Rivista "IBC" XVII, 2009, 1

musei e beni culturali / progetti e realizzazioni, restauri, leggi e politiche

Dopo accurati restauri, un polittico trecentesco e una tavola del Cinquecento ritornano nel Museo storico archeologico di Santarcangelo di Romagna. Pronto a conservarli anche in modo preventivo...
Restauri sugli altari

Lidia Bortolotti
[IBC]

Il 14 e il 21 novembre 2008, nell'ambito dell'iniziativa "Musei aperti" organizzata dalla Provincia di Rimini, il Museo storico archeologico di Santarcangelo di Romagna ha presentato al pubblico il restauro di due opere preziose: una tavola di Luca Longhi e un polittico di Jacobello di Bonomo. Approfondiamo la notizia con la funzionaria dell'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna che ha seguito il progetto.


Fino al 1885-1886 esisteva a Santarcangelo di Romagna una chiesa con annesso convento che era stata di pertinenza dei francescani conventuali, i quali l'avevano fondata nel XIII secolo. Posta al di fuori delle mura della cittadina, sulla via Emilia, in una zona pianeggiante a est del centro abitato, si trovava in prossimità di quell'area urbana riservata all'allestimento dei mercati e delle fiere. Un'antica e malinconica fotografia mostra le imponenti dimensioni e le forme gotiche dell'unica navata a cui tra il Quattrocento e il Seicento (se ne ha documentazione) furono addossate diverse cappelle, comunque non più presenti nella seconda metà dell'Ottocento. Chiesa e convento furono soppressi dapprima in età napoleonica (1805) e definitivamente nel 1862. La chiesa fu inizialmente adibita a deposito militare e poi utilizzata come fabbrica di pipe.

Da questo edificio dalla storia così avventurosa provengono due straordinarie opere che attualmente si conservano presso il Museo storico archeologico di Santarcangelo (il MuSAS: www.metweb.org/musas): un polittico realizzato da Jacobello di Bonomo, firmato e datato 1385, che raffigura la Madonna con il Bambino, Crocifissione e quattordici Santi, e una tavola dipinta da Luca Longhi, Madonna con il Bambino tra i santi Francesco e Giorgio e committente, del 1531. Quest'ultima presenta la medesima composizione di un'analoga tavola realizzata dallo stesso Longhi e conservata nella chiesa di San Ruffillo a Forlimpopoli: entrambe sarebbero state commissionate dalla famiglia Zampeschi, documentata dallo stemma presente sul dipinto, per la quale l'artista lavorò più volte. Alcune fonti fanno risalire il dipinto di Santarcangelo a tale Meleagro Zampeschi, appartenente a un ramo di questa famiglia, raffigurato nel cavaliere in armatura posto in basso sotto il San Giorgio: le immagini del committente, odiato signore di Santarcangelo, e quelle del drago e dello stemma furono sfregiate, al tempo, da una serie di pesanti graffiature.

Sia il polittico che la pala del Longhi sono stati recentemente oggetto di un attento restauro realizzato con finanziamenti della Regione Emilia-Romagna gestiti direttamente dall'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna (IBC). I dipinti furono restaurati una prima volta all'inizio degli anni Ottanta, anche in questo caso con risorse finanziarie regionali, e i lavori furono seguiti dalla specifica unità operativa dedicata al restauro che l'Istituto aveva attivato al suo interno nel 1976. L'opera di Longhi, poi, ha ricevuto un intervento di tipo conservativo operato sul piano d'intervento del 2003 della legge regionale 18/2000: in vista della collocazione dell'opera nel nuovo museo, era indispensabile procedere con urgenza a una manutenzione e a un complessivo controllo dello stato generale del dipinto. Nel contempo, sul piano finanziario 2002, si procedeva anche al restauro della pregevole cornice.


Nel corso di quel primo intervento, di carattere puramente manutentivo, si prese atto di una serie di più gravi problematiche, dovute a diversi fattori. La diagnosi della restauratrice incaricata, Marisa Caprara, era decisamente preoccupante. La tavola di Longhi presentava numerosi e diffusi sollevamenti del colore dalla preparazione e di quest'ultima dal supporto, si riscontravano alcune disgiunzioni lungo i margini di connessione delle tavole e una serie di problemi al sistema di sostegno originale: per sanare una situazione molto compromessa, dunque, si preannunciava come necessario un vero e proprio restauro.

