Rivista "IBC" XIX, 2011, 4

Dossier: Storie di Risorgimento - L'Unità d'Italia vista dall'Emilia-Romagna

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'E finalmente potremo dirci italiani': Bologna e le estinte Legazioni

Claudia Collina
[IBC]
Fiorenza Tarozzi
[docente di Storia contemporanea all'Università di Bologna]

Questo testo, con il titolo Complessità culturale di un territorio, introduce il volume "? E finalmente potremo dirci italiani". Bologna e le estinte Legazioni tra cultura e politica nazionale. 1859-1911, pubblicato nella collana "Immagini e documenti - 150° Unità d'Italia" dell'IBC.1


Quando Roberto Balzani, in occasione delle celebrazioni del 150° dell'Unità d'Italia, ha proposto all'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, Un progetto per i 150° dell'Unità d'Italia, abbiamo da subito pensato a un libro che valorizzasse con chiarezza la fitta e complessa trama di fili della memoria dell'epopea risorgimentale che si sono intrecciati, fin quasi a identificarsi con le forme stesse della vita politica, economica, sociale e culturale di quell'epoca, sottesa da unitaria passione nazionale, raccogliendo così una delle sue indicazioni di lavorare sui "cambiamenti della società regionale dopo l'Unità" e proponendo "chiavi di lettura originali e non convenzionali per far comprendere i radicali cambiamenti generati dall'Unità nella società regionale, [dove] la chiave politica non basta".

Il coinvolgimento nel progetto è stato, da subito, interistituzionale - hanno collaborato con noi nella promozione dell'idea, oltre all'IBC e al Dipartimento di Discipline storiche, antropologiche e geografiche dell'Università di Bologna, il Museo civico del Risorgimento di Bologna e il Comitato di Bologna dell'Istituto per la storia del Risorgimento italiano - e interdisciplinare, perché eravamo consapevoli che ciò che desideravamo far emergere, da un terreno conosciuto per lo più solo dagli studiosi, erano i rapporti osmotici che il significato stesso della parola "cultura" evoca, ossia il "complesso delle manifestazioni della vita materiale, sociale e spirituale di un popolo, in relazione alle varie fasi di un processo evolutivo o ai diversi periodi storici o alle condizioni ambientali".2

Con questa ispirazione, abbiamo scelto di porre in luce le potenti trasformazioni che sono avvenute a partire dall'esito felice per la prospettiva nazionale della Seconda guerra d'indipendenza e dalla fine, a Bologna come a Ferrara e come nelle Romagne, del secolare governo della Chiesa nel 1859, all'annessione al Regno d'Italia nel marzo del 1860, sino alle celebrazioni del primo 50° dell'Unità nel 1911. L'osservatorio privilegiato della ricerca è stato individuato nel territorio delle estinte Legazioni pontificie, vale a dire nelle ripartizioni amministrative - enti locali in nuce - istituite dopo la fine del Regno napoleonico e rafforzatesi nella stagione della Restaurazione; terre considerate "periferia" di uno Stato tutto centralizzato attorno a Roma, amministrate da cardinali e suddivise territorialmente, in Emilia-Romagna, tra Bologna, Ferrara, Ravenna e Forlì.

Questo lavoro è stato da noi inteso come l'approfondimento della cultura complessiva, interdisciplinare, di un'area territoriale che, senza ombra di dubbio, è stata partecipe della nascita e dello sviluppo dell'identità nazionale. Questo "lembo" di territorio è stato indagato da molteplici punti di vista che, il più delle volte, abbiamo visto intersecarsi in diverse dimensioni, dando così conto della Storia nella sua reale complessità caleidoscopica: tasselli di un unico mosaico composto di storie che hanno contribuito a definire, con tratti caratterizzanti, la società e la cultura degli italiani e la loro coscienza attraverso la memoria del passato lontano e l'agiografia del Risorgimento che si era appena chiuso. Abbiamo cercato i "nessi", gli stessi che Roberto Longhi ("Paragone", 1949) indicava di trovare tra "le opere e il mondo, socialità, economia, religione, politica"; e con questo "viatico", abbiamo voluto dar conto, attraverso una polifonia di studi (trasversali per contenuti, parole e immagini), dei reali e veloci mutamenti strettamente interrelati che investirono Bologna, Ferrara e la Romagna nel periodo cruciale che le vide liberarsi dal dominio papalino e dalle truppe austriache che lo sostenevano, annettersi all'Italia nella nascita della nazione, e consolidarsi nel loro primo cinquantennio di vita unitaria, sempre aperte a confrontarsi con i modelli europei, reiteratamente incontrati nelle varie esposizioni universali, dall'edilizia all'igiene, dall'arte allo sport, nonostante la persistenza dell'identità e dell'orgoglio municipale.

