Rivista "IBC" XV, 2007, 4

musei e beni culturali / pubblicazioni

D. Pedrazzini, La vita quotidiana dei Longobardi ai tempi di re Rotari, Imola (Bologna), Gabriele Angelini Editore, 2007.
Lunghe barbe (vere e finte)

Remo Bitelli
[archeologo]

Pare che la fortuna dei Longobardi sia dovuta al consiglio di una donna, la moglie del dio Odino. Per quale motivo questa Frigg li avesse più in simpatia dei Vandali, non è dato sapere. Sta di fatto che il dio li vide per primi al suo risveglio ed esclamò: "Chi sono quelli con le barbe lunghe?". E tutto questo soltanto perché la moglie aveva girato di nascosto il letto verso di loro. Così nacque la buona sorte dei Longobardi: ebbero un nuovo nome (Langbärte) e vinsero la guerra. Questa buffa storia mitologica è l'inizio dell'avventura del popolo germanico conosciuto in origine con il nome di "Winnili"; popolo che, per una serie di vicende, si impadronì dell'Italia nel corso del VI secolo dopo Cristo e vi rimase per circa due secoli.

Popolo guerriero e nomade, fiero delle proprie barbe lunghe, per altro simili a quelle dello stesso dio Odino (e forse è per questo che anche a lui risultarono simpatici), una volta scesi in Italia i Longobardi finirono col sovrapporsi e integrarsi con gli indigeni e con quel che restava dell'organizzazione dell'Impero romano ormai in declino. In un volume pubblicato dall'editore imolese Gabriele Angelini, Dario Pedrazzini ricostruisce uno spaccato della vita quotidiana del popolo longobardo ai tempi del re Rotari, a cui si deve il merito di avere trascritto in latino le leggi di tradizione orale del suo popolo, verso la metà dell'VII secolo: l'opera non deve essere stata cosa di poco conto se ci mise circa otto anni per raccogliere e organizzare tutto il sapere degli "anziani". La lingua utilizzata, e il contenuto del testo di Rotari, offrono a Pedrazzini la possibilità di delineare un quadro quanto più vicino alla realtà. Leggendolo, ci si immerge negli usi della gente, nel loro cibo, nei loro vestiti, nelle loro paure, nel loro credo, nelle loro guerre e nei loro riti.

L'autore del libro usa un linguaggio semplice e scorrevole, che invita alla lettura, si preoccupa di fornire le nozioni storiche principali e traduce (o spiega) ogni citazione in latino. Il tutto è impreziosito dalle sapienti ricostruzioni di Nicoletta Raggi e Christina Tisi. Quella che emerge è una situazione storica e culturale di rottura col passato e in effetti si è sempre più propensi a identificare il periodo longobardo con l'inizio del Medioevo in Italia. Ancora una volta si legge di religioni che dividono e di battaglie violente, di strategie politiche, di simpatie interessate, di donne date e prese in moglie come "patti di alleanza". Ma si legge soprattutto del valore della parola in un popolo che non conosceva (o meglio riconosceva) la lingua scritta: da qui discendeva l'odio per la menzogna e lo spergiuro, considerati alla stregua di delitti da punire.

I Longobardi non riscuotono grandi favori nella storiografia nazionale e forse non è ancora stato concesso loro lo spazio dovuto. Sono spesso tacciati di essere "rozzi guerrieri" e soprattutto "stranieri". Questo volume ha il merito di farceli conoscere un po' meglio e di renderli un po' più simili a noi. A Carlo Magno si deve la loro fine nel 774: il re franco, in combutta col papa, scese in Italia e sconfisse militarmente il popolo dalla barba lunga. Quello che stupisce qui, come altrove, è la mancanza di indicazioni sul seguito della storia; sembra infatti che di lì a poco i Longobardi siano scomparsi del tutto. È la fine del mito? Tornando alle origini, e a quella furbacchiona della moglie di Odino, pare che per impressionare il marito diede ai Winnili anche questo consiglio: schierare tra i guerrieri anche le loro mogli travestite, con i capelli sciolti raccolti sotto il mento. In parata, insomma, c'erano anche "barbe finte": i Longobardi, ancora più simpatici.

D. Pedrazzini, La vita quotidiana dei Longobardi ai tempi di re Rotari, Imola (Bologna), Gabriele Angelini Editore, 2007, 88 pagine, 19,00 euro.

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