Il degrado era dovuto in primo luogo al tipo di legno utilizzato per la realizzazione delle tavole che costituiscono il supporto del dipinto. Le assi sono ricavate da un tronco di Populus Alba che presenta difetti di crescita dovuti al gelo (lunatura) o al calore eccessivo, al vento forte e alla cattiva manutenzione (cipollatura: quest'ultimo è un grave difetto che si palesa solo all'inizio della stagionatura del tronco). Tutte le assi erano state massicciamente attaccate da insetti xilofagi, una risultava danneggiata da miceli. L'impiego di uno spesso strato di colla forte per fissare le filacce di canapa sul verso del supporto aveva determinato lo sfaldamento della parte superficiale del legno e lo strappo della sottile membrana lignea metteva in evidenza le effettive condizioni della tavola. Erano presenti numerose zone di sfondamento della materia pittorica dovute alle cavità presenti nel supporto e alle gallerie provocate dalla rosura delle larve xilofaghe. Le numerose increspature che coinvolgevano parte della superficie pittorica erano causate dall'originale sistema di traversatura, piuttosto rigido, realizzato mediante tre traverse serranti non più in grado di contrastare i naturali movimenti della fibra lignea.

L'occasione per procedere a un vero e proprio intervento di restauro, nella primavera del 2007, nasce dalla possibilità concessa all'IBC dalla Giunta regionale di poter recuperare alcune economie (ossia dei fondi non utilizzati dagli enti a cui erano stati destinati) e provenienti da vecchi piani di intervento della legge regionale 20/1990 ("Norme in materia di musei di enti locali o di interesse locale"). Si tratta certamente di una circostanza non frequente, e va sottolineato: è raro, infatti, che un ente rinunci a un finanziamento. Il restauro realizzato ha posto in essere, in primo luogo, tutti gli interventi necessari per garantire la buona conservazione del dipinto, con il fissaggio delle parti sollevate e una prima fase di pulitura, quindi ha proceduto consolidando e suturando i vuoti della materia lignea provocati dall'attività degli insetti anobidi e risanando nel modo più opportuno il sistema di traversatura.

La restauratrice Marisa Caprara ha poi provveduto, in successive e differenziate fasi di lavoro, al restauro estetico della superficie pittorica. L'accurata pulitura del dipinto è stata realizzata in momenti distinti: alla prima fase - che consisteva nell'asporto delle pellicole di vernici ossidate e delle stuccature, e che è stata sospesa per consentire ai tecnici del legno di operare agevolmente per il restauro del supporto - è seguita una seconda fase, nel corso della quale sono state asportate numerose aree di materiali eterogenei presenti sulla superficie del dipinto: operazione, questa, supportata dall'uso dello stereomicroscopio; nell'ultima fase della pulitura sono state asportate numerose sgocciolature e concentrazioni di microsedimenti, anche in questo caso con l'ausilio dello stereomicroscopio. Dopo la pulitura sono state rimosse le vecchie stuccature, talvolta insufficienti o debordanti; sono seguite le nuove stuccature delle lacune e il consolidamento delle periferie. Dopo l'esecuzione di una verniciatura intermedia, le lacune trattate a tempera sono state collegate al tessuto pittorico originale mediante scomposizione cromatica "a rigatino" con colori idonei. La verniciatura finale ha completato l'intervento.


Il restauro conservativo dell'opera di Jacobello di Bonomo è stato realizzato, invece, con un finanziamento regionale erogato sul piano museale 2006. Il bellissimo polittico, che in origine era posto sull'altare maggiore della citata chiesa dei padri francescani conventuali, è costituito da 16 tavole, racchiuse da una splendida cornice dorata e coeva, ed è firmato e datato 1385. Entrato nel novero delle proprietà comunali nel 1862, dopo lungo peregrinare è ora esposto nelle sale del santarcangiolese museo di palazzo Cenci. Alla metà degli anni Settanta è stato oggetto di un importante e complesso restauro che ha comportato sia un intervento sulla parte pittorica, con la ripresa delle lacune a neutro, sia la parchettatura del supporto.

