Rivista "IBC" XIX, 2011, 3

biblioteche e archivi / mostre e rassegne

Per i 150 anni dell'Unità d'Italia la Biblioteca comunale Ariostea e l'Archivio storico comunale di Ferrara hanno messo in mostra il trentennio che decretò la nascita della pubblica lettura in città.
I libri di tutti

Arianna Chendi
[Biblioteca comunale Ariostea, Ferrara]

In occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia, la Biblioteca comunale Ariostea di Ferrara ha organizzato la mostra "Una biblioteca italiana a Ferrara. 1861-1891".1 L'esposizione - aperta presso la Sala Ariosto di Palazzo Paradiso, sede della biblioteca, dal 12 aprile al 30 giugno 2011 - ha voluto illustrare, attraverso le raccolte dei libri e dei documenti dell'Ariostea e dell'Archivio storico comunale, il fondamentale passaggio politico che ha interessato una delle massime istituzioni culturali della città, nonché l'atmosfera che ha caratterizzato il mondo del libro e della lettura in quegli anni a Ferrara.

Nel 1823 papa Leone XII, concentrato nella repressione dei moti carbonari e antipapali che andavano dilagando in tutto lo Stato pontificio, all'interno di un quadro di normative miranti a emendare il sistema dell'istruzione dentro i confini dello Stato, emanò la bolla Quod divina sapientia omnes docet, con cui istituì la Congregazione degli Studi, sorta di ministero all'istruzione, suddividendo le università del territorio in due livelli: le primarie (Roma e Bologna) e le secondarie (Ferrara, Perugia, Camerino, Macerata e Fermo). La biblioteca ferrarese veniva, in questo quadro, del tutto assoggettata all'Università, controllata completamente dal cardinale legato.

A partire dall'emanazione di questa bolla, tra il Comune, proprietario di Palazzo Paradiso, sede dell'Università e della biblioteca, e la Legazione si apre un contenzioso molto acceso sul controllo della biblioteca che avrà termine solo con la fine dello Stato pontificio e la proclamazione dell'Unità d'Italia. E qui risiedono le ragioni dell'importanza per l'istituzione ferrarese di questo passaggio politico e amministrativo. All'indomani della proclamazione del nuovo Stato unitario, la classe dirigente della pubblica amministrazione ferrarese viene cambiata radicalmente e il direttore della biblioteca non fa eccezione. Il 15 ottobre 1861 il sindaco Rodolfo Varano sottoscrive un nuovo regolamento per la biblioteca, che ne sancisce la proprietà e la gestione comunali esclusive. Il bibliotecario è definito secondo criteri più moderni, come un tecnico e un esperto. Il nuovo regolamento è inserito nel quadro di un complessivo riassetto di tutti gli uffici pubblici a opera del nuovo governo, che vede la biblioteca come un pubblico servizio da riformare alla luce della nuova spinta politica.

Nel gennaio 1862 monsignor Giuseppe Antonelli, direttore della biblioteca dal 1845, riceve dal sindaco una lettera con cui viene posto in forzata giubilazione. Troppo compromesso con lo Stato pontificio, Antonelli, per rimanere al suo posto, nonostante gli indiscussi meriti bibliografici che gli varranno l'autorizzazione, dietro sua esplicita richiesta, di valersi fino alla morte, del titolo di "Bibliotecario Emerito". Viene quindi nominato per la prima volta un laico, Luigi Napoleone Cittadella, che dirigerà la biblioteca dal 1862 al 1877. L'istituto si appresta a giocare un nuovo importante ruolo per la città, i bibliotecari sono ora costretti a fare i conti con una nuova figura di lettore e di utente/cittadino che si affaccia sulla scena della società civile.

Emblematica, a questo proposito, la petizione firmata da più di cento tra studenti e cittadini comuni, per lo più commercianti, che chiede con forza l'apertura serale della biblioteca. Il bibliotecario, sollecitato dal sindaco, redige tre differenti progetti, che ricalcano altrettante diverse soluzioni, e le sottopone al vaglio della pubblica amministrazione. Ma il fatto più sorprendente di questa vicenda è il rilievo pubblico del dibattito. La richiesta dei lettori viene pubblicata sulla "Gazzetta Ferrarese" e pochi giorni dopo Cittadella risponde sempre dalle colonne del giornale.2 Questo avvenimento non ha precedenti. Non solo i cittadini rivolgono una specifica istanza per avere un migliore servizio di lettura, ma questo bisogno viene ritenuto degno di occupare le colonne di un giornale. Da parte della cittadinanza colta c'è la netta percezione di essere nelle condizioni di richiedere un servizio, c'è la consapevolezza di trovarsi di fronte a un interlocutore, la pubblica amministrazione, a cui rivolgere istanze, nella speranza di vedersele accettate; c'è, insomma, la coscienza che la biblioteca sia un bene comune di uso pubblico, di cui la città finalmente si sta appropriando.

