Rivista "IBC" XVIII, 2010, 3

musei e beni culturali / progetti e realizzazioni

Il Museo civico archeologico di Bologna ha inaugurato il nuovo allestimento della Collezione romana.
Perché non possiamo non dirci Romani

Valeria Cicala
[IBC]

Mentre ci si prepara a festeggiare i ventidue secoli dalla nascita della colonia di Bononia, il Museo civico archeologico della città riallestisce la sezione romana e riesce nell'intento non facile di coniugare la storia del collezionismo, che costituisce tanta parte del materiale esposto nelle sue sale, con la possibilità di raccontare al pubblico, in una limpida sequenza, la vita quotidiana pubblica e privata dei nostri antenati. Aver garantito la permanenza delle antiche bacheche ottocentesche per salvaguardare la memoria di uno dei pochi allestimenti postunitari ancora esistenti (con il cromatismo parietale suggerito dal terzo stile pompeiano) non ha impedito, infatti, di aggiornare esposizione e didascalie, riconsiderando gli oggetti da esporre e l'ordine con cui presentarli.

Si accennava a una delle caratteristiche fondamentali del patrimonio archeologico di età romana del museo bolognese, il fatto di essere frutto di importanti nuclei collezionistici: quello universitario, composto in gran parte dai materiali di proprietà di Luigi Ferdinando Marsili, il fondatore dell'Accademia delle Scienze di Bologna; e quello di Pelagio Palagi, artista e collezionista. Questo patrimonio compose la parte preponderante del Museo quando fu creato, nel 1881. Altre donazioni si aggiunsero, ma certamente l'impronta delle collezioni si deve a questi due personaggi, che subirono il fascino dell'antico e che, in secoli differenti, acquistarono sul mercato antiquario e seguirono con interesse gli esordi dell'archeologia nella nostra penisola.

Se dunque non è prevalente il materiale afferibile al contesto locale, certamente la ricchezza dei materiali ha consentito di sviluppare l'ampia sezione intitolata "Vita nella domus", che propone in sequenza: "vasellame da cucina e da mensa", "illuminazione", "arredamento e strumentario". Si passa poi a un'altra tematica assai importante per capire la vita e l'approccio dei Romani alla cultualità, con le vetrine dedicate alla "religione e superstizione" e ancora quella sul "culto funerario". Questi due ambiti ricevono anche un notevole apporto dal lapidario del museo, dove, a parte un nucleo di epigrafi di provenienza urbana, cioè pertinenti alla città di Roma, si possono leggere le grandi iscrizioni funerarie o i testi di carattere onorario che raccontano le storie degli abitanti della colonia e i suoi rapporti con alcuni degli imperatori: Bologna si schierò con Antonio nella guerra che contrappose, dopo la morte di Cesare, Marco Antonio a Ottaviano, futuro Augusto. Ma ancora altre sezioni ci raccontano "mestieri", "pesi, misure e monete", "ornamenti e cura del corpo".

Emozionante per la raffinatezza dei pezzi il "periodo tardo antico", come pure di forte impatto visivo la sala in cui sono collocate parte delle sculture, che propone un allestimento squisitamente settecentesco, in omaggio al collezionismo che caratterizza quel tempo. Da segnalare che oltre alla nuova guida, recentemente realizzata [e recensita dall'autrice nel n. 1-2010 di "IBC", ndr], per la sezione romana è stato curato un ottimo fascicolo, tradotto anche in inglese, che propone in una ricca sintesi i contenuti fondamentali della collezione. Un passaggio per queste sale ci farà capire qualcosa di più di noi stessi, della nostra mentalità e delle nostre consuetudini. Non vorremmo ripeterci, ma la memoria aiuta a comprendere la realtà in cui viviamo.

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