Rivista "IBC" XVII, 2009, 4
musei e beni culturali / mostre e rassegne, pubblicazioni
A Giovan Battista Salvi, detto il Sassoferrato dal luogo di provenienza (l'arroccata cittadina marchigiana che gli dette i natali nel 1609), Cesena ha dedicato una mostra, allestita dal 16 maggio al 25 ottobre 2009 presso la Galleria comunale d'arte. L'esposizione, un omaggio all'artista in occasione del quarto centenario della nascita, muoveva dalla presenza di cinque capolavori, conservati nella Pinacoteca cittadina: un Angelo annunziante, tre Madonne e una Madonna col Bambino eseguiti dal pittore e già nella basilica di Santa Maria del Monte. È un nucleo straordinario, che nel percorso della galleria spiccava come una punta d'eccellenza, testimoniando un talento artistico che anticipa, a metà Seicento, le forme cristalline dei preraffaelliti.
Ma non è tutto, perché le tele del maestro documentano in maniera diretta la memoria storica di quel periodo, quando il rilancio di una fede vissuta recuperava forme di misticismo che ridestavano una spiritualità interiorizzata e venata di riformismo, avvertita prima di tutto come ideale di purezza. A questa devozione fornì un volto il Sassoferrato, e non è un caso che nel segno del purismo si sia espressa tutta la sua avventura d'artista. Al pari di icone, tutte le opere del marchigiano, "preghiere dipinte" ispirate alla classicità di Perugino e di Raffaello, spinsero a una rielaborazione formale e a un'efficace potatura la produzione degli artisti a lui contemporanei, come Reni e il Guercino, dei quali la mostra ha offerto una campionatura, un percorso attraverso l'ideale "purista" fiorito in seno alla pittura italiana del XVII secolo.
Oltre alle tele del maestro, il percorso espositivo ha presentato infatti altri capolavori, selezionati dal curatore, Massimo Pulini; tra questi: l'inedita Madonna col Bambino eseguita su carta da Annibale Carracci, la Sibilla del Guercino, il Cristo benedicente di Carlo Dolci, il San Giovanni Battista di Simone Cantarini detto il Pesarese e la Vanitas di Michele Desubleo. Sono immagini iconiche, e a noi famigliari, che vantano repliche con o senza varianti, ripetute all'infinito in riproduzioni oleografiche. Di queste la mostra presentava una rassegna comprensiva dei dipinti di Giovan Battista Salvi, in tutto venticinque, provenienti dalle Gallerie nazionali di Roma, Firenze e Urbino (dove, non a caso, tra aprile e luglio era allestita una mostra su Raffaello). Con l'urbinate, Sassoferrato ebbe più di un debito di riconoscenza. Non c'è dubbio che le sue Madonne esercitassero un'impressione profonda sugli occhi e sull'anima del pittore, in quel periodo di intensa vita religiosa. E, con Raffaello, gli iniziatori del rinascimento cristiano: Beato Angelico, Piero della Francesca, Antonello da Messina, Giovanni Bellini, Francesco Francia e i fiamminghi, che gli insegnarono a penetrare con uno sguardo spirituale i volti da trasporre sulla tela.
Per questo Giovan Battista, autore "sacerdotale" (come lo definisce Alessandro Giovanardi, autore di un saggio nel catalogo curato di Massimo Pulini), lega la pittura della Controriforma all'arte paleocristiana, bizantina e medioevale; come i maestri ortodossi, Sassoferrato "riprende all'infinito gli stessi soggetti, quasi seguendo un andamento circolare e liturgico", e ne celebra "con sempre maggiore purezza il mistero" (Giovanardi). È, insomma, il senso rituale e reiterato dell'icona, e per questa via si spiega quello che, in realtà, potrebbe apparire un mistero, ovverosia la decisione di un artista in controtendenza di inoltrarsi in un sentiero solitario e silenzioso, riducendo entro un hortus conclusus il proprio raggio di azione, immutato nell'arco di sessant'anni. Ma era quella la via dei pittori di icone e l'ispirazione del linguaggio mistico dei maestri del Quattrocento, un linguaggio guidato dalla scienza della visione interiore.
Il Sassoferrato. Un preraffaellita tra i puristi del Seicento, a cura di M. Pulini, Milano, Edizioni Medusa, 2009, 156 pagine, 30,00 euro.
Azioni sul documento