Rivista "IBC" XXI, 2013, 4

Dossier: Missione restauro

musei e beni culturali, dossier /

Un po' scuola, un po' cantiere

Fiamma Lenzi
[IBC]

Riccione, cittadina balneare dall'urbanistica non sempre ordinata, rivela uno sviluppo socioeconomico tutto concentrato tra lo scorcio del ventesimo secolo e l'oggi e un'autonomia amministrativa fresca di poco meno di un secolo. Davvero difficile, perciò, intravederne il radicamento in una remota antichità, che pure esiste e talora viene svelato. Come è avvenuto a San Lorenzo in Strada, dove recuperi occasionali e scavi archeologici hanno posto in luce testimonianze riferibili a un borgo romano, che le fonti e la tradizione identificano con il vicus Popilius, sorto lungo l'antica via Flaminia.

Perché scriviamo di tali ritrovamenti e di altri, effettuati in via Berlinguer, che retrocedono di parecchi secoli l'origine riccionese? Perché entrambe queste preziose testimonianze, oggetto di progetti speciali promossi dall'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna (IBC) con una formula inconsueta e dal taglio sperimentale, offrono il destro per analizzare il significato e i punti di forza dei cantieri-scuola per il restauro archeologico. Per quanti conoscono l'impegno dell'IBC in materia di conservazione del patrimonio culturale e di formazione degli addetti al restauro, i cantieri-scuola rappresentano un argomento famigliare, dal momento che sin dalla metà degli anni Duemila questo indirizzo operativo è stato intrapreso come risposta concreta alle istanze di diverse amministrazioni locali impegnate sul fronte della salvaguardia.

Nel 2008 la necessità di gestire un caso di grande complessità come il recupero dei materiali dello scavo archeologico della nuova Darsena di Cattolica, connotato da una straordinaria mole di frammenti ceramici, ha aperto una nuova fase nell'organizzazione dei cantieri-scuola. Se un progetto così concepito è sembrato l'unica modalità adeguata all'imponente intervento di studio, identificazione e restauro dei reperti, l'IBC ha anche cercato di standardizzare metodi e criteri per l'attuazione di interventi di questo tipo. Si trattava, in altre parole, di ripensare la fase preparatoria e la struttura organizzativa dei cantieri-scuola, impostando una procedura gestionale efficace, efficiente e replicabile in condizioni similari, e di assicurare a tutti i soggetti coinvolti (enti promotori, partner, allievi) la massimizzazione dei risultati, affiancando e intrecciando alle due tradizionali finalità, la conservazione e la formazione, un terzo e non meno ambizioso obiettivo: la valorizzazione.

Incorporando un cantiere-scuola in un progetto culturale più ampio si innesca infatti un moltiplicatore d'interesse e di partecipazione, con benefici e ricadute quantificabili e qualificabili. A Cattolica, per esempio, il pieno recupero del contesto archeologico realizzato nell'ambito del cantiere ha dato luogo a un'esposizione, corredata di catalogo e di guida didattica, vedendo un coinvolgimento notevolissimo degli allievi anche nei successivi passaggi: una parte di loro ha direttamente collaborato all'allestimento, alla stesura degli apparati testuali e didascalici, all'esecuzione di disegni tecnici e ricerche iconografiche. Senza dimenticare la "mostra nella mostra", dedicata al cantiere stesso, ai suoi giovani protagonisti, ai risultati conseguiti grazie ai loro sforzi. Iniziativa, quest'ultima, fondamentale non solo per svelare al pubblico un "dietro alle quinte" di cui si parla poco (la manutenzione del patrimonio e le alte professionalità che essa richiede) ma soprattutto per restituire a una platea vasta il lavoro compiuto dagli allievi e per rimarcarne il valore sociale.


In operazioni di questo tipo la visibilità è fondamentale: sia per stimolare un circolo virtuoso che induca altri soggetti a misurarsi con iniziative simili, che si caratterizzano tra l'altro per il contenimento dei costi e prospettano talora anche qualche immediata opportunità occupazionale; sia per costruire una partnership allargata, raccogliendo la volontà delle istituzioni interessate a collaborare o la cui partecipazione derivi da puntuali compiti istituzionali, come nel caso degli uffici preposti alla tutela del patrimonio dell'antichità. È pertanto fondamentale l'impostazione di una griglia di riferimento ove siano schematizzati impegni, risorse economiche e professionali, compiti e attribuzioni, ruoli e convenienze, prevedendone la successiva formalizzazione attraverso un atto convenzionale oppure con la stesura congiunta, e approvata collegialmente, di un progetto esecutivo.

Pur animati dall'intenzione di standardizzare l'esperienza del cantiere-scuola, abbiamo verificato l'inesistenza di una ricetta-tipo che identifichi a priori una tipologia preferenziale di partecipanti. Sono le condizioni stesse del contesto al quale ci si rapporta e la tipologia dei beni interessati a determinare la composizione del gruppo-allievi. Di qui l'ammissione alla frequenza da parte di studenti e specializzandi in Archeologia e Scienze dei beni culturali, ai quali si propone un apprendimento "sul campo" e un primo approccio alla catena operativa della conservazione e del restauro di materiali provenienti da uno scavo archeologico, all'acquisizione delle tecniche di documentazione dei reperti e allo svolgimento delle operazioni preliminari alla loro ostensione temporanea o musealizzazione definitiva.

