volta in volta un aspetto ora pittorico ora puramente verbale, divenendo a volte illustrazione o descrizione piuttosto che segno. Nei primi segni di commercianti del XIV e XV secolo, tuttavia, le forme essenziali sono influenzate da simboli e astrazioni. Spesso appare il simbolo di Mercurio, divinità legata al commercio, stilizzato nel segno somigliante al numero 4.

Per quanto concerne i marchi di artigiani e produttori, invece, se ne può trovare traccia già a partire dal Paleolitico. Si può pensare, infatti, che già in questa epoca le attività artigianali fossero soggette a specializzazioni e che esistesse già un'inclinazione per precisi mestieri che aveva come risultato il miglioramento della qualità dei prodotti. Di qui la necessità di imprimere la propria sigla sui prodotti finiti a conferma della loro originalità. In Mesopotamia e in Egitto sono stati rinvenuti alcuni dei più antichi marchi di artigiani della ceramica, tuttavia è lecito pensare che ai tempi della schiavitù fossero solo i padroni ad avere il diritto di firmare i beni prodotti dai loro sottoposti e presumibilmente ciò avviene anche nella società feudale dove tutto ciò che viene prodotto è espressione ed emanazione del feudatario.

La firma dell'artigiano non appare fino al tardo Medioevo. Un caso importante è quello dei tagliapietre della cattedrale di Strasburgo. Nei cinque secoli della sua costruzione - XIII-XVI - sono state apposte sulle pietre migliaia di sigle che rivelano, attraverso l'evoluzione dei segni, il passaggio dalla firma individuale, sotto forma di oggetto o simbolo, ai segni di corporazione basati su moduli e schemi geometrici che ricordano la forma delle pietre lavorate.

Successivamente, segni di firma di artigiani ci sono pervenuti da una vasta gamma di attività che va dalla produzione di armi alla stampa, dall'oreficeria all'architettura, dalla tessitura alla produzione della carta. Alcuni segni venivano stampati o incisi sull'oggetto finito, mentre altri erano incorporati nello strumento di lavoro: è il caso delle "griglie" che compaiono sul fondo del vasellame proveniente dalle regioni mediterranee o di una particolare marcatura che i panettieri imprimevano sui filoni di pane. Un altro caso di incorporazione del marchio è quello delle "filigrane". Si inseriva tra i fili del telaio un motivo leggermente rialzato ottenuto con un filo metallico. In corrispondenza di questo la carta era meno spessa e osservata in controluce mostrava la traccia del marchio. Nei secoli XV e XVI furono prodotte filigrane per le cancellerie dei nobili, quasi tutte di tipo figurativo. Spesso si osserva il motivo della mano alzata, indice d'impegno solenne e verità. Sorprendente è la quantità di animali simbolici citati nel Bestiario di Cristo da Louis Charbonneau-Lassay per simboleggiare Gesù: oggi, solo l'agnello è rimasto completamente intelligibile, molto più vagamente il pesce. Oltre a questi due animali troviamo il leone, come simbolo della potenza divina. Stesso significato (potenza e regalità) per l'aquila, che oggi continua a campeggiare negli emblemi di famiglie nobiliari (gli Asburgo), di stati, e in marchi commerciali stilizzati (Armani) o meno (Fernet Branca).

Lo studio di alcuni emblemi, giunti fino a noi e tutt'oggi presenti nel mondo della brand communication segnalano quanto predatoria sia stata l'azione del cristianesimo che ha "riusato" immagini di provenienza greca, micenea o egizia.

Sia Carlo Magno che lo stesso Ottone I, la cui "firma" era riconoscibile anche nel contratto di matrimonio in oro su porpora di Teofano presente tra gli oggetti della mostra "Imperiituro", utilizzarono monogrammi. I logotipi del nome assumevano la funzione di firma e il loro aspetto solo in parte era determinato da intenti decorativi.

I personaggi dominanti delle epoche passate imponevano il loro potere attraverso il proprio sigillo - la cui forma è spesso racchiusa all'interno di un cerchio o di una superficie limitata - su documenti, beni materiali, stendardi. I marchi attuali, commerciali o istituzionali, sono l'attualizzazione pragmatica di questo potere simbolico; quando nel Quattrocento e nel Cinquecento si affermano le imprese borghesi, il marchio che appare sui prodotti e sugli atti è altresì consapevole espressione di un potere comunicativo e quindi simbolico: si pensi al marchio di un editore su un libro, per esempio. Spesso la soluzione più rapida, e anche più elegante, era rappresentata dall'elaborazione del monogramma, della sigla del produttore.

Utilizzare invece le sole immagini per comunicare la propria identità è sempre stato più problematico, visto che è necessario, per il progettista e il fruitore, saper selezionare dall'archivio di simboli consolidati quelli che meglio si adattano all'identità dell'impresa. La difficoltà nella gestazione di un marchio, oggi come in passato, risiede nella necessità di focalizzare con pochi mezzi (uno spazio fisico assai ridotto) un insieme di valori e la storia di un'attività o di un'impresa.

Per la strutturazione del marchio della mostra sulla Renovatio imperii si sono adottati alcuni criteri guida attraverso i quali possiamo suddividere i progetti grafici realizzati dagli studenti del corso di Design grafico dell'Accademia di Bologna:

a) marchio inteso come sigla o monogramma del nome del progetto, come acronimo o acrostico. Tra le forme utilizzate dagli studenti è prevalso il monogramma a forma di 8 rovesciato, che anche Munari, in Arte come mestiere, individua come monogramma di Ottone I, e che è riconoscibile anche nella scritta oro su porpora nel contratto di matrimonio di Teofano.

b) marchio come elemento iconico, più o meno simbolico o stilizzato. La scelta degli studenti è caduta sull'icona del leone, quella della lupa e degli animali presenti sul contratto di matrimonio o intessuti nello sciamito di San Giuliano del Museo Nazionale di Ravenna.

c) marchio come sintesi formale basata su griglie geometriche o moduli. In questo caso il risultato è stato un simbolo astratto ma con diretti riferimenti a contenuti geometrico-decorativi o simbolici ispirati principalmente alle forme ottagonali delle piante della basilica di San Vitale e della cattedrale di Aquisgrana.

d) infine il marchio più diffuso, il logotipo, che sintetizza in un'unica elaborazione grafica-visiva-iconica il nome per esteso del progetto anche secondo criteri di exhibit design e in previsione dell'applicazione del logo all'allestimento e all'architettura grafica della mostra.

Nel complesso, risulta importante nella realizzazione grafica di questi elaborati anche la riflessione sui rapporti figura-sfondo e bianco-nero, su ritmi e dinamismi nel dialogo tra i soggetti, sulle linee e sui colori ottoniani che si sono prestati in modo assai stimolante a questa esperienza di "Renovatio grafica".

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