Rivista "IBC" XX, 2012, 4
musei e beni culturali / progetti e realizzazioni, restauri
Un progetto e le idee
Dicembre 2011, sabato pomeriggio, una buona notizia: a Imola, nel Museo civico di San Domenico, apre il nuovo percorso espositivo permanente, intitolato "Collezioni d'arte della città". Circa 900 metri quadrati di superficie di un antico convento domenicano restaurato, circa 600 opere esposte tra dipinti, ceramiche, monete, disegni e materiali lapidei dal Medioevo alla contemporaneità. I numeri non sono da primato; neppure la città, Imola, è un luogo d'arte per eccellenza nel panorama nazionale. Eppure la cosa merita attenzione, credo, è un'importante "piccola-grande" notizia per il suo valore di esempio di quello che l'Italia può realizzare e offrire nell'ambito dei beni culturali.
È la creazione di uno spazio accogliente che può migliorare la nostra vita quotidiana con una pausa di emozione, conoscenza e socializzazione, oltre che rafforzare il nostro senso di appartenenza e di identità. È forse anche un'ulteriore conferma di quella vocazione naturale che l'Italia ha per i luoghi di qualità e di forte valore culturale, una vocazione che non è riuscita finora a far emergere con convinzione e a far diventare un elemento positivo e di reale importanza anche per la propria economia tramite il turismo. Una buona notizia, insomma, in controtendenza rispetto al panorama sconfortante che offre il mondo della cultura in questi ultimi anni.
La recente inaugurazione è l'ultima puntata di una storia imolese ormai lunga, ma condotta con coerenza e determinazione. All'inizio degli anni Ottanta del Novecento il Comune di Imola, con gli architetti Dervis Nanni e Franco Labanti, avvia il recupero dell'importante complesso di San Domenico, costituito dalla chiesa di origine trecentesca ancora officiata e dall'ex convento articolato intorno a due chiostri rinascimentali, fortemente danneggiato e in stato di abbandono. Destinazione d'uso: la nuova sede dell'insieme dei Musei civici imolesi, costituiti dalla Pinacoteca e dalle collezioni d'arte e storia, dal Museo di scienze naturali e preistoria fondato da Giuseppe Scarabelli e dal Museo archeologico.
Il primo risultato si concretizza nel 1988 con l'apertura della Pinacoteca e del nuovo spazio per le mostre ed è l'occasione per studiare tutti i dipinti e proporre un nuovo percorso espositivo basato sulla provenienza delle opere e sulla loro appartenenza alla storia e ai luoghi della città, criterio che sta alla base anche dell'attuale nuovo ordinamento delle Collezioni d'arte della città.
Nella successiva tappa importante, realizzata in occasione del Giubileo del 2000, il Comune ha acquisito e restaurato gli ambienti che affacciano sul primo chiostro, rimasti fino ad allora di proprietà ecclesiastica: questo ha permesso di ricomporre la spazialità originaria del complesso e di recuperare ambienti di particolare pregio come l'antica sala capitolare, che viene destinata ad auditorium e inaugurata nel 2007, dopo che i restauri hanno portato alla luce inattesi affreschi di alta qualità, risalenti all'inizio del Trecento.
Intanto procedevano i lavori di studio e restauro delle collezioni e veniva messo a punto il progetto dell'intero polo museale di San Domenico, presentato pubblicamente nel 2004, con l'articolazione e la distribuzione spaziale dei tre nuclei che verranno a comporre il Museo di San Domenico: il Museo "Giuseppe Scarabelli", il Museo archeologico e le Collezioni d'arte della città.
Tra le linee guida del progetto ci sono: il collegamento dei pezzi con la storia, la vita e la geografia del territorio; la forte attenzione alla dimensione comunicativa, senza però mortificare il piacere della visione diretta; la volontà di creare un luogo bello e accogliente, dove si stia bene e si abbia voglia di tornare; la curiosità come stimolo della visita; la possibilità di godere delle valenze architettoniche e della suggestione degli antichi spazi in cui è ospitato il Museo.
