Rivista "IBC" XV, 2007, 3
biblioteche e archivi / linguaggi, interventi
"C'era una volta...".
"Un re!" - diranno subito i miei piccoli lettori.
"No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un pezzo di legno".1
E la serva incominciò... No, quella è un'altra storia. Ma anche questa si ripete. Pochi mesi fa, un noto quotidiano italiano ha annunciato in terza pagina "una tendenza nuova": "Alla Fiera di Bologna arrivano narratori giovanissimi".2 Vero. Non altrettanto nuovo, però. "La scrittura è la più grande sorgente di sapere", scriveva su una tavoletta un bambino greco-egizio del V-VI secolo d.C.3 Questo bambino in particolare non era uno scrittore, ma le scritture bambine in generale esistono da tempo, sia nella letteratura, sia nel mondo dell'editoria presentato ogni anno alla "Fiera internazionale del libro per ragazzi", sia, a poco a poco, nelle biblioteche e negli archivi.
Durante l'anno accademico 2001-2002, guidata dal mio professore e mentore Fulvio Pezzarossa, ho lavorato a una tesi di laurea in Sociologia della letteratura presso l'Università di Bologna, sul tema della letteratura dell'infanzia. Attenzione: dell'infanzia, non per l'infanzia. L'idea di condurre questa ricerca era nata dalla lettura di una raccolta di saggi intitolata Scritture bambine da parte di una lettrice che da bambina scriveva.4 Lo scopo dell'indagine che ne è scaturita era identificare e valorizzare scritti infantili spontanei e creativi, partendo dalla convinzione che dovessero essercene più di quanti si fosse soliti ipotizzare. E così è stato. Innanzitutto è risultato indispensabile stabilire un limite anagrafico. Superato questo, i potenziali scrittori bambini non possono più essere presi in considerazione per uno studio sulla letteratura dell'infanzia. Nella mia ricerca ho considerato testi prodotti a partire dall'inizio della terza infanzia (6-12 anni), fino alla prima tappa dell'età evolutiva, la preadolescenza (12-14 anni), che però, in quanto incerta, ingrata, delicata, ho preferito estendere a 16 anni.
È sempre opportuno decidere anche come affrontare il dubbio che insorge in relazione alle scritture bambine: l'autenticità. Sia che si tratti di prosa (diari, cronache, corrispondenze, racconti, romanzi, persino saggi), sia che si tratti di poesia o drammaturgia, ho volutamente mirato l'interesse su prove di scrittura infantile creativa spontanea: elaborata per gioco e per iniziativa del bambino, non in conseguenza di una sollecitazione adulta (a scuola, in famiglia, nell'ambito di laboratori) e, possibilmente, non corretta o manipolata da mano adulta. Il problema resta tuttora aperto. Di fronte a un buon testo infantile spesso si dubita che possa essere frutto della mente e della perizia di un bambino. Soprattutto nel caso di scritti editi di cui non è accessibile l'originale autografo. In tali casi, per comodità e causa forza maggiore, è comunque possibile sospendere tale (pre)giudizio e valutare i testi rinvenuti con la stessa apertura che Antonio Faeti invocava in favore della letteratura per l'infanzia: "Vanno presi in mano con animo disponibile, questi libri nuovi e diversi, si deve pensare alle ragioni che li hanno fatti nascere, si deve essere anche un po' umili, nei loro confronti, e guardare alla strana, complessa scommessa di cui sono i protagonisti".5
L'ispirazione letteraria nei bambini si manifesta di frequente e, se alimentata, può evolversi e maturare. Talvolta perdura anche in età adulta e in tal caso le scritture bambine possono offrire un'ulteriore occasione di approccio alla produzione letteraria di un autore, comparandole a quelle più mature. Torquato Tasso (1544-1595) a 15 anni scrisse 116 stanze di un poema sulla prima Crociata, intitolato Gierusalemme. Metastasio (1698-1782) a 14 anni scrisse Giustino, la sua prima tragedia e l'idillio epico in ottava rima Il convito degli Dei. Il caso più straordinario e insuperabile resta