Un grande affresco della civiltà bolognese, romagnola e italiana del tempo, quindi, una lettura moderna del Risorgimento effettuata attraverso una lente d'ingrandimento non solo celebrativa, ma che mira alla realistica visione di punti di forza e debolezza insiti nella complessità della definizione della nazione e nella costruzione di essa attraverso anche la coscienza culturale del processo risorgimentale e unitario, la cui identità, inevitabilmente e lapalissianamente, è passata attraverso la politica, l'economia, lo sviluppo sociale, la nuova idea di città, l'arte, la letteratura, l'archeologia, il sapere universitario, il teatro, la musica e la socialità dei salotti, nonché nei messaggi più sottili ed endemici dei tessuti cittadini, portati sia da monumenti celebrativi ed epigrafi cimiteriali, sia dalla toponomastica di fierezza postunitaria nelle strade.

L'intrecciarsi di diverse prospettive di lettura ha permesso di porre in risalto le luci e le ombre delle politiche sociali, economiche e culturali messe in atto prima da una classe dirigente di derivazione risorgimentale che, sia pur dopo un lungo e contrastato dibattito interno, sposava il modello "piemontese" del nuovo Regno, lasciando successivamente spazio a nuove politiche e a nuove idee di modernizzazione e di cambiamento, seguendo, e/o adattando al caso italiano, modelli che entravano prepotentemente da Oltralpe. Idee sociali e culturali, prima ancora che economiche, che si traducevano in scelte politiche volte alla costruzione di una nazione la cui popolazione potesse dire di sentirsi tutta parte integrante e protagonista: tutti, uomini e donne, e non solo quella pur larga élite che si era impegnata sui campi di battaglia delle guerre per l'indipendenza.

"E finalmente potremo dirci italiani", si legge in uno dei tanti fogli volanti - scelto come titolo per questo libro - che riempirono le città delle Legazioni nei mesi entusiasmanti trascorsi tra la caduta del governo pontificio e l'annessione al nuovo Regno; "nati in Italia", i cittadini di quelle terre "vogliono essere italiani, sempre e solamente italiani" si afferma in un altro; e ancora: "saremo nazione" attorno alla nostra bandiera tricolore, alla nostra storia con i suoi eroi, con le sue glorie, con i suoi martiri: un progetto ideale la cui forza, ma anche la cui debolezza, abbiamo cercato di cogliere nei primi cinquant'anni di storia unitaria, senza retorica, sottolineandone le realizzazioni, ma non cancellandone le criticità.


Note

(1) "... E finalmente potremo dirci italiani". Bologna e le estinte Legazioni tra cultura e politica nazionale. 1859-1911, a cura di C. Collina e F. Tarozzi, Bologna, Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna - Editrice Compositori, 2011. Introduzioni di: Laura Carlini, Massimo Mezzetti, Ezio Raimondi; testi di: Roberto Balzani, Andrea Battistini, Paola Bignami, Lidia Bortolotti, Valeria Cicala, Claudia Collina, Alberta Fabbri, Mirtide Gavelli, Fiamma Lenzi, Maria Chiara Liguori, Alberto Malfitano, Roberto Martorelli, Elena Musiani, Pier Paola Penzo, Alberto Preti, Otello Sangiorgi, Fiorenza Tarozzi, Angelo Varni, Marco Veglia.

(2) G. Devoto, G. C. Oli, Dizionario della lingua italiana, Firenze, Le Monnier, 1971, p. 637.

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