Rivista "IBC" XVI, 2008, 1
musei e beni culturali / immagini, mostre e rassegne, pubblicazioni
Poveri vecchi ammalati e soli, due visi vicini di bei giovani innamorati, il viso triste ed espressivo del grande artista "muto" Marcel Marceau, i molti scatti degli anni Ottanta legati al mondo della danza vicini a quelli di statue che assomigliano ai corpi di danzatori ritratti spesso in penombra. Ancora: le immagini realizzate dagli anni Novanta in poi con campi "tagliati" e punti di vista quasi astratti insieme ai drammi evocati dai lavori effettuati negli ex ospedali psichiatrici (soprattutto al San Lazzaro di Reggio Emilia e al San Servolo di Venezia). Tutto questo nella mostra "Vasco Ascolini. La vertigine dell'ombra. Fotografie 1965-2007", curata da Sandro Parmiggiani e allestita dal 15 dicembre 2007 al 24 febbraio 2008 a Palazzo Magnani di Reggio Emilia, che ha così iniziato il suo secondo decennio di attività.
L'ombra è la vera protagonista dell'attività di Ascolini, settantenne reggiano che ha iniziato nel 1965 come autodidatta un'attività che gli ha permesso di esporre ai quattro angoli del mondo: Italia, Francia, Stati Uniti, Canada, Finlandia, Portogallo, Grecia, Svizzera, Egitto. Ombra che certo - come potrebbe essere altrimenti vista la sua "potenza? - diviene protagonista inevitabile di ogni singolo lavoro, ma che forse è "solo" una componente, seppure evidentissima, di un atteggiamento emozionale che ha nella "vertigine" la sua risultanza. Non a caso Parmiggiani ha inserito questo sentimento panico nel titolo e se ne capisce il senso dai passi del suo saggio nel catalogo edito da Skira (con altri testi di Fred Licht, curatore della Peggy Guggenheim Collection, e con un'ampia antologia critica). "Il costante senso della vertigine che le fotografie di Ascolini suscitano in noi" - scrive il critico - "non deriva solo da questo suo affidare al dettaglio la rappresentazione del tutto. È un sentimento che proviamo davanti alle sue ombre, ai suoi neri, la cui intensità e il cui mistero sono rafforzati dal chiarore che sta loro accanto, con, in alcune immagini, porte, finestre, varchi che s'aprono all'irruzione della luce, rischiarando una parte del veduto con lo stesso senso di rivelazione che proveremmo se ci trovassimo a guardare l'ignoto che ci sta facendo scoprire il raggio di luce di uno speleologo".
Esiste dunque un contrasto per certi versi drammatico negli scatti della quarantennale attività di Ascolini, secondo una scelta stilistico-esecutiva che, pur nella variazione dei soggetti, non ha praticamente mai mancato al suo appuntamento. Il senso di vertigine che si genera in questo contrasto fa sì che nel lavoro fotografico di Ascolini, più che in quello di altri grandi protagonisti, sia importante una partecipazione attiva che "completa" l'immagine, la determina quasi. Le sue fotografie "obbligano" dunque a ripensare ai momenti e alle sensazioni importanti che nella nevrastenia della società contemporanea tendiamo a dimenticare: esse allora, in uno scambio che diviene per certi versi indimenticabile, quasi "ricevono" le sensazioni profonde dell'osservatore.
Vasco Ascolini. La vertigine dell'ombra. Fotografie 1965-2007, a cura di S. Parmiggiani, Milano, Skira, 2007, 240 pagine, 40,00 euro.
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