Rivista "IBC" XVIII, 2010, 2
inchieste e interviste, media
Il pubblico parigino assiste per la prima volta a uno spettacolo cinematografico il 28 dicembre 1895, e solo dopo otto mesi la nuova invenzione dei fratelli Lumière arriva a Bologna al Teatro Brunetti, l'attuale Teatro Duse. Dal 27 agosto al 3 settembre 1896, per 60 centesimi, si può assistere alla pantomima Histoire d'un Pierrot di Beissier, rappresentata dalla compagnia teatrale diretta da Ugo Perfetti, compagnia che nelle inserzioni sulle pagine dei quotidiani locali si definisce come "artistico-scientifica" poiché in chiusura propone "esperimenti di fotografia animata". Il pubblico bolognese rimane stupito dal realismo con cui la nuova invenzione riproduce la vita in movimento e applaude fragorosamente, richiedendo la replica di ogni quadro. Tra i film si rappresenta anche Inaugurazione del Monumento a Minghetti a Bologna, il primo filmato della città, girato nel giugno dello stesso anno. In sole otto sere, più di diecimila bolognesi assistono allo spettacolo e, visto il successo, la compagnia organizza per la settimana seguente nuove serate al Teatro del Corso e poi ancora al Brunetti.
L'arrivo del cinematografo è opera di singoli impresari ambulanti che, proprietari delle attrezzature e delle pellicole, propongono nei varietà e nei teatri delle città italiane una chiusura di serata con proiezioni. La diffusione a Bologna di questa novità, al di fuori della programmazione teatrale, non è però veloce come si potrebbe pensare: solo nel giugno del 1899, infatti, al Teatro Duse, il cinematografo è presentato per la prima volta come spettacolo autonomo, dagli impresari Enrico Pegan e Giuseppe Stancich. Il loro programma serale, composto da circa venti pellicole, è diviso in due parti, e le attrazioni principali sono due film del catalogo Lumière che rappresentano rispettivamente una corrida e la vita di Gesù. Le proiezioni durano però pochi giorni, fino a quando, con il consolidamento dei cinematografi stabili, si avrà un'offerta continua nell'arco dell'anno.
Con l'ingresso nel Novecento si registra una sostanziale novità, segno che il cinema ha trovato un suo specifico pubblico e una discreta opportunità economica. Agli spettacoli cinematografici nei teatri e nei varietà bolognesi si affiancano nuovi luoghi dedicati alle proiezioni: sono le stagionali piazze dei divertimenti (durante la stagione invernale, piazza VIII Agosto; in quella estiva, uno spiazzo fuori porta d'Azeglio), dove a partire dall'inverno del 1899 sostano anche impresari ambulanti con baracconi cinematografici, e sono i primi locali dove si assiste esclusivamente alle proiezioni. Questi ultimi, però, non possono essere considerati come veri e propri cinematografi, sia per la loro durata effimera, limitata ad alcuni mesi di vita, sia per il fatto che sono adibiti anche ad altre iniziative. L'atrio dell'Arena del Sole, per esempio, nonostante sia usato per molti anni come cinematografo durante la stagione invernale, nel periodo di chiusura del teatro diventa anche bar e ristorante.
Per l'apertura del primo cinematografo stabile bisogna aspettare il 22 ottobre 1904, data dell'inaugurazione della Sala Marconi, situata in via Rizzoli 29, nel locale delle ex pescherie. Fino al 1910 i cinematografi sono all'interno della cerchia muraria e vengono ricavati principalmente riadattando vecchie stalle, botteghe ed ex birrerie. A partire dal 1911 si può considerare conclusa una prima fase pionieristica dell'esercizio cinematografico: aprono infatti diversi locali appositamente dedicati, situati anche fuori dalle mura, in edifici di grandi dimensioni, progettati e costruiti per questa funzione a pochi mesi dalla richiesta dei permessi. La loro apertura fuori dal centro storico segue l'allargamento dello spazio urbano dovuto all'abbattimento delle mura medievali, che porta alla progettazione e costruzione di nuovi quartieri.
La diffusione dell'esercizio stabile fa perdere progressivamente importanza agli altri luoghi di proiezione: dopo il 1908, se le piazze dei divertimenti rimangono ancora il luogo popolare per eccellenza, i baracconi cinematografici che vi sostano divengono sempre più sporadici, mentre gli spettacoli nei teatri si riducono a occasionali presentazioni di film importanti, come accade per esempio nel 1911 con il lungometraggio Divina Commedia. Inferno della Milano Films, presentato al Teatro Duse a un pubblico d'élite.
Fino all'avvento del lungometraggio, fra il 1910 e il 1911, i programmi dei cinematografi sono composti da quattro o cinque film di produzione europea o americana. In apertura, in genere, è presentato un film a soggetto; seguono uno o due film documentari, che all'epoca sono definiti "dal vero" e che possono anche essere riprese di avvenimenti d'attualità; e, a chiusura, una comica. Quando compare il lungometraggio, gli esercenti abbandonano progressivamente questa impostazione multipla, anche se con una certa diffidenza: i film lunghi richiedono investimenti più ingenti e, come ogni novità, rischiano di non piacere al pubblico. La nuova programmazione prevede la proiezione di un film lungo, seguito solamente da una breve comica o da un'attualità.
