Rivista "IBC" XIX, 2011, 3
Dossier: Lo scaffale dei sapori
musei e beni culturali, biblioteche e archivi, dossier /
Forlimpopoli, una tessera di quel mosaico di luoghi e di storie che è da quasi ventidue secoli la Via Emilia. Un antico foro e poi una rocca albornoziana ma, nell'immaginario collettivo, la cittadina romagnola è luogo d'elezione della cultura gastronomica d'Italia, grazie a Pellegrino Artusi, che qui nacque. E, dalle sponde dell'Arno, scrisse poi di cibo, di quotidiane consuetudini alimentari, di fornelli e sapori, mostrando la pluralità dei linguaggi e degli ingredienti, la ricchezza e la creatività dell'intero Paese dalle pagine di un libro, tradotto e conosciuto in tutto il mondo. Insomma l'Artusi ha rivelato molte peculiarità degli italiani attraverso ciò che si può trovare sulla loro tavola.
L'autore della Scienza in cucina e l'arte di mangiar bene è da quindici anni sistematicamente celebrato a Forlimpopoli (Forlì-Cesena) nel corso della "Festa Artusiana", che si svolge nell'ultima decade di giugno; un appuntamento articolato in una molteplicità di manifestazioni e presenze prestigiose (si è da poco conclusa l'edizione 2011 in un crescendo straordinario di eventi e di pubblico: www.festartusiana.it). Ma il segno di maggior rilievo e prestigio per la memoria attuale di questo personaggio è, non solo a livello regionale, la creazione di Casa Artusi: www.casartusi.it.
Questa istituzione - che anche nella sua architettura (il recupero di una antica struttura conventuale con annessa una chiesa e la relativa organizzazione degli spazi) rivela le sue molteplici vocazioni - è il motore di una serie di iniziative di ampio respiro, che hanno modificato e migliorato diverse situazioni che riguardano sia il settore agroalimentare sia quello culturale, offrendo sistematicità, e non solo una connotazione ludica, a un impegno virtuoso che ragiona in termini non localistici.
Abbiamo quindi ritenuto utile rivolgere alcune domande su Casa Artusi al suo presidente, Giordano Conti, che per il suo profilo professionale e intellettuale incarna assai bene questo ruolo: architetto con forte sensibilità ai temi del paesaggio, impegnato sul versante della salvaguardia del patrimonio culturale, una lunga esperienza di amministratore come primo cittadino di Cesena e, attualmente, anche a capo della società di servizi SERINAR Forlì-Cesena.
Partiamo dai dati tecnici. Presidente, come si configura Casa Artusi?
Casa Artusi è una società partecipata: ne fanno parte il Comune di Forlimpopoli, la Fondazione Cassa dei risparmi di Forlì, la Provincia di Forlì-Cesena. Questa è la base sociale. C'è poi un'attività che prevede collaborazioni forti con gli assessorati regionali competenti, con le Camere di commercio, con il Ministero dell'agricoltura; ma non soltanto, siamo un punto di riferimento per le aziende e per i prodotti regionali a denominazione d'origine controllata: dal formaggio di fossa al parmigiano-reggiano, dall'aceto balsamico al culatello, per citarne solo alcuni. I partner cambiano anche in base agli obiettivi e ai progetti che si delineano, sempre muovendo dai prodotti e dalle risorse di questa terra, ma costruendo relazioni ad ampio raggio e mantenendo il respiro che il personaggio Artusi merita.
Siamo il centro di cultura gastronomica dedicato alla cucina domestica italiana e questo si traduce anche in una particolare idea dell'accoglienza per quanto riguarda i visitatori e le attività che svolgiamo. Basti pensare alla fisionomia e ai luoghi in cui si articola la struttura: una biblioteca, un ristorante, una scuola di cucina, uno spazio eventi.
La presenza di Casa Artusi ha dunque modificato sia un'idea di valorizzazione dell'intero territorio regionale rispetto alle peculiarità dei prodotti, sia un modo di ragionare su alimentazione e gastronomia?
La nascita di questo organismo ha certamente modificato la realtà economica di quest'area, ha portato un'impronta dinamica che ne caratterizza la vita tutto l'anno. C'è una programmazione articolata, mai casuale e di livello qualitativo alto. Noi siamo, mi piace ribadirlo, un centro culturale focalizzato sulla cultura del cibo, ma - come ha dimostrato, ormai più di quarant'anni fa, Piero Camporesi curando l'edizione critica del libro di Pellegrino Artusi (uscita per i tipi di Einaudi) - La scienza in cucina non è semplicemente un manuale culinario, è anche il racconto di un patrimonio storico culturale scritto con un linguaggio forbito, che supera i particolarismi locali. Artusi mette insieme una lingua italiana nuova e contribuisce, da romagnolo trapiantato in Toscana, attraverso la stesura del suo libro, alla creazione di un linguaggio comune, attingendo a contesti e tradizioni di un intero Paese.
