Rivista "IBC" XVII, 2009, 1

Dossier: Studi d'artista - Conoscere e conservare i luoghi della creatività in Emilia-Romagna

musei e beni culturali, biblioteche e archivi, dossier /

Morandi: due studi, due storie

Marilena Pasquali
[storica dell'arte e presidentessa del Centro studi "Giorgio Morandi", Bologna]

Come nel resto d'Italia, anche in Emilia e in Romagna sono poche le case d'artista conservate e visitabili (forse è l'alto numero di musei sparsi ovunque sul territorio nazionale a scoraggiare una pratica museografica consolidatasi ormai da tempo in altri Paesi europei). C'è quindi da essere soddisfatti nel constatare che entrambe le case-studio del maggiore artista italiano del XX secolo, Giorgio Morandi, in un modo o nell'altro si sono salvate da quella trascuratezza e da quell'oblio che rappresentano i principali ostacoli al riconoscimento dello status culturale di molti luoghi potenzialmente interessanti. Ma tutto è diverso nei due studi morandiani: la collocazione, la storia, la situazione attuale.

Quello di via Fondazza, a Bologna, ha accompagnato per trent'anni l'artista, ha visto nascere la maggior parte delle sue opere ed è stato testimone, unico, del processo creativo, delle scoperte, dei ripensamenti, delle conquiste che fanno della sua arte quel capolavoro sfaccettato, complesso e abbacinante che tutti conosciamo. Come mi ha raccontato Maria Teresa Morandi, ultima sorella dell'artista, in un nostro colloquio del 5 marzo 1992, la famiglia si trasferisce al numero 34 (l'attuale 38) di via Fondazza nel 1910, alla morte del padre Andrea; la stanza riservata a Giorgio come camera da letto e studio ha la finestra sulla piazzetta ove inizia via del Piombo ed è "più comoda" perché ha la porta proprio di fronte all'ingresso: "Chi veniva a trovarlo" - mi disse Maria Teresa - "andava direttamente da lui e noi spesso non lo vedevamo neppure". Poi, nel 1933, con la costruzione di alcune case più alte, la luce nello studio cambia radicalmente e l'artista convince i padroni di casa ad affittare alla famiglia Morandi un altro appartamento, sempre nello stesso palazzo ma con l'entrata al numero 32 (oggi 36) e soprattutto con una stanza tranquilla tutta per lui, uno spazio interno con la finestra sul giardino, silenzioso e pieno di quella luce chiara che scende dai colli vicini.1

Nato molto più tardi, lo studio di Grizzana (Bologna) è stato abitato e vissuto dall'artista soltanto nelle ultime quattro estati, tra il 1960 e il 1963, ma ha assistito alle sue riflessioni estreme, fungendo da perfetta cornice per i suoi ultimi paesaggi tutti mentali, cascate di verde asciutto proteso verso l'osservatore, e per le sue nature morte giocate sul filo azzurro dell'orizzonte, azzurro come il cielo che entra dalle finestre aperte sulla valle. Ancora una volta, come venticinque anni prima, è una invincibile ragione pittorica - la luce che cambia e pare diminuire - a spingere l'artista a mutare le sue abitudini: infatti è soltanto nel 1958-1959, quando in città vengono abbattute alcune case che chiudono scenograficamente il cortile e viene costruito un alto muro a "rovinargli" l'inquadratura della finestra, è solo allora che Morandi decide di farsi costruire una villetta a Grizzana, proprio di fronte alle Case del Campiaro, e la vuole semplice, geometrica, bianca, con tante finestre aperte sugli amati paesaggi del Campoluzzo, delle Case della Fame, del Campiaro stesso. Nella casa-studio di Grizzana Morandi trascorre così molta parte dei suoi ultimi anni e non soltanto i mesi più caldi, affinando in quest'aria asciutta e cristallina il filo tagliente della sua visione e la lucidità del suo pensiero poetico.2

Nel suo testamento, Maria Teresa Morandi ha legato al Comune di Grizzana la casa e, in particolare, lo studio al primo piano e tutti i documenti morandiani (oggetti, appunti, lettere) ivi conservati.3 Dal 1994 tutto è dunque rimasto come era, e molto saggiamente i responsabili grizzanesi non hanno fatto altro che proseguire nell'azione di vigile salvaguardia che già le tre sorelle avevano portato avanti nei trent'anni seguiti alla scomparsa del fratello Giorgio. Dal 1964 al 1994, a far da "custodi", sono state dunque Anna, Dina e Maria Teresa; dal 1994 a oggi, tutti i cittadini del piccolo centro appenninico che nel 1985 - con Sandro Pertini presidente della Repubblica, peraltro grande estimatore dell'arte morandiana - hanno fortemente voluto unire al nome storico del paese quello prestigioso del grande artista che fin dal 1913 lo aveva scelto come suo luogo di elezione. I visitatori sentono in tal modo di entrare in un luogo integro, dal quale sembra che Morandi sia appena uscito, lasciandovi però l'impronta ferma della sua straordinaria personalità.