I film sono muti, ma spesso sonorizzati mediante i fonografi o facendo ricorso ad attori: come il cinema Volta di via Volturno, dove recita in dialetto la compagnia del Teatro Nosadella. Le sale di proiezione sono divise in due o tre categorie di posti, separati tramite transenne di legno o ferro e con prezzi di ingresso differenti: i primi posti, in genere i più lontani dalla tela e talvolta situati in posizione rialzata, sono poltrone; i secondi, sedie; e i terzi, di gran lunga i più numerosi, panche in legno. Alla differenziazione dei posti, come dimostrano le planimetrie ritrovate negli archivi bolognesi, corrispondono sale d'aspetto ed entrate separate, in modo che le diverse categorie di pubblico possano rimanere divise.
È importante soffermarsi sulla fruizione sociale degli spettacoli cinematografici nei primi anni della loro diffusione. All'inizio, come si è detto, i film sono presentati insieme a spettacoli teatrali e quindi si rivolgono a spettatori di livello medio-alto. Quando il cinema abbandona i teatri per locali appositi, però, la maggior parte dei tentativi degli esercenti bolognesi di aprire cinematografi rivolti all'élite fallisce e le diverse classi confluiscono per lo più nelle stesse sale, sia pure con spazi e posti separati. Comunque sono soprattutto i ceti popolari a decretare il successo del cinematografo e ciò influisce sull'evoluzione sia dei locali sia dei soggetti dei film: è il popolo che con la fotografia animata "scopre il mondo", si diverte con le comiche e si immedesima nelle rappresentazioni dei drammi mostrati nei lungometraggi, determinando così, fra il 1912 e il 1913, la grande diffusione di cinematografi sia in centro che in periferia.
Fino a oggi i contributi per una storia del cinema a Bologna, contrariamente a quanto avvenuto in altre città, non hanno ancora ricostruito in modo accurato il processo che dalle origini ha condotto all'avvento del sonoro.1Le pubblicazioni esistenti, infatti, si basano principalmente su ricordi e testimonianze personali che ricostruiscono in maniera suggestiva, ma aneddotica, le atmosfere degli spettacoli dell'epoca, o sono parziali e basate su notizie sporadiche tratte dai giornali. Emerge quindi la necessità di un nuovo approccio alle fonti locali, attraverso uno spoglio sistematico della stampa quotidiana locale e indagini approfondite negli archivi, per poi integrare le informazioni.
Lo studio recentemente condotto da chi scrive in occasione di una laurea di specializzazione discussa presso l'Università di Bologna (studio del quale, qui, sono sintetizzati solo alcuni dei risultati) ha portato alla luce, per il periodo compreso fra il 1896 e il 1913, più di trecento documenti riguardanti la storia del cinema a Bologna. Documenti che permettono di ricostruire l'ubicazione dei cinematografi di anno in anno, la loro struttura interna, l'alternarsi degli esercenti, il loro aspetto esterno con insegne luminose, manifesti e imbonitori. Le programmazioni sono poi analizzabili attraverso la raccolta delle inserzioni sui quotidiani, delle notizie sui periodici specializzati e delle brochure conservate in archivi e biblioteche della città.
La ricerca condotta, oltre a portare alla luce nuovi temi di approfondimento, ha messo in evidenza la necessità di localizzare le fonti e di descriverne la documentazione, magari digitalizzandola in vista di un prodotto multimediale che renda maggiormente fruibile a tutti le informazioni disperse. Si apre quindi la strada per un progetto che riconosca e salvaguardi un patrimonio prezioso e fino a oggi nascosto, necessario per ricostruire i percorsi storico-artistici della città di Bologna agli inizi del Novecento e per completare, attraverso la storia locale, il quadro nazionale dei primi anni di diffusione del cinema.
Nota
(1) Fra le pubblicazioni riguardanti il cinema muto a Bologna si vedano in particolare: R. Benatti, Il cinema in biblioteca, "Cineteca" (XVI, 2000, 2, p. 19; 6, pp. 16-17; 8, pp. 20-21; XVII, 2001, 2, pp. 20-21); A. Cervellati, Bologna divertita, Bologna, Tamari, 1964; E. Nepoti, I cinematografi a Bologna nel 1911, "Immagine - Note di Storia del Cinema", serie IV, 2008, 1, pp. 60-84; G. Paganelli, Lasciateci sognare (ovvero del cinema perduto), Bologna, Centro ricreativo e culturale Santa Viola, 2008; R. Renzi, Il cinema, una città, in Storia illustrata di Bologna, a cura di W. Tega, volume V, Bologna, AIEP, 1980, pp. 281-300.
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