Rivista "IBC" XXI, 2013, 4

territorio e beni architettonici-ambientali / convegni e seminari, immagini, progetti e realizzazioni

Settembre 2013: più di cinquanta fotografi di tutta l'Italia si danno appuntamento a L'Aquila per partecipare a una sei giorni di confronti, dibattiti e osservazione del territorio. Stando a fianco dei cittadini.
Confotografia

Alessandra Chemollo
[fotografa]

Camminando per la strada si incontrano ogni giorno persone di cui non si conosce nulla. Guardandole con attenzione può risultare evidente come ci siano gesti, portamenti e segni che ognuno, spesso inconsapevolmente, conserva quale eredità di quanto ha vissuto, dell'atteggiamento con cui ha affrontato ciò che gli è capitato in sorte, delle conseguenze che ne ha tratto.Ci sono eventi traumatici che trasformano il corpo e i gesti delle persone, e a qualcuno di noi è capitato di conoscere fino a che punto alcuni fatti della vita sono in grado di trasformarci.

Normalmente le cose più importanti, quelle di cui portiamo le tracce nel corpo e nei gesti, ci colpiscono individualmente, sono successe solo a noi in quel preciso istante. A L'Aquila invece, è successo a tutti qualcosa di terribile contemporaneamente: un terremoto ha inciso nei destini di tutti gli abitanti di un vasto territorio, nello stesso medesimo istante: alcuni di loro abitavano in centro, altri in periferia, altri ancora in piccoli centri più o meno distanti dalla città. La notte del 6 aprile 2009 ha reso tutte queste persone partecipi di un unico lutto: chi ha perso la casa, chi le persone a cui voleva più bene, chi è sceso correndo nel buio inciampando in pezzi di muro che cadevano alla rinfusa, per ritrovarsi spaventato in un mondo reso irriconoscibile da pochi minuti di rabbia della terra.

Che cosa ha comportato l'aver condiviso tutto questo? Se ognuno di noi è solo ad affrontare le avversità che il destino gli serba, cosa accade a una comunità che deve misurarsi con un "dopo" di questa portata, quali sono le dinamiche di confronto tra le persone che si ritrovano a cercare risposte e soluzioni a un problema che, in diversa misura, le coinvolge tutte?


Chi ha il vizio di guardare il prossimo che incontra per la strada, molto spesso osserva con un'attenzione simile anche i luoghi che percorre. Chi poi utilizza una macchina fotografica per approfondire questa osservazione, lavora in fondo in modo simile a chi, munito di registratore, seleziona frammenti di pensiero da rielaborare in seguito, grazie a una presa di distanza dal momento che li ha generati. Si raccolgono tracce, cercando di identificare un percorso, si individuano analogie, dissonanze ed elementi capaci di entrare in sinergia con qualcosa che abbiamo già visto.

Ma, all'interno delle ricerche che ognuno di noi conduce, stabilendo regole proprie, raccogliendo immagini che diventano o meno parti di un progetto, che cos'è che attrae la nostra attenzione? Ha qualcosa a che fare con il nostro metabolismo, c'entra in qualche misura con ciò di cui la nutriamo, questa attenzione?

E ha ancora un senso, nell'era di Instagram, fare della fotografia il proprio mestiere, raccogliere immagini o meglio lasciarle dietro sé come i sassi di Pollicino, registrare quanto siamo in grado di vedere, e provare a costruire un ordine che renda possibile ad altri avventurarsi nel processo del pensiero che le ha generate?


Dal 20 al 26 settembre 2013 più di cinquanta fotografi, provenendo da tutta l'Italia, si sono dati appuntamento a L'Aquila per partecipare a "Confotografia" (www.confotografia.net). Sono arrivati senza avere un incarico, ognuno a proprie spese, per partecipare a un progetto completamente autofinanziato, organizzato da due associazioni di fotografi. Il programma che li ha convinti a partire prevedeva un laboratorio residenziale, per la "sperimentazione di un metodo di indagine del territorio basato sullo scambio di conoscenze tra fotografi e cittadini".1

Un primo sopralluogo collettivo, un seminario con esperti di varie discipline per offrire spunti di lettura a partire da punti di vista eterogenei, e poi ogni partecipante è stato associato a una "guida" locale: un cittadino aquilano disponibile a introdurre il fotografo alla sua conoscenza quotidiana e ravvicinata del territorio. Una fotografia "al servizio", dunque, che cerca radici di consapevolezza nella naturale capacità di osservazione, che vuole nutrire di elementi di conoscenza le proprie scelte interpretative . È a partire dall'intuizione di Goethe per cui "l'occhio vede quel che la mente conosce" che è nata l'idea di creare questa liaisontra fotografi e "guide" locali, e di coinvolgere alcuni esperti capaci di sezionare un territorio in cui la rapida stratificazione dei segni ostruisce la lettura, tracciando dei percorsi accessibili anche a chi arriva da lontano.

