Rivista "IBC" XX, 2012, 2
Dossier: Le case delle parole - Viaggio nella Romagna dei poeti e degli scrittori
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Il museo di Renato Serra in Cesena - nella casa che fu della sua vita, trascorsa tranne che per le servitù militari e rare assenze in famiglia - vuole mantenere viva non solo la memoria culturale e la spiccata identità individuale di una delle maggiori personalità di critico del secolo XX ma legare alla sua opera e a quella sua speciale figura una più specifica funzione, che potremmo definire del libero esercizio della critica, la forma di libertà più alta e consapevole della persona umana. Libertà non come arbitrio ma come pensiero e lucido esercizio della mente. Una sorta di illuminismo ma riscaldato dalla passione. Dove il fattore delle emozioni ha inciso profondamente fino a fare, di Serra, forse uno degli intellettuali più amati del Novecento.
Ed è sempre stato raro che un critico, figura in sé controversa, ispirasse questa tipologia di relazione, che si attua invece, e più spontaneamente, con i poeti e gli scrittori. Con Serra questa prossimità si è resa possibile perché, nella sua pagina, l'uomo ha sempre depositato una parte di sé, e nei momenti più cruciali della storia nazionale; e il lettore, quelle parti, quelle impronte di umanità, le ha colte, percependole come elementi essenziali allo stesso fraseggio intellettuale. Non c'è cultura senza il calore dell'umano, né giudizio se non verificato e autenticato dai drammi dell'esistenza e della storia. La trama della letteratura, con lui, si è colorata di vita, e quasi ogni parola, nel calendario dei giorni, si è tinta di autobiografia.
Fin da quando lo statuto della Fondazione fu sottoposto all'approvazione fu chiara questa mansione, vorrei dire questa missione che la Fondazione faceva propria. Serra era stato, per tutta la sua vita breve e segnata dalle accelerazioni della storia, un uomo libero, libero e solo, sempre diffidente di ogni strumentale alleanza, anche con i suoi pari. Nessuno più di lui intento alla autenticità del vivere, e alieno dal corporativismo della cosiddetta classe di colti. Accettò per questo una vita che poté sembrare dimessa, nel cerchio magico di una provincia che fu lui a nobilitare, a fronte di colleghi di lui più famosi e celebrati, spesso accettando la solitudine, pur di evitare le coralità del conformismo, e gli aggregati fanatismi della modernità, anche quando il vantaggio sarebbe venuto dall'appartenenza a gruppi culturali; ma nella solitudine esistenziale aveva saputo accrescere le potenzialità analitiche del suo intelletto.
Di Serra non restano solo pagine di critica letteraria su autori grandi (Carducci e Pascoli) e minori (Severino Ferrari, Antonio Beltramelli), essendo i minori per la sua poetica significativi come colore e atmosfera del tempo, ma una parola che è anche un'azione dell'intelletto critico e morale: ed è la parola "esame". Esame di coscienza è anche il suo insegnamento, quasi una dottrina morale da lui trasmessa a un paese che agli esami della propria storia e coscienza è sempre apparso singolarmente refrattario.
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