A Bologna la situazione è completamente diversa. L'appartamento di via Fondazza non era di proprietà della famiglia Morandi e perciò Maria Teresa - che pure ha fatto del Comune il suo principale erede, prima donando nel 1991 tutte le opere, gli arredi, i libri e i documenti che hanno dato vita al Museo Morandi, e poi legando a questo, per volontà testamentaria, ancora molte opere del fratello, per un totale complessivo di ben 166!4 - non ha potuto affidare alla Città anche la casa; ha però responsabilmente indicato, tra le clausole della sua donazione modale, anche il trasferimento di tutti gli oggetti e gli arredi dello studio da via Fondazza al Museo Morandi.5 E questo non solo per salvarli, ma anche per garantirne una corretta lettura da parte del pubblico tutto, studiosi e semplici visitatori: che cosa ci può essere infatti di più avvincente e istruttivo che poter vedere vicini e poter confrontare i "modelli" morandiani e le opere d'arte che ne rappresentano la trasposizione, la reinvenzione poetica?

Qualche anno più tardi, l'appartamento di via Fondazza è stato venduto a privati che purtroppo ne hanno iniziato la ristrutturazione prima che, grazie a un estremo e benemerito intervento del soprintendente Elio Garzillo, ogni intervento venisse bloccato e il Comune di Bologna decidesse l'acquisizione alla cosa pubblica di un luogo così carico di memoria e di valore culturale. Poi tutto è rimasto fermo per anni in una ridda di non sempre esaltanti proposte di utilizzo dei locali, fino a che la Giunta Cofferati e la presidenza dell'Istituzione GAM - Galleria d'arte moderna, di cui il Museo Morandi fa parte, non hanno deciso tre anni fa di procedere finalmente al restauro della vecchia abitazione, stabilendo nel contempo di riportare in via Fondazza oggetti e arredi per ricostruire in situ lo studio. I lavori sono in corso e la riapertura della casa-studio è annunciata per il settembre 2009.

A questo punto si potrebbe pensare che ogni cosa sia finalmente a posto, ma non tutto è chiaro e restano molti dubbi. In primo luogo si pone l'interrogativo, tutto culturale, se sia meglio avere gli oggetti di Morandi vicino alle sue opere, per una migliore conoscenza - starei quasi per dire: intelligenza - della sua arte, oppure se debba prevalere la logica museografico-feticistica del luogo sacro e intangibile a cui ci si avvicina con reverenza, come a un palcoscenico ormai deserto. Non ho una risposta chiara a questa domanda e anche se io preferisco decisamente la prima soluzione, credo che possano avere un senso entrambe le ipotesi: oggetti e opere insieme, al museo, per comprendere meglio l'artista e il suo modus operandi; studio ricostruito (perché, oggi, più di questo non si può comunque fare) come meta di una visita rispettosa e meramente evocativa. Siamo però certi che le decisioni attuali garantiscano il rispetto della chiara volontà di Maria Teresa Morandi?


Note

(1) Si veda in proposito anche Il confronto con le avanguardie, terzo capitolo della monografia di Marilena Pasquali: Giorgio Morandi. Saggi e ricerche 1990-2007, Firenze, Noèdizioni, 2007, pp. 27-41.

(2) L'immagine di Grizzana, ibidem, pp. 125-132.

(3) Nei mesi scorsi, il Centro studi Giorgio Morandi di Bologna, presieduto da chi scrive, ha completato la catalogazione scientifica di tutto il materiale documentario ritrovato in casa Morandi e prudentemente conservato in cassaforte dagli amministratori pubblici di Grizzana.

(4) La Raccolta Morandi del Comune di Bologna (1961-1996), in Museo Morandi. Catalogo Generale, a cura di M. Pasquali, Bologna, Grafis, 1996, pp. 426-428.

(5) Si veda: F. Berti Arnoaldi, Per la storia del Museo Morandi, Bologna, Amici del Museo Morandi, 2001, p. 9; l'autore riporta qui le clausole della donazione del 1991 e tra queste ricorda, al punto 2, come "della raccolta del Museo Morandi farà parte lo 'studio' di Giorgio Morandi che sarà fedelmente 'ricostruito' coi materiali oggetto di donazione".

Azioni sul documento

Elenco delle riviste

    Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna - Cod. fiscale 800 812 90 373

    Via Galliera 21, 40121 Bologna - tel. +39 051 527 66 00 - fax +39 051 232 599 - direzioneibc@postacert.regione.emilia-romagna.it

    Informativa utilizzo dei cookie

    Regione Emilia-Romagna (CF 800.625.903.79) - Viale Aldo Moro 52, 40127 Bologna - Centralino: 051.5271
    Ufficio Relazioni con il Pubblico: Numero Verde URP: 800 66.22.00, urp@regione.emilia-romagna.it, urp@postacert.regione.emilia-romagna.it