La storia di una biblioteca si legge anche e soprattutto attraverso le sue raccolte, e in questi anni gli incrementi patrimoniali avvengono principalmente attraverso importanti donazioni. A questo proposito è stata ricostruita la libreria di un ricco ebreo filantropo e patriota, Salvatore Anau (1807-1874), che donò alla biblioteca civica la sua ricca e singolare raccolta libraria nel 1873, un anno prima della morte. L'1 agosto di quell'anno il bibliotecario Luigi Napoleone Cittadella redige l'elenco dei 1.030 volumi, inseriti nella raccolta della civica biblioteca, provenienti dalla libreria della casa paterna di Anau a Ferrara. Altri 319 libri vengono presi in carico e successivamente venduti o permutati perché in doppia copia. L'elenco è piuttosto interessante: vi si trovano classici della letteratura e poesia latina (Ovidio, Giulio Cesare, Virgilio), testi di storia (Histoire populaire de Napoléon di Raisson, Florence et ses vicissitudes di Delecluzes, Histoire de l'Angleterre di Thierry, opere di Guicciardini e Machiavelli), di politica e filosofia (Discorsi politici di Peruta, Économie politique di Droz, l'opera di Chateaubriand), di letteratura italiana e francese in lingua originale (Balzac, Molière, Dumas) che forniscono l'immagine di un uomo colto e preparato politicamente, con una cultura formata intorno ai grandi temi del Romanticismo. In questo quadro non possono mancare la Histoire philosophique des juifs di Capefigue, le Antichità giudaiche di Flavio, opere di George Sand, Lord Byron, oltre a l'Essai sur le principe de population di Malthus e Dei delitti e delle pene di Beccaria.

Ricco banchiere ebreo, originario di Ferrara, possidente terriero, Anau fu giornalista di idee progressiste, amico e collaboratore di Nicolò Tommaseo che aveva perorato la causa del riconoscimento dei diritti civili degli israeliti. Egli rappresentò, insieme ad altri uomini del suo tempo, quella borghesia liberale e progressista che credeva nella libertà e nell'eguaglianza sociale. Con grande spirito filantropico, nel 1846, promosse la realizzazione di un asilo infantile rurale a Paviole di Canaro, ispirandosi a quelli della pedagogista francese Marie Carpantier. Svolse anche un'intensa attività politica, essendo stato eletto, unico ebreo oltre al cognato Leone Carpi di Cento, alla Costituente Romana. Con la caduta della Repubblica romana si rifugiò a Genova, da dove scrisse fin dal 1871 al Cittadella per prendere accordi sulla destinazione della biblioteca.

Sempre sul fronte del patrimonio, determinante in questo periodo fu il versamento delle librerie delle comunità religiose soppresse con il Regio decreto n. 3036 del 7 luglio 1866. In particolare l'articolo 24 del decreto stabilisce che libri, manoscritti, documenti scientifici, archivi e oggetti d'arte siano devoluti a pubbliche biblioteche o musei. Dall'elenco redatto da Luigi Napoleone Cittadella dei "libri scelti dalla massa, e portati in biblioteca, cui mancavano", allegato al verbale dell'Adunanza della Biblioteca del 28 febbraio 1877, si sono rintracciati molti dei volumi entrati in biblioteca in quegli anni. Con alcune sorprendenti presenze, come un'edizione del romanzo di Giacomo Casanova Nè amori, nè donne ovvero la stalla ripulita, pubblicato a Venezia da Modesto Fenzo nel 1782, che reca nella prima carta di sguardia una nota di possesso manoscritta: "[...] di fr.[ate] Carlo"; o, ancora, Ovidio, Libri de arte amandi et de remedio amoris, stampato a Venezia da Giovanni Tacuino nel 1509, e Amorum libri tres del 1518, provenienti dal Convento dei Cappuccini di Ferrara.

