Rivista "IBC" XX, 2012, 1

Dossier: Quattro passi fra le carte - Itinerari attraverso il mondo di Alessandro Blasetti

biblioteche e archivi, dossier /

Un Maestro per la prima Scuola di cinema

Alfredo Baldi
[storico del cinema]

Tra l'agosto e il settembre del 1930, su varie riviste e quotidiani, viene pubblicata la notizia che il 28 luglio, alla presenza della stampa italiana ed estera, il ministro delle Corporazioni, Giuseppe Bottai, ha costituito ufficialmente la Scuola nazionale di cinematografia. All'avvenimento viene dato particolare risalto su "cinematografo", la rivista fondata e diretta da Alessandro Blasetti. Il giovane Blasetti infatti (classe 1900) è già un uomo di cinema a tutto campo, non solo regista, ma anche saggista, editore, giornalista, produttore, promotore culturale. A partire dalla seconda metà degli anni Venti, egli ha dedicato ogni sua energia alla rinascita del cinema italiano, pressoché scomparso verso il finire del muto. Blasetti, dunque, saluta con entusiasmo la nascita della Scuola, che tuttavia, almeno in quella veste, non ha seguito.

Nell'ottobre 1931, l'onorevole Gino Pierantoni, presidente della Corporazione dello Spettacolo, costituisce una commissione con lo scopo di elaborare idee e programmi per una scuola di cinematografia. La commissione si riunisce il 5 novembre e l'11 novembre un decreto istituisce la Scuola nazionale di cinematografia presso la Regia Accademia di Santa Cecilia, in Roma. La presidenza della Scuola è assunta dal presidente dell'Accademia, conte Enrico di San Martino; la direzione e il corso di Arte scenica (recitazione) sono affidati a uno scrittore di teatro, il conte Guglielmo Zorzi, mentre il corso di Dizione è tenuto dalla brava e nota attrice teatrale Teresa Franchini. Per il momento la formazione della Scuola è limitata agli attori.

Blasetti inizia da subito a collaborare alla Scuola; partecipa intanto alle riunioni del novembre 1931 in qualità di rappresentante della casa cinematografica Cines. A febbraio fa parte della commissione che esamina gli aspiranti allievi e il mese successivo accetta di entrare nella giunta esecutiva della Scuola, pur se "nel massimo limite consentitomi dagli impegni assunti presso la Cines".1 Fin dai primi momenti, quindi, anche se esente da incarichi di insegnamento, è considerato uno dei più importanti esponenti della Scuola. La realtà della struttura, tuttavia, si rivela deludente, sia per l'insufficienza dei finanziamenti - erogati dalla stessa Accademia e dai ministeri delle Corporazioni e dell'Educazione nazionale - sia per la mancanza di esperienza nella scelta dei candidati e nell'organizzazione didattica, sia, infine, per il venir meno della collaborazione che era stata promessa dalla Cines per realizzare le esercitazioni pratiche.

All'inizio del nuovo anno di corso 1933 il conte Zorzi presenta le dimissioni e il consiglio affida a Blasetti la direzione della Scuola e l'insegnamento dell'Azione cinematografica. Si viene così a realizzare un legame sostanziale fra la Scuola e la Cines, che infatti si impegna a far girare nei propri teatri di posa un film agli allievi diretti da Blasetti. È un fatto importante perché permette finalmente di innestare nella teoria la pratica cinematografica, fino a quel momento soltanto auspicata, e rappresenta un passo decisivo per lo sviluppo dell'insegnamento. Ma a causa di una rinnovata crisi della Cines, nel marzo 1933, la situazione della Scuola torna a farsi precaria: viene meno nuovamente la possibilità di portare su un set gli allievi.

A questo punto Blasetti concepisce un'idea brillante, che gli permette di proseguire le lezioni per un paio di mesi: conduce in visita "gli attori al manicomio, alle carceri, all'obitorio, per mostrare loro come sono i veri pazzi, i veri galeotti, i veri cadaveri". Il motivo era semplice: cancellare negli allievi "il fasullismo teatraloide, derivante dal peggiore divismo cinematografico ancora sopravvissuto", difetto che appariva evidente nelle foto che gli aspiranti attori inviavano alla Scuola. Oltre al manicomio e all'ospedale, gli studenti vengono portati in visita al carcere femminile alla Lungara, a quello maschile a Regina Coeli, infine all'obitorio, dove più di un'allieva sviene. Ma il traumatico trattamento risulta istruttivo perché dopo un mese di tali esperienze, invitati a recitare le opere di Pirandello, nessun allievo ripete le "espressioni del dolore, della paura, della sofferenza fisica, della follia secondo gli ormai cancellati modelli delle prime fotografie". Blasetti può quindi affermare con orgoglio che, nonostante le carenze e le ristrettezze finanziarie, la Scuola ebbe il merito di "indicare la vita come prima maestra di un nuovo cinema".2

Sulla sua attività di docente, Blasetti riferisce in una relazione di fine anno, dalla quale si evince come il suo insegnamento si muova su due direzioni. Una prima direzione pratica, basata sulla recitazione davanti alla macchina da presa, unica possibilità per un attore di rendersi conto di cosa significhi esprimere un'idea attraverso le immagini. Una seconda direzione, invece, più teorica, volta a sviluppare nei ragazzi le loro capacità di analisi delle situazioni e dei personaggi e, poi, di scrittura di quanto da loro elaborato.