Su queste basi sono nati anche alcuni accorgimenti che rendono più ricca e originale l'esperienza della visita: per esempio, nel cortile del primo chiostro, la creazione di un giardino collegato al museo ma aperto anche alla città grazie a ingressi separati. Oppure l'idea di affiancare il percorso permanente delle collezioni museali con spazi didattico-laboratoriali a tema, periodicamente rinnovati: un modo per combattere la "staticità" dei musei e per creare luoghi che utilizzano modalità di comprensione attuali, semplici e coinvolgenti. O, ancora, il progetto di restaurare e aprire, in accordo con la parrocchia, l'antico pulpito della chiesa di San Domenico, accessibile solo dal percorso del museo: uno scorcio che offre al visitatore un teatrale colpo d'occhio "in quota" su un interno ricco di opere d'arte, tra cui il Martirio di Sant'Orsola di Ludovico Carracci. Un tipico esempio delle sorprese e delle ricchezze che può offrire il patrimonio del nostro paese, per ricollegarsi a quanto si diceva all'inizio.
Ma, tornando a una scansione ordinata dei fatti, si arriva al più recente appuntamento del dicembre 2011, quando vengono aperte le Collezioni d'arte della città. Nonostante i tempi siano divenuti veramente difficili per la carenza di risorse economiche e si impongano sofferti tagli al progetto originario, il nuovo percorso museale espone materiali inediti o da lungo tempo non più visibili. Si realizzano l'apertura del pulpito con l'affaccio sulla chiesa e lo spazio a tema, ideato da Oriana Orsi, dedicato questa volta agli strumenti e alle tecniche del mestiere dello storico dell'arte, che indaga sulle opere come un detective fa davanti a un caso da risolvere.
Fin qui la storia più o meno recente, ma al Museo di San Domenico i lavori sono nuovamente in corso perché per il 2013 è in programma l'apertura del nuovo Museo "Giuseppe Scarabelli", il cuore antico dei musei civici imolesi nato nel 1857.
[Claudia Pedrini]
Collezioni d'arte della città
L'idea che sta alla base della costruzione del nuovo percorso intitolato "Collezioni d'arte della città", realizzato insieme a Mannes Laffi dello studio "[mu]design", è questa: comporre un racconto suddiviso in capitoli e scritto per "opere e oggetti", impaginato negli ambienti al primo piano dell'ex convento di San Domenico. La visita attraversa gli spazi del primo chiostro, le cui emergenze architettoniche e la memoria degli antichi usi sono evidenziate da didascalie, tappe di un percorso monumentale che ha il suo apice nell'accesso al pulpito della chiesa.
Sette storie introdotte da grandi titoli a parete scandiscono la visita e si succedono seguendo un ordine cronologico dal Medioevo alla contemporaneità. I sette temi costituiscono il primo livello di lettura del museo e il filo rosso che li lega è Imola, la città che nel tempo ha dato vita, conservato e nutrito eterogenee collezioni civiche, confluite infine per la prima volta in un unico allestimento.
I pezzi scelti per il forte legame con la storia cittadina, appartenenti alle collezioni della Pinacoteca, di ceramica e numismatica - insieme al lapidario, ai disegni e ai depositi e ai doni di opere di artisti contemporanei - sono stati allestiti non seguendo un ordinamento tipologico, ma prediligendo il dialogo di opere e oggetti nel contesto, alla ricerca di un rinnovato effetto di senso, una significanza unica con diverse possibilità di lettura in cui far immergere il pubblico. Un secondo livello di lettura è restituito dai cartellini, che offrono le coordinate indispensabili per la comprensione dei pezzi esposti; un terzo da una piccola guida, per il visitatore più desideroso di approfondimenti.
Un'esposizione con delle regole. La prima è la valorizzazione del pezzo originale, da fruire senza l'interferenza di apparati didascalici ingombranti e allestimenti troppo protagonisti: questo per offrire al visitatore il piacere della visione e della lettura delle immagini, con la scelta di un'illuminazione "chiaroscurale" che permetta un rapporto intimo con le opere e una decorazione delle pareti tono su tono, che evidenzi e rimandi senza sovrastare. La "dittatura" dell'originale ha imposto la scelta, a volte difficile, di non far uso di copie di documenti e opere per coprire lacune storiche che inevitabilmente, spesso, le collezioni civiche presentano. La seconda regola è stata quella di esporre gli oltre seicento pezzi in un ordine non gerarchico di importanza, ma di comporli come equivalenti parti di un discorso, tutti indispensabili al racconto, nonostante differiscano per qualità e valore.