Al momento della perizia preliminare al recente intervento conservativo, l'intervento pregresso, realizzato seguendo modalità e canoni di lettura propri di quegli anni, presentava un buon grado di equilibrio, una propria interna coerenza e una certa qualità esecutiva. Le vecchie integrazioni, e la leggera protezione finale a vernice, consentivano una buona visione dell'opera e delle sue intrinseche qualità materiche. Era tuttavia necessario procedere a una revisione complessiva per porre rimedio ai malanni causati dal passare degli anni, senza smontare e rifare con tecniche e sistemi più attuali il precedente restauro. Pur essendo di una certa entità, infatti, i fenomeni di degrado riscontrati - numerose piccole cadute di colore, distacchi della pellicola pittorica, lacune recenti nella stuccatura superficiale, attacchi di insetti xilofagi - non erano tali da far temere danni più gravi, in quanto, sotto il profilo strutturale, l'opera è fortunatamente in buono stato. Tanto che si è previsto di operare in loco, senza effettuare alcuno smontaggio del polittico e della ricca cornice che ne è parte integrante.

È stato dunque scelto di procedere a un intervento di tipo conservativo, mantenendo essenzialmente le caratteristiche tecniche ed estetiche del restauro precedente e circoscrivendo il nuovo intervento, beninteso necessario, a una serie operazioni di minima, volte alla risoluzione dei problemi conservativi in atto. Compito della restauratrice Adele Pompili, incaricata del lavoro, è stato innanzitutto controllare attentamente tutte le superfici dipinte e le dorature e procedere con i necessari fissaggi. Vecchie stuccature di restauro che presentavano gravi distacchi dal supporto ligneo sono state rimosse e rifatte, ed è stata eseguita un'attenta rimozione dello sporco superficiale, sia dal dipinto che dalla cornice. Pur conservando l'impostazione delle precedenti integrazioni delle lacune a neutro, si è proceduto a una generale revisione, conferendo una tonalità leggermente più scura e calda rispetto alle precedenti, con l'intento di farne arretrare la percezione visiva, e secondo la stessa modalità sono state eseguite le integrazioni delle nuove stuccature. È stato realizzato un abbassamento tonale in tutti i nuovi fori provocati dal recente attacco xilofago, così da rendere più agevole in futuro l'individuazione di eventuali nuovi fori di sfarfallamento, segnalatori di attacchi simili. Localmente, sui nuovi ritocchi realizzati, è stata applicata una leggera vernice finale di protezione, in accordo con quella del precedente intervento.


Infine, prima del rientro della tavola di Longhi e dell'intervento conservativo sul polittico, ancora con finanziamenti regionali è stata effettuata una completa disinfestazione degli ambienti che avrebbero accolto le opere, in quanto era stato rilevato un attacco di insetti xilofagi. Le esperienze condotte dall'IBC in ambito conservativo - da un lato con la realizzazione di un gran numero di interventi di restauro, dall'altro con una più attenta osservazione dei contenitori dei beni restaurati, ma anche catalogati e valorizzati (musei, chiese, biblioteche, archivi) - hanno stimolato una maggiore attenzione per tutti quegli aspetti relativi alla conservazione "preventiva", intesa secondo una concezione ampia e complessa: come studio dei fattori di degrado dei beni storico-artistici e delle condizioni ambientali in cui tali beni sono conservati.

Tra le azioni concrete che l'IBC ha intrapreso per il raggiungimento di ottimali parametri conservativi, in particolare da parte dei musei, va citato il progetto "MUSA", avviato fin dal 2002 in collaborazione con l'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (ISAC-CNR) di Bologna (www.isac.cnr.it/musa). L'obiettivo è realizzare una rete regionale intermuseale per il monitoraggio del microclima, sia nelle sale espositive che nei depositi dei musei. Al progetto ha aderito anche il MuSAS di Santarcangelo: dall'aprile 2008 (il piano museale è quello del 2007) è infatti attivo il monitoraggio del microclima da parte dei tecnici dell'ISAC-CNR. Lo scopo è rilevare i dati fisici relativi alla temperatura e all'umidità e verificare se rientrano nei parametri ottimali per la conservazione delle opere, in particolare per questi dipinti su tavola, che tra le opere della collezione sono sicuramente le più delicate. Il passo successivo, ove i valori non risultassero idonei, è sollecitare l'attuazione di appropriate forme di climatizzazione degli ambienti museali.

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