Il convegno artusiano realizzato a Firenze e Forlimpopoli per il centenario della sua morte, tra la fine di marzo e l'inizio di aprile del 2011, grazie alla collaborazione tra Casa Artusi, Comune di Forlimpopoli, Comune di Firenze e Accademia della Crusca, esprime in modo inequivocabile, oltre al prestigio e all'attualità del personaggio (a cui, sempre a Firenze, è stata dedicata una mostra presso la Biblioteca Nazionale), quali siano le nostre valenze, che emergono anche dai profili di coloro che siedono nel comitato scientifico di Casa Artusi: Massimo Montanari, Alberto Capatti, Folco Portinari e altri, con cui condividiamo i convegni, gli incontri scientifici, le pubblicazioni.1
E tra le manifestazioni di questo centenario vale la pena di segnalare la mostra "Artusi 100x100", dedicata a cento anni di storia gastronomica nazionale. Già la sua collocazione sui camminamenti della Rocca di Forlimpopoli risulta suggestiva, ma il suo interesse nasce dalla proposta di un percorso in 100 pannelli sui temi dell'alimentazione osservata nella sua quotidianità. Questa esposizione, nei prossimi mesi, sarà ospitata in diverse città italiane; dunque si continuerà a parlare di cucina e di gastronomia con lo spirito dell'Artusi, che dall'Italia intera raccoglieva ricette e modi di preparare cibi, di utilizzare al meglio anche i più semplici ingredienti.
Diamo qualche numero di Casa Artusi?
Noi contiamo su ben trentamila presenze all'anno, non considerando l'afflusso assai consistente e continuativo che riguarda il ristorante. Sono i visitatori del museo, coloro che frequentano la biblioteca specializzata e le tante persone, diverse per età e formazione, che si iscrivono ai corsi di cucina. Questi ultimi sono assai importanti perché, è bene ribadirlo, proprio secondo i dettami del nostro statuto qui si parla di cucina di casa, come la concepiva Pellegrino Artusi. Chi segue i corsi può imparare un tipo di cucina non sofisticata, genuina, e soprattutto può recuperare il gusto della convivialità, il piacere di mangiare i prodotti del territorio, che variano con le stagioni. Da questo punto di vista si può dire che dalla fine dell'Ottocento a oggi nulla è cambiato; anzi, il palato può riscoprire un certo modo di cucinare, di stare a tavola. E Artusi continua a esserne la cifra, il marchio di qualità; ha riunito le cucine d'Italia e piace ancora molto, a giudicare dalle vendite del suo manuale. Quel che più sorprende, inoltre, è che all'estero permane l'equivalenza tra cucina italiana e manuale artusiano.
Un progetto particolarmente importante che state coltivando?
Stiamo lavorando a varie aperture all'estero di Casa Artusi, sollecitati da molte richieste di collaborazione. In particolare in questo momento, tramite l'Accademia internazionale del turismo russa, stiamo valutando la possibilità di aprire una sede a Mosca: tutto si è mosso dalla traduzione del libro, ma ci è stato anche proposto uno spazio per iniziative e una biblioteca specializzata; inoltre, per il prossimo autunno siamo stati invitati alla fiera della gastronomia italiana che si tiene nella capitale. A loro avviso la gastronomia è un punto di partenza di forte interesse per far crescere il flusso turistico verso l'Italia. Ma arrivano richieste anche dalle Filippine, per non parlare dei solidi rapporti già instaurati con la Francia, il Portogallo e l'Olanda. Sempre grazie alla traduzione del manuale artusiano e alle presentazioni che si stanno organizzando, quest'anno si è avviato un progetto importante con la Polonia.
E i rapporti con l'università, dal momento che nel vostro consiglio sono presenti prestigiosi accademici?
Nella totale autonomia in cui ci muoviamo, abbiamo con l'università rapporti ottimi, in particolare con il campus di Scienze degli alimenti dell'Alma Mater di Bologna. Non sono mancate collaborazioni con "Slow Food" o con "Eataly": per l'edizione 2011, a esempio, il premio "Artusi" verrà assegnato a Oscar Farinetti, il creatore di "Eataly". Collaboriamo e facciamo parte della giuria, come scuola di cucina, per il premio nazionale giornalistico-gastronomico "Piatto d'Autore 2011. 150 anni di gusto italiano".
In buona sostanza, se da un lato contribuiamo a rafforzare l'identità della Romagna, al contempo esaltiamo quella dell'intero Paese, come ha riconosciuto lo stesso Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, durante la cena preparata in suo onore da Casa Artusi, nel gennaio scorso, presso la Prefettura di Forlì-Cesena, all'apertura dei festeggiamenti per il 150° dell'Unità d'Italia.
Nota
(1) Consiglio di amministrazione: Giordano Conti (presidente); Sergio Zavoli (presidente onorario); Laila Tentoni (vicepresidente); Sara Fusco, Mario Riciputi, Maria Grazia Silvestrini (consiglieri). Segreteria, organizzazione, eventi: Susy Patrito Silva (direttore); Barbara Bandini (segreteria); Carla Brigliadori (scuola di cucina); Pierluigi Frassanito (comunicazione). Biblioteca "Pellegrino Artusi": Antonio Tolo. Comitato scientifico: Massimo Montanari (presidente; docente di Storia medievale all'Università di Bologna); Rosaria Campioni (soprintendente per i beni librari e documentari della Regione Emilia-Romagna); Alberto Capatti (docente di Storia della cucina e della gastronomia all'Università di scienze gastronomiche di Colorno e Pollenzo); Ettore Casadei (docente di Diritto agrario all'Università di Bologna); Marco Dalla Rosa (presidente del consiglio del corso di laurea in Scienze e tecnologie alimentari dell'Università di Bologna - Polo di Cesena); Franco Mambelli (consulente ed esperto in ambito gastronomico); Piero Meldini (studioso di tradizioni gastronomiche e scrittore); Folco Portinari (giornalista, scrittore e poeta); Gilberto Sbrighi (presidente dell'Associazione panificatori Emilia-Romagna).
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