Rivista "IBC" XVII, 2009, 1

Dossier: Studi d'artista - Conoscere e conservare i luoghi della creatività in Emilia-Romagna

musei e beni culturali, biblioteche e archivi, dossier /

Dimora, studio, scuola: "effetto Varoli"

Raffaella Zama
[storica dell'arte]

Quando nel 1921 Luigi Varoli iniziò ad allestire il suo studio, la cosiddetta "stalla degli Sforza" era in stato di abbandono. Affacciata sul cortile del palazzo di famiglia della moglie, era indirettamente posta di fronte all'antica casa degli Attendoli-Sforza, sul corso principale di Cotignola (Ravenna) e con essa stabiliva un'evidente continuità stilistica. Di grande fascino per Varoli, appassionato raccoglitore di memorie del passato! Il primo piano fu adibito a studio, con quel poco che le sue finanze gli potevano permettere, non avendo ancora concluso il percorso scolastico per un ritardo dovuto al giovanissimo apprendistato in una fabbrica di stoviglie, alla chiamata alle armi fra il '15 e il '18, e al recupero degli studi tecnici.

Nato nel 1889 ed educato all'arte presso la Scuola di disegno di Domenico Visani a Lugo (Ravenna), ottenne il diploma nel 1920 all'Accademia di belle arti di Bologna, dopo aver acquisito una formazione variegata in quella di Ravenna. Nello stesso anno, animato da una grande passione per la pittura, proiettò i propri interessi su Roma, perfezionandosi a pieni voti al Regio istituto superiore di belle arti. L'ambiente della capitale, che pure gli poteva offrire la possibilità di fare carriera, tuttavia lo fece sentire troppo lontano dai suoi affetti e dalla sua terra, così nel 1922 rientrò a Cotignola. Da questo momento la sua attività artistica sarà caratterizzata da un grande attaccamento alle tradizioni e dall'aspirazione a costituire una guida per i giovani del territorio, prima ancora di essere incentrata sul successo personale. L'aspetto qualitativo della pittura di Varoli, infatti, è sempre stato posto in second'ordine rispetto al pregio che ha di esser stato un grande maestro per i numerosi allievi che frequentarono la sua scuola e il suo studio. Rara eccezione fu la grande considerazione che di lui ebbe Raffaele De Grada quando nel 1970 dedicò una corposa monografia alla sua ampia produzione, per lo più ritrattistica o di figura.1

L'attività di Luigi Varoli a partire dai primi anni Venti si svolge in modo indivisibile fra il suo studio e l'adiacente Scuola arti e mestieri, che a Cotignola trova origine già a fine Ottocento con la famiglia Visani. Quella scuola, nella quale con passione innata dedica tutta la vita per trasmettere il bello dell'arte o l'abilità di un mestiere, per Varoli non ha mai avuto confini con la sua casa. Augusto Bartolotti, Primo Costa, Umberto Folli, Gaetano Giangrandi, Fioravante Gordini, Antonio Guerrini, Arialdo Magnani, Renzo Morandi, Ettore Panighi, Giulio Ruffini: sono solo alcuni fra i tanti a cui era sempre aperta la porta per lezioni d'arte e di musica (Varoli si era diplomato in contrabbasso alla Regia accademia filarmonica di Bologna nel 1931). Una porta aperta a tutti, a poeti come Nettore Neri, Gino Striuli e Aldo Spallicci, a musicisti come Isaia Billè e ai futuristi Francesco Balilla Pratella e Fortunato Depero, ma soprattutto aperta ai giovani: fra questi il promettente Mattia Moreni. Il suo studio era organizzato come una bottega all'antica, fornito degli strumenti necessari a lavorare ogni materia con qualsiasi tecnica: pietra, legno, ceramica, ferro battuto, cartapesta, incisione, pittura. I forni per la ceramica, la forgia, il torchio, il banco da intagliatore e i cavalletti dominavano lo spazio fra gli immancabili strumenti ad arco e fra pietre litografiche, modelli in gesso, teschi e ossa di animali, antiche memorie locali dall'epoca romana a quella medievale, e oggetti recenti d'ogni genere.

Nel 1937, consapevole del valore storico dell'edificio che lo ospitava, Varoli intraprese le pratiche necessarie al riassetto esterno con la Soprintendenza all'arte medievale e moderna dell'Emilia e della Romagna, facendo eseguire perizie a Gaetano Solieri e Giuseppe Strocchi, grazie ai quali il Palazzo Sforza era già stato riconosciuto monumento nazionale. Essi sostennero che tale struttura nulla aveva a che fare con le scuderie sforzesche, ma doveva invece essere la cappella gentilizia degli Attendoli-Sforza. Varoli riuscì così a ottenere la notifica e il progetto di recupero fu approvato dal Ministero dell'educazione nazionale e portato a compimento negli anni successivi, quando mai egli avrebbe potuto pensare che poi, a vanificare l'impegno profuso, sarebbero state cause diverse dal passare del tempo.