Il reclutamento mediante bando pubblico è stato reputato il meglio adatto a raggiungere quanti più giovani possibile e a formare un'ampia rosa di candidati come garanzia di una selezione bilanciata di vocazioni e di esperienze pregresse e di una composizione assortita del gruppo di lavoro, in equilibrio fra una componente maggiormente orientata verso la manualità e una componente in possesso di un retroterra formativo teorico, in modo che le competenze possano, nel farsi stesso del lavoro, integrarsi e supportarsi vicendevolmente.

Dopo una prima entusiastica fase in cui i cantieri hanno avuto una lunga durata e previsto un numero elevato di allievi, raddoppiati in corso d'opera come risposta alle molte adesioni pervenute, si sono fortemente perseguite la pianificazione e l'ottimizzazione della struttura, scelta non dettata dalla semplice volontà di riorganizzazione gestionale, di cui pure si sentiva il bisogno, ma dall'adempimento di obblighi derivanti dall'applicazione del "Testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro" (Decreto legislativo 81-2008).

Nel processo di razionalizzazione indispensabile per dare certezza che a ogni allievo sia impartita la medesima formazione, si sono codificati anche gli stadi di lavoro sviluppabili nel corso dei singoli turni del cantiere, in modo che ogni partecipante sperimenti individualmente e pratichi in prima persona l'intero ciclo di lavorazione: dalla fase immediatamente successiva al prelievo di un reperto sullo scavo, alla sua restituzione a integrità, fino alla preparazione espositiva. Nei sette step ripetibili che costituiscono l'ossatura di un cantiere-scuola, indipendentemente dal differenziarsi di ciascuna situazione archeologica vengono affrontate le seguenti tematiche:

· Pulitura e stabilizzazione: principi conservativi, tecniche e strumenti;

· Consolidamento: fattori e fenomeni di degrado, tecniche e prodotti consolidanti;

· Classificazione: tecniche di cernita e ordinamento;

· Ricomposizione della forma: incollaggio, integrazione, materiali e metodi;

· Elaborazione della documentazione di restauro: schedatura e documentazione fotografica;

· Indagini complementari e valutazioni quantitative/statistiche/morfologiche;

· Approfondimenti teorici sulle tecniche di restauro, sulla classificazione tipologica dei materiali, sui temi dell'esposizione, studio, edizione e musealizzazione.

Non volendo che il cantiere-scuola rimanga circoscritto alle sole finalità della conservazione e della formazione, ma si apra all'inserimento in un progetto più completo e orientato anche alla fruizione, è stato giudicato opportuno che gli allievi approfondiscano anche alcuni aspetti legati alla documentazione scientifica e all'analisi interpretativa dei reperti. A ciò mirano attività di corollario come le rilevazioni dimensionali per eventuali comparazioni archeometriche, la realizzazione di esecutivi grafici e di disegni tecnici, la compilazione di registri inventariali e l'annotazione dei dati identificativi dei pezzi, l'analisi descrittiva e la catalogazione di nuclei di oggetti.


Questo ci conduce di nuovo al tema della valorizzazione e alla constatazione di come i cantieri-scuola possano costituire uno fra gli elementi qualificanti di interventi culturali "a tutto tondo". Degli ultimi quattro cantieri posti in essere, quelli di Riccione erano inseriti nel programma per le celebrazioni del Novantesimo anniversario della nascita del Comune. Uno, svolto a San Lazzaro di Savena, fa parte del progetto "La vita nel pozzo", che intende rivisitare le origini della cittadina alle porte di Bologna ed è destinato a sfociare in una mostra temporanea e poi nel primo nucleo di un futuro museo della città nella sede del palazzo comunale (alcuni degli ex allievi, con le loro tesi di laurea, ne stanno già affrontando la progettazione). Il quarto cantiere, effettuato per la seconda volta a Cattolica, ha come obiettivo finale l'inserimento, nel Museo della Regina, di una nuova sezione preistorica che si sostanzierà delle testimonianze restaurate relative a un villaggio dell'età del Bronzo, uno fra i più notevoli della Romagna costiera.

Qualche dato quantitativo: 5 cantieri-scuola per 3 musei; una molteplicità di collaborazioni e di enti coinvolti: comuni, dipartimenti universitari regionali ed extraregionali, uffici della tutela, aziende e laboratori specializzati in restauro; 9 tutor, spesso affiancati dal personale dei musei, della Soprintendenza archeologica dell'Emilia-Romagna, dell'IBC; 18 turni di lavoro bi o trisettimanali. E, per finire, il numero più importante: 106 allievi, provenienti da diversi atenei (Bologna, Ravenna, Urbino, Trapani, Padova, Lecce, Foggia, Udine, Ferrara, Parma, Milano, Viterbo, Modena, Salerno); impegnati nell'arricchimento del loro bagaglio formativo, hanno sviluppato ben 11.540 ore di lavoro, mettendole a disposizione della comunità regionale e del suo patrimonio archeologico.

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