Il percorso di visita ha inizio nel monumentale grande dormitorio con la prima storia, "Dai muri e dalla terra", che rimanda a luoghi e racconta avvenimenti della città dal XIV al XVII secolo. Si tratta soprattutto di testimonianze provenienti da edifici del centro storico scomparsi, o frutto di inaspettate scoperte seguite a demolizioni o sterri. Esemplari gli affreschi di Bartolomeo Cesi, unica testimonianza superstite dell'antica cattedrale. Le ceramiche, esposte per luogo di ritrovamento, offrono un'esauriente panoramica sulla produzione e circolazione di vasellami in città dal Trecento al Seicento. Ai pezzi della collezione civica studiati da Carmen Ravanelli Guidotti si aggiungono i reperti dei recenti scavi archeologici nel centro storico. Gli stemmi e i blasoni in pietra sono stati approfonditi da Benedetta Chiesi, come anche le decorazioni in cotto, elemento originale dell'immagine urbana di Imola dal Medioevo al Novecento, che ancora si percepisce passeggiando per le strade del centro storico.
"Da chiese e altari" è il titolo della seconda sezione, un capitolo scritto da arredi sacri, ceramiche conventuali e soprattutto dalle pale provenienti da edifici religiosi, entrate in collezione soprattutto in seguito alla soppressione degli enti ecclesiastici. Due esempi il polittico dallo stile fiorito ed elegante del Maestro del Trittico di Imola e l'intensa Madonna con Bambino e Beato Pietro Passeri che l'artista Domenico Maria Viani avvolge nella calda luce desunta dalla pittura veneta. Esposte anche opere provenienti da altari pubblici, come la tavola di Innocenzo da Imola e uno dei capolavori dell'artista Lavinia Fontana (imolese di adozione), importante commissione della città per la cappella di Palazzo Comunale.
Le celle che si affacciano sul grande dormitorio accolgono il "Gabinetto di Numismatica" e il "Gabinetto dei disegni". Tra le oltre quattordicimila monete e medaglie dal V secolo avanti Cristo al XX secolo, appartenenti alla collezione, il numismatico Carlo Poggi ha scelto i trecento pezzi esposti secondo un ordine cronologico e tematico in un'originale vetrina dotata di lente scorrevole e in un antico monetiere restaurato. Una postazione multimediale permette di visionare i pezzi recto e verso [di fronte e da dietro, ndr].
I disegni esposti nel secondo "Gabinetto" sono stati studiati da Alessandro Zacchi e sono opera di maestri emiliani come Agostino Carracci, Guercino, Ubaldo Gandolfi. Donati alla Pinacoteca dalla Cassa di risparmio di Imola nel 1927, sono esposti qui per la prima volta dopo il restauro. Su suggerimento dello studioso si è cercata una soluzione che permettesse, quando necessario, la visione del foglio recto e verso.
Si prosegue la visita nel corridoio di accesso al pulpito con la sezione "Targhe devozionali", tutta dedicata a un prodotto caratteristico della città, quello delle targhe con Vergini e Santi protettori, una produzione portata avanti tuttora dalla Cooperativa Ceramica di Imola. Dagli inizi del Seicento gli artefici imolesi hanno tradotto gli antichi modelli rinascimentali in materiali e forme più popolari, raggiungendo una posizione di leadership in ambito regionale. Le targhe sono impaginate su una parete decorata con temi iconografici desunti dalle stesse. In mostra anche una grande targa settecentesca in terracotta appartenente in origine alla Rocchetta daziaria sul fiume Santerno.
"Il volto nascosto della città" svela la parte più intima di Imola, cercando di ricreare attraverso arredi, suppellettili e quadreria, la suggestione degli interni privati e di evidenziare i soggetti più amati dalla committenza privata: la pittura di "paese", la natura morta, i ritratti. Il punto di osservazione privilegiato è il Settecento, che per l'arte e la ceramica in città è un periodo molto vitale. Imola produce a fianco della tipica ceramica ingobbiata e dipinta, il cosiddetto "bianchetto", corredi "da credenza" in maiolica con forme e decorazioni originali, come testimoniano i pezzi esposti. Tra di essi spicca un albarello in maiolica dipinta in blu, proveniente dal corredo della Farmacia dell'Ospedale, prezioso interno settecentesco che conserva arredi e decorazioni originali ed è ancora in attività nel centro della città.
