Rivista "IBC" XVIII, 2010, 4

musei e beni culturali / mostre e rassegne, pubblicazioni

Guttuso. Passione e Realtà, a cura di S. Roffi, Milano, Edizioni Gabriele Mazzotta, 2010.
Guttuso non si ferma

Enzo Vignoli
[collaboratore della rivista "OLFA. Osservatorio letterario Ferrara e l'Altrove"]

Il dato più rilevante della mostra "Guttuso. Passione e Realtà" - allestita alla Fondazione Magnani Rocca di Mamiano di Traversetolo (Parma) dall'11 settembre all'8 dicembre 2010 (www.magnanirocca.it) - sta forse nell'articolazione dei testi critici nel catalogo edito da Mazzotta. Senza nulla togliere a un'iniziativa assai bene equilibrata, suddivisa in sezioni che sanno presentare l'immagine complessiva di Guttuso in modo molto convincente, l'apparato letterario apre la porta a interessanti verifiche per un pubblico di non iniziati e offre a tutti la possibilità di allargare il raggio critico.

Il saggio d'apertura, Per una riflessione complessiva, approssimandosi il centenario, è scritto da Enrico Crispolti, uno dei principali esegeti viventi del pittore siciliano. Lo scritto conclusivo analizza in maniera convincente, per mano di Stefano Roffi (curatore di mostra e catalogo), le consonanze fra un pittore realista e un regista neorealista: Guttuso e Rossellini. La parte centrale è lasciata a un intervento di Alberto Mattia Martini, che riscopre l'importante mostra dedicata da Parma a Guttuso tra 1963 e 1964, e ad alcune lettere e saggi di Roberto Longhi, Giovanni Testori e Franco Russoli, scritti sempre per quella esposizione parmense o poco prima. Viene poi riportata una sorta di manifesto in cui Guttuso espose la propria poetica, espressa nello scritto Del realismo, del presente, e d'altro, apparso nel gennaio 1957 sulla rivista "Paragone".

Tenuto conto che siamo in presenza di testi fra loro lontani una cinquantina d'anni, sorprende la sostanziale concordia delle analisi che contengono. Forse il fervore critico che nel 1963 animava Testori o Russoli, a cui fa eco l'appassionato peana intonato oggi da Crispolti, è la naturale conseguenza dell'analoga forza che sprigiona dai dipinti di Guttuso. "Una delle mostruosità del 'realismo socialista'" - affermava il pittore - "fu […] di aver preteso di liquidare la ricerca moderna". Guttuso, però, non si ferma ai proclami, alla denuncia di un tentativo di cristallizzare per sempre gli stilemi artistici, imbalsamandoli nel trionfalismo ideologico. Più avanti, nello scritto citato, si legge che "è impossibile vedere nell'avanguardia un metodo permanente, perché obiettivamente rischierebbe di risolversi in un alibi. La rivoluzione permanente è il contrario della rivoluzione". Come si oppone, dunque, il pittore alla paralisi totale del realismo socialista, alla continua fuga in avanti dell'avanguardia o al manicheismo di "chi pretende di dividere il mondo in due: arte astratta - arte realista"?

Guardando i quadri di Guttuso, senza avere conoscenza delle sue teorie e della sua biografia culturale e politica, si può provare una comprensione che desta stupore ma non sospetti, una solidarietà con i soggetti ritratti alleggerita dal peso di ideologie coercitive, la sensazione entusiastica di una grande forza vitale scevra dal timore di abbagli intellettualistici o di malafede. È in questo senso che, alle parole, Guttuso ha sempre fatto seguire i fatti. La sua grande forza è la coerenza e a essa rimane saldamente fedele, slanciandosi a osservare il mondo senza timori e preclusioni, conscio di dover affrontare i suoi soggetti senza attenuarne la materialità, tuttavia non violentandoli mai in senso iperrealista o espressionista.

Il dipinto in cui il pittore siciliano sembra tirare più fortemente la corda a sfidare i limiti imposti dal dovere di cronaca con la violenza di un linguaggio crudo, realistico e "volgare" è forse Fuga dall'Etna, del 1938. Ma quella corda non si spezza. L'eventuale tentazione di paragonare quell'umanità stravolta, disordinata e sanguigna - in fuga sì dall'Etna, ma forse anche dalla vita - a quella delle illustrazioni di Walter Molino sulla "Domenica del Corriere" si arresta dinanzi all'evidenza che la sintesi coloristica e spesso sommaria imposta dalle necessità giornalistiche è lontana dalla potenza espressiva dei personaggi di Guttuso, che si agitano sotto la spinta di una concitazione spasmodica, con i volti segnati dalla paura, ma anche fissi in un'impotente rassegnazione.

"Se è vero che quel che decide di un'opera d'arte è 'in definitiva il suo contenuto', è altrettanto vero che tale contenuto non esiste, e quindi non può decidere di nulla, se è solo dichiarato e non espresso artisticamente". Guttuso arriva qui al punto di ogni questione sull'opera d'arte: quello della necessaria simbiosi fra forma e contenuto. Quando questa unità si attua in un amalgama perfetto, senza il bisogno di calcolare e di distinguere quanto dell'uno o dell'altra siano presenti, allora ogni parola diventa superflua.


Guttuso. Passione e Realtà, a cura di S. Roffi, Milano, Edizioni Gabriele Mazzotta, 2010, 220 pagine, 48,00 euro.

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