"Confotografia" nasce come esigenza di confronto tra fotografi che trovano nei limiti dello sviluppo professionale - i limiti di una crisi culturale che coinvolge molti settori, e che viene accelerata dai mutamenti di "supporto" - lo stimolo a mettere in discussione gli ambiti in cui operano. Fotografi abituati a considerare il proprio lavoro come parte di un processo interpretativo; professionisti che nelle loro rappresentazioni degli spazi cercano un ordine che ne consenta la lettura, che registrano pieni e vuoti all'interno di frammenti bidimensionali, collocati nel tempo. Che guardano al lavoro di chi esplora il visibile a partire dalle storie individuali come un complemento necessario, la ri-connessione imprescindibile tra un contenitore e un contenuto che ha subìto una frattura di senso.

Fotografi a cui da molto tempo manca l'apporto significativo di una committenza pubblica capace di mettere in sinergia il loro contributo, e che troppo spesso vedono indebolita la propria qualità di "autori" nell'ambito di manifestazioni che, in assenza di esiti progettuali, disperdono il senso della loro qualità visiva.


Ogni nascita ha alla sua origine una cellula, capace di dar vita a un processo generativo che per aggregazione moltiplica le potenzialità insite in un piccolo nucleo. "Fuorivista", l'associazione che nel 2010 ha prodotto "SisMyCity" - un'esposizione che è stata evento collaterale di "Biennale Architettura", poi "adottata" da "Triennale" e da "Festarch" (www.sismycity.com) - ha coinvolto "Segni", l'associazione di fotografi aquilani che nel 2012 ha inaugurato la "Casa della fotografia" (www.casadellafotografia.net). Insieme hanno poi chiamato a raccolta un gruppo più allargato di fotografi per costituire il comitato promotore di "Confotografia", che a sua volta ha nominato un comitato scientifico per scegliere i fotografi da coinvolgere nel progetto.

Progetto che, disatteso dalle istituzioni, è stato, va ribadito, completamente autofinanziato. Tutto in economia, quindi: le due associazioni, grazie alla collaborazione della Casa dello studente "San Carlo Borromeo" e di molti aquilani che hanno accolto i fotografi, sono riuscite ad assicurare a tutti i partecipanti il pernottamento gratuito per l'intera esperienza residenziale.

Grazie al contributo del Dipartimento di scienze umane dell'Università dell'Aquila è stato organizzato un seminario introduttivo, concertato con gli stessi criteri: geografi, urbanisti, architetti, antropologi, psicologi ed esperti di fotografia (anche loro aquilani e non) riuniti per sezionare il territorio a partire dai presupposti che ne articolano la lettura.2 E poi i dibattiti, collettivi e per gruppi, facilitati da un clima conviviale e dalla forza di un luogo che pare aver trasmesso l'energia della terra al pensiero delle persone che l'hanno subìta, un luogo in cui il tempo contratto del postsisma ha prodotto dei processi ipertrofici di trasformazione dei luoghi.


Ma se il tema principale di "Confotografia" si può riassumere nell'esigenza di mettere in discussione le modalità di approccio e di utilizzo della fotografia di territorio, qual è il metodo che è stato proposto, e quali effettive novità ha introdotto?

Innanzitutto cinquanta fotografi sono proprio tanti. Se poi ognuno di loro ha una "guida" locale, parliamo già di un centinaio di persone coinvolte. Con la partecipazione degli studenti dei licei scientifico, classico e artistico, di quanti hanno preso parte ai molti workshop e delle associazioni locali,3 allora ecco che il dibattito si allarga e le cose che si guardano si possono misurare a partire da punti di vista davvero differenti. Non c'è solo lo sguardo ravvicinato o distante di chi guarda tutti i giorni o per la prima volta qualcosa, c'è anche un'attenzione che si sposta in virtù di conoscenze e attitudini diverse.

