Rivista "IBC" XVIII, 2010, 3
musei e beni culturali / mostre e rassegne, pubblicazioni, storie e personaggi
Parafrasando un po' avventurosamente il titolo di un famoso romanzo di Jules Verne, abbiamo giocato col medesimo espediente utilizzato dal Museo d'arte moderna e dalla Cineteca comunale di Bologna per la mostra dedicata, dal 25 marzo al 25 luglio 2010, a uno dei nostri registi più importanti: "Fellini. Dall'Italia alla luna". Aggiornando e allargando la fortunata edizione parigina del Jeu de Paume, chiusa nel gennaio scorso, la mostra ha mantenuto il taglio evocativo, e per nostra fortuna tutt'altro che didascalico, impresso dal curatore Sam Stourdzé. "Io non voglio dimostrare niente", diceva Fellini, "voglio mostrare". Queste parole, poste non a caso in apertura del catalogo, alludono anche all'impegno assunto da chi ha tentato di rendere una personalità così complessa e sfuggente come quella del regista riminese.
La sua poetica, infatti, scaturiva innanzitutto dal non sentirsi un "intellettuale" e dalla conseguente necessità di schivare ogni tentativo di annessione ideologica: "Mi pare di aver sempre girato lo stesso film; si tratta di immagini e solo di immagini, che ho filmato usando gli stessi materiali, forse sollecitato di volta in volta da punti di vista diversi". La chiave migliore per arrivare al centro del pianeta Fellini, quindi, sembra proprio quella che gira e rigira intorno ai suoi film. E la mostra allestita al MAMbo funzionava davvero come una giostra o una parata felliniana: colorata, musicale, vorticosa e impossibile da fermare, a meno di scendere e fermarsi.
Dal manifesto originale fluorescente di Roma, mai esposto in precedenza, si passava a quello di Amarcord, dalle foto di scena tratte da La dolce vita, 8 e mezzo, La strada... agli spezzoni dei film, dai disegni del regista tratti dal suo Libro dei sogni agli spunti tratti dagli articoli di cronaca... La suggestiva incombenza di tutto questo insieme di reperti viene ad essere recuperata e integrata dalla lettura del catalogo, ricco di aneddoti e informazioni importanti. Tutti dati che chiariscono, quanto mai prima, il senso della parola fiction applicata al cinema di fantasia. Fellini era una sorta di stregone dell'artificio, della costruzione e ricostruzione del materiale che aveva a disposizione e che andava ad assemblare. La maggior parte dei suoi film non nasceva in presa diretta, a partire dal sonoro stesso: per non sottostare agli obblighi di una sceneggiatura definitiva da sottoporre ai protagonisti dei suoi film (e da imporre a sé stesso), il regista faceva "recitare" a quasi tutti delle frasi prive di senso, numeri o parole inventate lì per lì. In nome della sua libertà creativa. La costruzione del film, infatti, avveniva in fase di montaggio e di doppiaggio.
Presentando la mostra, l'allora assessore regionale alla cultura, Alberto Ronchi, confessava di sentire la mancanza di Fellini e si chiedeva a quali livelli di grottesco il regista sarebbe arrivato nel descrivere l'Italia di oggi. Concludeva poi con una precisa dichiarazione d'intenti, una promessa, anzi una vera e propria assicurazione: in nessun caso la Regione Emilia-Romagna avrebbe fatto morire la Fondazione riminese intitolata al regista (www.federicofellini.it). Auspichiamo che questa esplicita assunzione di responsabilità possa essere raccolta dal suo successore, anche a dispetto di quanto sta accadendo nel nostro Paese.
Fellini. Dall'Italia alla luna, a cura di S. Stourdzé, Bologna, Edizioni Cineteca di Bologna, 2010, 253 pagine, 30,00 euro.
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