Altro passaggio fondamentale è costituito dalla nascita e dallo sviluppo delle biblioteche popolari circolanti, istituite per contribuire a far fronte all'analfabetismo che affliggeva il neonato Stato unitario. Ecco allora la biblioteca circolante della società Savonarola, poi confluita in quella Pedagogica e quella circolante di Bondeno.

La mostra ha cercato di indagare anche altri aspetti legati al mondo del libro: i libri di lettura consigliati per divulgare la pratica del leggere soprattutto tra i ragazzi e le giovani donne. Uno dei manuali più diffusi in questo periodo è redatto da Aldo Gennari, direttore della biblioteca dal 1877 (dopo il pensionamento di Cittadella) al 1891. Gennari (1826-1893), ferrarese, frequentò l'Università nel periodo risorgimentale e prese parte ai moti del 1848 e del 1849 come volontario tra i Bersaglieri del Po. La giovinetta educata è una rassegna di "buoni libri" con un ampio catalogo di autori e titoli che prefigurano le trasformazioni del mercato librario ottocentesco.3 Si tratta di una proposta suggestiva e ardita, per quei tempi, che arriva a suggerire alle giovani donne la lettura di "giornali politici", incoraggiandole quindi ad abbandonare i confini del domestico. Gennari dimostra un forte interesse per la produzione editoriale contemporanea, sviluppa una particolare attenzione alle nuove fasce di lettori, in particolare i giovani, e concepisce la biblioteca come un organismo aperto e attivo sul territorio, un'istituzione democratica che possa rivolgersi a tutti i cittadini senza distinzioni sociali, per favorirne la crescita culturale e intellettuale.

Altra questione di non poca importanza è rappresentata dall'insegnamento della religione nelle scuole del Regno. Nell'ambito del Consiglio comunale di Ferrara, nel 1870, si apre un dibattito molto acceso su istanza del consigliere Gattelli, che propone di abolire nelle scuole elementari pubbliche l'istruzione religiosa a favore di un insegnamento morale laico e di nozioni di educazione civica. La proposta è corredata da suggerimenti bibliografici alternativi ai tradizionali catechismi religiosi, come per esempio il Giannetto di Luigi Alessandro Parravicini, pedagogista, autore di manuali per le scuole elementari e di operette morali.

L'esposizione, inoltre, si è arricchita dei begli album riccamente illustrati provenienti dalle raccolte del Museo del Risorgimento di Ferrara, espressione dell'iconografia ottocentesca. In particolare occorre citare quelli con i disegni di Quinto Cenni, famosissimo cronista e illustratore imolese che, lavorando sul campo di battaglia, con la sua opera cercò di conferire dignità di "esercito" ai volontari del Risorgimento, per far accettare una continuità, o comunque un collegamento, tra questi e il Regio esercito.

La partecipazione di Ferrara alla Mostra del Risorgimento italiano di Torino nel 1884 getta le basi del Museo del Risorgimento di Ferrara (inaugurato nel 1903). Gran parte dei documenti esposti a Torino, e poi alla mostra emiliana che si tenne nel 1888 a Bologna, furono raccolti presso privati a opera della Deputazione ferrarese di storia patria. E molte delle pubblicazioni che testimoniano di queste e altre esposizioni del periodo sono state esposte in mostra, a testimonianza della vivacità e immediatezza delle illustrazioni. L'aspetto iconografico è stato messo in evidenza anche dai numerosi giornali esposti: "Il Corriere delle dame", "L'illustrazione popolare", "L'arte per tutti", il "Corriere illustrato delle famiglie" e la "Scena illustrata". La forza delle immagini che scaturisce da queste pagine è a volte sorprendente e ci riporta con grande freschezza, anche grazie alle pagine pubblicitarie, all'interno delle atmosfere della vita quotidiana della seconda metà del secolo XIX.


Note

(1) Curatrici: Arianna Chendi e Delfina Tromboni; allestimento: Arianna Chendi, Beatrice Morsiani e Delfina Tromboni; riproduzioni fotografiche: Eliot, Mirandola (Modena). Si ringrazia tutto il personale della Biblioteca comunale Ariostea e dell'Archivio comunale per la preziosa collaborazione.

(2) "Gazzetta Ferrarese", 21 e 25 ottobre 1873.

(3) A. Gennari, La giovinetta educata, Ferrara, Premiata tipografia sociale di A. Ambrosiani, 1878; Id., La giovanetta educata. Seconda edizione riveduta ed ampliata, Milano, Carrara, 1880.

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