I risultati del progetto sono ancora da sviluppare, gli esiti saranno il frutto della vivace discussione che ha visto cittadini, studenti e fotografi lavorare nel fitto programma del laboratorio, e del "caso" che ne accompagnerà l'elaborazione. Ciò che è avvenuto, tuttavia, marca già il segno di qualcosa di nuovo: un processo di reale condivisione, possibile grazie a un atteggiamento di fiducia da parte di tutti. I partecipanti aquilani hanno promesso di redigere una lista di cittadini che intendono rinnovare la propria disponibilità a ospitare e guidare i fotografi che intendono sviluppare ulteriormente il loro lavoro; tra i fotografi, molti hanno in programma di tornare. Si sta definendo la costituzione di un archivio che raccolga tutti i materiali prodotti da fotografi e cittadini (fotografie, video, audio, disegni, testi), nucleo di riferimento per ulteriori sviluppi del progetto; gli organizzatori stanno discutendo le modalità di diffusione dei risultati e del processo (pubblicazioni, esposizioni, diffusione on line).

Ma perché si possa dire che "Confotografia" abbia davvero funzionato, occorre che le conseguenze degli intensi giorni di laboratorio possano maturare dentro la città che lo ha ospitato, offrendo la moltitudine degli approcci visivi quale strumento di lettura del territorio. Occorre che i cittadini si approprino di quanto hanno potuto vedere grazie all'esperienza di condivisione con chi, venendo da lontano, ha offerto delle chiavi di lettura di quello che, per una sorta di assuefazione dello sguardo, rischiava di divenire illeggibile. E occorre inoltre che quanto seminato abbia il tempo per dare i suoi frutti nel terreno della fotografia, isterilito da un momento storico che rende particolarmente difficile la sopravvivenza di coloro che fanno della ricerca la propria scelta professionale.

Ci auguriamo che questo impegno condiviso possa incontrare l'interesse di qualche istituzione, che intenda le potenzialità insite in un nuovo "contenitore", capace di accogliere le istanze di indagine e di analisi che, come stabilito dalla Convenzione europea del paesaggio, dovrebbero precedere qualsiasi importante progetto sul territorio, offrendosi quale interfaccia per la partecipazione dei cittadini. Potremo allora dire di aver imparato qualcosa dall'esperienza aquilana, e che subire in molti qualcosa di terribile nello stesso momento porta con sè almeno un'opportunità, una prima pietra di rifondazione di un processo democratico.


Note

(1) Le associazioni promotrici sono: "Fuorivista" (www.fuorivista.org) e "Segni". I fotografi partecipanti: Daniele Ansidei, Gianpaolo Arena, Giulia Baczynski, Pablo Balbontin, Danilo Balducci, Isabella Balena, Ivana Barbarito, Fabio Barile, Aniello Barone, Nunzio Battaglia, Enrico Benevenuti, Roberto Boccaccino, Andrea Bosio, Giulia Bruno, Michele Buda, Eleonora Calvelli, Sergio Camplone, Laura Cantarella, Claudio Cerasoli, Daniele Cinciripini, Alessandra Chemollo, Alfonso Chianese, Dario Coletti, Ezio D'Agostino, Marco D'Antonio, Marco Dapino, Paola Di Bello, Antonio Di Cecco, Giorgio Di Noto, Giuseppe Fanizza, Laura Fiorio, Gianfranco Gallucci, Stefano Graziani, Marco Introini, Cosmo Laera, Pierangelo Laterza, Marianna Leone, Peppe Maisto, Sergio Maritato, Allegra Martin, Luca Massaro, Massimo Mastrorillo, Stefania Mattu, Antonello Mazzei, Luca Mattia Minciotti, Simone Mizzotti, Maurizio Montagna, Francesco Neri, Fulvio Orsenigo, Antonio Ottomanelli, Nadia Pugliese, Sabrina Ragucci, Gabriele Rossi, Claudio Sabatino, Daniele Sambo, Massimo Sordi, Luca Spano, Davide Virdis, Giovanni Vio.

(2) Tra i relatori del seminario: Fabio Pelini, assessore alla Partecipazione del Comune di L'Aquila; Luciano Marchetti, già vicecommissario per la Ricostruzione; Guido Incerti, architetto; Franco Arminio, scrittore "paesologo"; Piero Orlandi, Istituto per i beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna; Chiara Capodici e Fiorenza Pinna, "3/3 Studio"; Lina Calandra, geografa; Pierluigi Properzi, urbanista; Marco Morante, architetto, "Collettivo 99"; Antonello Ciccozzi, antropologo; Sara Vegni; Alessandro Sirolli, psicologo; Antonella Marrocchi, "Policentrica".

(3) Le associazioni partecipanti: "Appello per L'Aquila"; "Arti e spettacolo"; "Bibliobus"; "Hatha Ciudad"; "Piazza d'Arti"; "Circolo Arci Querencia"; "Terremutate"; "MUSPAC"; "180 amici"; "La fiaccola"; "Territori".

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