Venne la guerra. Fra il novembre 1944 e l'aprile 1945 i bombardamenti si accanirono sul piccolo centro abitato e tutto fu distrutto, il paese letteralmente annientato. Varoli ebbe la fortuna di salvare ciò che di più prezioso aveva: la vita sua e dei suoi cari, molto altro non rimaneva, né la Scuola arti e mestieri, né la sua abitazione, né il suo studio. Solo per quest'ultimo si prospettò la possibilità del recupero e, quando l'edificio risorse, il piano terreno divenne per sempre la sua dimora. Dentro ricollocò gli attrezzi e i materiali recuperati sotto le macerie, ma ne radunò anche molti altri, più di quanti per sua passione ne aveva prima. La casa-studio di Varoli in Cotignola tornò quindi a essere un attivo cenacolo, esattamente come un tempo o forse più, perché agli allievi soliti si aggiunsero quelli che dal 1949 potevano avvalersi dei suoi insegnamenti al Liceo artistico di Ravenna. Fu così fino alla sua scomparsa, avvenuta nel 1958.

Negli anni a venire, la moglie lasciò in eredità tutti i beni mobili e immobili al Comune di Cotignola, affinché del "professore" venisse custodita la memoria. Casa Varoli subì una ristrutturazione e un riordino, e nel 1970 fu inaugurata come sede museale insieme al nuovo edificio, adibito a biblioteca e uffici, che andava a occupare lo spazio dell'abitazione demolita su corso Sforza, lasciandola visibile attraverso un portico, come oggi appare. Verso la fine degli anni Ottanta, dopo che si dimostrò insicura dalle visite dei soliti ignoti, venne chiusa e sottoposta a un generale riassetto architettonico. Nel 1991 la parte più corposa della produzione dell'artista prese posto all'interno del nuovo contenitore museale al primo piano di Palazzo Sforza,2 nel costituito Museo civico "Luigi Varoli", a documentare l'attività poliedrica del grande maestro con dipinti, sculture, ceramiche e alcuni fra i tanti mascheroni in cartapesta che ogni anno animavano la festa della "Segavecchia" a mezza quaresima.

In rapporto visivo con il Museo si riaprì Casa Varoli, tornata a essere scuola e museo nello stesso tempo. Da allora, infatti, a ricordo della grande passione dell'artista, è sede della Scuola di musica e di lui conserva la memoria degli affetti con disegni e sculture che si inseriscono fra gli arredi. Antichi mobili e diversi strumenti musicali sono solo in minima parte rappresentativi del suo eclettico collezionismo, già tangibile all'esterno dell'edificio, dove numerosi frammenti architettonici sono visibilmente disseminati nel cortile e incastonati nel muro di cinta. Tra i pezzi più significativi: il Contrabbasso con testa di grifo di Gasparo da Salò, già nella collezione "Strocchi", un bassetto di Giovanni Braidi del 1787, un contrabbasso di Bartolomeo della Omini del 1795, una madonna lignea del XIV secolo, vari frammenti di epoca romana e marmi d'epoca sforzesca.

Ancora oggi l'insegnamento di Varoli resta ancorato alle tradizioni che la Scuola arti e mestieri di Cotignola attivamente conserva nel suo rapporto con le scuole e con i ragazzi del territorio, in particolare rianimando ogni anno, con carri allegorici e maschere di cartapesta, la folkloristica ricorrenza della "Segavecchia".


Note

(1) È recente una pubblicazione realizzata dall'Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna in occasione delle manifestazioni celebrative promosse dal Comune di Cotignola per il cinquantesimo della scomparsa dell'artista: Luigi Varoli. Un maestro nel Novecento (1889-1958), a cura di O. Piraccini, Bologna, Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna - Editrice Compositori, 2008 ("Immagini e documenti").

(2) Ciò avvenne non senza polemiche da parte degli allievi, che desideravano mantenere integra la caratteristica fisionomia di Casa Varoli: G. Laghi, Il Museo Varoli di Cotignola, "Romagna ieri, oggi, domani", VI, 1991, 4.

Azioni sul documento

Elenco delle riviste

    Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna - Cod. fiscale 800 812 90 373

    Via Galliera 21, 40121 Bologna - tel. +39 051 527 66 00 - fax +39 051 232 599 - direzioneibc@postacert.regione.emilia-romagna.it

    Informativa utilizzo dei cookie

    Regione Emilia-Romagna (CF 800.625.903.79) - Viale Aldo Moro 52, 40127 Bologna - Centralino: 051.5271
    Ufficio Relazioni con il Pubblico: Numero Verde URP: 800 66.22.00, urp@regione.emilia-romagna.it, urp@postacert.regione.emilia-romagna.it