Rivista "IBC" XVI, 2008, 1
territorio e beni architettonici-ambientali / immagini, pubblicazioni
Sfogliando il volume fotografico che Mario Rebeschini, giornalista e fotoreporter, ha dedicato a Bologna, ci si accorge subito di una assenza: quella che latita, in queste immagini in cui il colore acceso regala allegria anche alle situazioni oggettivamente più disperate, è proprio la città, tradizionalmente intesa come assemblaggio sedimentato di strade, monumenti, palazzi signorili, case e chiese, centro storico e periferie. La Bologna di Rebeschini è fatta invece tutta di persone, di cittadini che fittamente occupano ogni spazio pubblico o sociale: gomito a gomito, pigiati come sardine, sia che si tratti dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, sia che l'obiettivo della macchina fotografica inquadri una manifestazione in piazza Maggiore. Corpi, facce, mani, piedi invadono ogni angolo, reclamano e ottengono il ruolo che effettivamente loro compete: essere protagonisti. Sono i cittadini, ci dice Rebeschini, a fare una città, a comporre quel mosaico di situazioni e sensazioni che ci suggerisce, più di qualsiasi monumento o luogo comune, quali sono gli aggettivi giusti che si accordano con il nome di quella particolare città.
Ma chi sono i cittadini di Bologna? Le fotografie di Rebeschini ricostruiscono per noi un elenco aggiornato che spazia dai petroniani in età, seduti ai tavolini di un bar all'aperto, ai rom di un campo periferico appena sgomberato, dai tifosi della domenica alle misteriose e fragili donne eritree che festeggiano la pasqua ortodossa nella chiesa di via De' Fusari. Sono italiani, ma anche nigeriani e serbo-bosniaci, sono impiegati, ma anche freak e occupanti di case occupate. A Bologna si mangiano i tortellini (e ci mancherebbe!) ma anche il cous cous di verdure. Rebeschini ci ricorda che tutti costoro sono in qualche modo protagonisti, occupano la scena e non ha senso far finta, come in tanti fanno, che l'elenco sia ristretto e la città finisca dove finisce l'ombra del nostro condominio. C'è un'umana simpatia che percorre come un refolo di ottimismo democratico tutte le fotografie e dona uguale valore a "quelli che contano" e agli emarginati. Lo spazio fotografico non corrisponde a uno spazio reale in cui praticare dritti e doveri. Ma un fotografo non è tenuto a risolvere problemi, semmai a cogliere e a mostrare i tanti aspetti del nostro vivere sociale, indicando discretamente, come in questo caso, una via possibile di civile convivenza.
Mario Rebeschini, Argelato (Bologna), Minerva Edizioni, 2008 (È accaduto a Bologna), 119 pagine, 20,00 euro.
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