"Per dare una spiegazione del metodo che seguivo cominciai a dire a quei ragazzi: 'Avete qualcosa da dire, qual è il mondo che vi interessa, i personaggi che amate?'. Allora scrivete. Quando voi avrete descritto il personaggio, il dramma, l'episodio, la creazione di fantasia che a voi interessa e attraverso la quale io possa capire qual è la vostra formazione intellettuale, allora ditemi come fareste a realizzare questa idea del mondo attraverso le immagini. Quando essi avevano fatto questo lavoro, io analizzavo insieme a loro tutto ciò che si opponeva alla chiarezza delle immagini, alla tensione del ritmo, alla proporzione delle inquadrature, eccetera. Poi davo all'allievo regista la possibilità di servirsi degli altri allievi e di realizzare assieme la messa in scena e dare la sensazione del movimento, immaginando che ci si trovasse in teatro davanti alla macchina da presa. Con questo sistema io mettevo gli allievi in condizione di fare tutto quello che si fa professionalmente".3


Nel 1934 la carica di direttore della Scuola è assunta dal conte di San Martino. Alla sezione attori se ne aggiunge un'altra dedicata alle branche tecnico-estetiche della produzione, cioè agli operatori di ripresa e di proiezione, agli sceneggiatori e ai registi. Il requisito culturale richiesto è almeno l'attestato di promozione alla quarta ginnasiale. Come si vede, l'impostazione didattica si va pian piano affinando, sulla base delle esperienze degli anni precedenti. A Blasetti viene confermata la cattedra di Azione ed espressione scenica ed è affidato l'insegnamento della Sceneggiatura. La Scuola ottiene anche la collaborazione dell'Istituto Luce, che metterà a disposizione una macchina da presa e 3000 metri di pellicola.

A giugno, Blasetti invia a San Martino la relazione sul programma realizzato nel primo quadrimestre. Tale programma è stato attuato sulla base degli stessi criteri e sistemi dell'anno precedente. La differenza sostanziale sta nel fatto che nel 1934, a differenza del 1933, è mancata la disponibilità dei teatri di posa della Cines, nei quali l'anno precedente Blasetti svolgeva una delle sue tre lezioni settimanali. L'Istituto Luce, tuttavia, farà realizzare agli allievi alcuni cortometraggi che saranno inseriti nei cataloghi dell'Istituto, con citazione della Scuola e degli allievi che vi hanno collaborato. Il primo di questi lavori, 24 ore in una stazione, sarà posto subito in lavorazione e - scrive Blasetti - presentato alla "imminente Biennale Veneziana del Cinema".4 A settembre e ottobre, infine, Blasetti ottiene di portare diversi allievi con sé - come assistenti e, in qualche caso, come attori - sul set del film che sta girando, Vecchia guardia.

Alla fine di settembre, tuttavia, è istituito il Sottosegretariato per la stampa e la propaganda, la cui competenza si estende anche alla cinematografia. Sottosegretario è Galeazzo Ciano, direttore generale è Luigi Freddi, che si avvale della collaborazione di un giovane e valente funzionario, Luigi Chiarini, critico cinematografico e letterario, saggista e teorico del cinema. Ben presto il Sottosegretariato inizia a occuparsi della Scuola:


"In questi giorni il Direttore Generale ha preso contatto coi dirigenti la Scuola Nazionale di Cinematografia esistente presso la R. Accademia di S. Cecilia, allo scopo di dare maggiore sviluppo alla Scuola stessa e renderla rispondente alle necessità della cinematografia italiana. È allo studio un piano organico di riordinamento della Scuola, in modo da darle quell'attrezzatura, anche materiale, che è indispensabile a tal genere d'insegnamento. [...] la Scuola sarà presto sistemata in locali adatti, avrà corsi numerosi e organici e verrà a costituire veramente un centro di preparazione, di selezione e di esperimento che potrà offrire, all'industria nazionale, tecnici, attori, registi i quali abbiano per lo meno una buona cultura e una pratica esperienza".5


Il consiglio direttivo della Scuola, preso atto della situazione, il 16 novembre 1934 rassegna le dimissioni e trasmette a Ciano una dettagliata relazione sull'attività svolta nei tre anni. A dicembre, Chiarini è nominato commissario straordinario e nel gennaio 1935 presenzia agli esami finali degli allievi. I risultati non gli appaiono entusiasmanti, tanto che in un circostanziato appunto inviato a Ciano viene espresso un parere negativo sull'attività complessiva della Scuola. L'unico a cui non sono risparmiati elogi è Blasetti, sul quale il giudizio è ampiamente positivo, "nonostante i mezzi assolutamente insufficienti di cui dispone la Scuola, sfornita persino di materiale didattico".


Note

(1) Archivio storico dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia, Archivio Postunitario, anno 1932, busta 312, fascicolo 26, sottofascicolo 3.

(2) A. Blasetti, In manicomio, in carcere e in ospedale, "Cinema nuovo", 98, 15 gennaio 1957, pp. 14, 15, 28.

(3) Archivio storico dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia, Archivio Postunitario, anno 1933, busta 320, fascicolo 27, sottofascicolo 2.

(4) Ibidem.

(5) A. Mazzetti, Per una scuola nazionale, "Il lavoro fascista", 16 dicembre 1934, p. 3.

Azioni sul documento

Elenco delle riviste

    Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna - Cod. fiscale 800 812 90 373

    Via Galliera 21, 40121 Bologna - tel. +39 051 527 66 00 - fax +39 051 232 599 - direzioneibc@postacert.regione.emilia-romagna.it

    Informativa utilizzo dei cookie

    Regione Emilia-Romagna (CF 800.625.903.79) - Viale Aldo Moro 52, 40127 Bologna - Centralino: 051.5271
    Ufficio Relazioni con il Pubblico: Numero Verde URP: 800 66.22.00, urp@regione.emilia-romagna.it, urp@postacert.regione.emilia-romagna.it