Il corridoio del granaio del convento - che fu edificato nel Seicento e su cui, dopo il restauro del 2000, sono riemerse le tre finestre gotiche dell'antica cappella di San Nicolò - ospita la sezione "L'Ottocento: dall'Accademia alle Arti e Mestieri", primo punto di osservazione su un periodo artistico della città ancora poco indagato e mostrato. A esponenti famosi, come lo scultore neoclassico Cincinnato Baruzzi, si affiancano figure più note in ambito locale, come lo scultore ed ebanista Ettore Lazzari, impegnate nella "Scuola di Arti e Mestieri Alberghetti", istituto nato ufficialmente nel 1882 per promuovere il riscatto economico e culturale delle classi più povere attraverso l'industria e l'artigianato, e da cui scaturiranno le più importanti cooperative cittadine.
Segue l'ampio capitolo dedicato a "Il Novecento", che si dipana anche negli spazi dell'ex libreria domenicana. In città si alternano tradizione, avanguardia e ritorno all'ordine, come testimoniano le opere di artisti locali come Tommaso della Volpe, con forti radici nell'Ottocento e nella cultura tardo romantica. È esposta anche una ricca scelta di ceramiche della Società Cooperativa di Imola. L'avanguardia è raccontata dalle opere firmate negli anni Trenta da Mario Guido Dal Monte, mentre il secondo dopoguerra è rappresentato da dipinti di protagonisti della scena artistica italiana, in particolare quelli entrati nell'ampia etichetta di "Novecento" come Casorati, De Pisis e Guttuso, esposti a fianco a opere di Giorgio Morandi, frutto di recenti doni e depositi. L'Informale chiude la sesta sezione con opere storiche di Andrea Raccagni e Germano Sartelli.
L'ultimo capitolo del percorso è dedicato alla ricerca artistica contemporanea. "Osservatorio" è concepito come uno spazio "mobile", per ospitare le esperienze più recenti di artisti del territorio. Al momento sono esposte opere dell'inesauribile Germano Sartelli e Chicco house, una grande scultura in ceramica degli artisti Bertozzi e Casoni. La sezione ambisce a essere una finestra sempre aperta sul presente, per poter offrire uno sguardo aggiornato sulla nostra contemporaneità e nello stesso tempo mantenere vitale il museo, che attraverso contaminazioni con la contemporaneità acquisisce nuove chiavi di lettura e significati.
[Claudia Baroncini]
Nota
Il nuovo Museo di San Domenico - Collezioni d'arte della città è stato realizzato dal Comune di Imola con la collaborazione di Regione Emilia-Romagna, Provincia di Bologna e Fondazione Cassa di risparmio di Imola, e con il sostegno delle ditte imolesi SACMI e 3elle.
Musei civici: Marina Baruzzi, dirigente settore cultura; Claudia Pedrini, direttore; Claudia Baroncini, Laura Mazzini, Oriana Orsi, curatrici; Giuseppina Catanese, Maria Angela Poletti, servizi amministrativi; Brunetta Barbieri, Tiziana Castro, servizi al pubblico; Marilena Gamberini, restauratrice; Doriano Dall'Osso, Mirco Luminasi, allestitori; Giorgio Folli, Giancarlo Lanzoni, Saele Beltrami, Valentina Golfari, Martina Tassinari, Elena Tommasini, Enrica Valdrè, servizio volontari e tirocinii universitari.
Consulenza scientifica: Benedetta Chiesi, Carlo Poggi, Carmen Ravanelli Guidotti, Alessandro Zacchi.
Servizio lavori pubblici: Gianpiero Martinoni.
Progetto allestimento, direzione lavori e identità visiva: Mannes Laffi, "[mu]design", Imola.
Progetto illuminotecnico: Andrea Medri, Bagnacavallo.
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