Giacomo Leopardi (1798-1837), già prolifico a 11 anni, autore delle tragedie La virtù indiana e Pompeo in Egitto a 13, e cimentatosi a 15 nel trattato Storia dell'astronomia dalla sua origine fino all'anno 1811. Stéphane Mallarmé (1842-1899) a 12 anni scrisse L'ange gardien, il suo primo racconto; Gabriele D'Annunzio (1863-1938) a 16 pubblicò la raccolta di liriche Primo vere sotto lo pseudonimo di Florio Bruzio; Elsa Morante (1912-1985) tra i 12 e i 13 scrisse il racconto Le avventure di Caterina. Salman Rushdie ha scritto il suo primo racconto a dieci anni: "Il titolo era Over the Rainbow. Era lungo circa una dozzina di pagine, battute a macchina su carta velina dalla segretaria di mio padre, ma poi andò perduto".6
E proprio questa è stata ed è la difficoltà preliminare nello studio della letteratura dell'infanzia: il reperimento di materiale diretto, cioè i testi stessi, non tramandati attraverso citazioni o descrizioni. Soprattutto in passato, gli scritti dei bambini erano trascurati, perché considerati minori, occasionali, mal scritti o poco significativi. A causa di questa pregiudizievole sottovalutazione, per molto tempo non si è nemmeno sentito il bisogno di conservarli e, soprattutto per le epoche passate, la quantità di informazioni è minima. Le scritture bambine di tanti secoli non si sono salvate, in molti casi sono andate perdute, se pubblicate sono rimaste pressoché sconosciute; qualora al sicuro, giacciono nascoste negli archivi.
Gli scritti infantili di autori poi divenuti celebri sono relativamente facili da recuperare, poiché sono raccolti in opera omnia o antologie specializzate. Ma pur essendo dimore ideali di qualunque testo, la consultazione di schedari e cataloghi di biblioteche, anche prestigiose e ricche di volumi, si è perlopiù rivelata improduttiva. Non esistono archivi o sezioni di essi dedicati specificamente agli scritti infantili e, anche qualora una scrittura bambina sia conservata in una biblioteca, essa è classificata secondo parametri biblioteconomici (nome dell'autore, anno di pubblicazione, titolo dell'opera) che non evidenziano il dato primario per una ricerca sulla letteratura dell'infanzia: la giovane età dell'autore. È il caso di Gianna Murri, discendente di una illustre famiglia bolognese e autrice di alcune liriche, fra le quali una serie composta a 16 anni e raccolta sotto il titolo Forse è vero. Nella Biblioteca di Casa Carducci e in quella Comunale di Monterenzio (Bologna) sono conservate persino delle copie autografate o dedicate, ma nei cataloghi manca qualunque riferimento che possa indirizzare verso questo volume un ricercatore che non sia già a conoscenza dell'ispirazione precoce della poetessa.
Il metodo che mi ha permesso di raccogliere la maggior parte dei testi è stato dunque un'alternanza di passaparola (soprattutto per i testi inediti) e visite alla Fiera del libro per ragazzi. È stato lì che mi sono resa conto della quantità e varietà di "diari di guerra" oltre a quello celebre di Anne Frank (per esempio: Lum Dyla a 7 anni dal Kosovo, Zlata Filipovic fino ai 13 anni dalla Bosnia, Sadbera Gashi a 16 anni dal Kosovo, David Rubinowicz fino ai 15 dalla Polonia, Amal Salman a 14 dall'Iraq), o dell'esistenza di testimonianze di guerra bambine, non diaristiche e sorprendentemente lucide (Sognando Palestina della quindicenne Randa Ghazy). Ho cominciato a seguire le scelte editoriali di alcune case editrici: la Fatatrac di Firenze che ha lanciato la genovese Sara Boero (che ha debuttato a 14 anni e continua a pubblicare per "Il battello a vapore" di Piemme) e la fiorentina Marina Iraso (Mi hanno lasciato dietro a 12 anni e La città sotto la sabbia a 15), o la collana di narrativa per bambini "I cavoli a merenda" di Adelphi, inaugurata nel 2002 con Il Mahabharata - raccontato da una bambina, prima dettato e poi scritto, fra i 7 e i 12 anni, dall'indiana Samhita Arni (seguìto, l'anno dopo, da un secondo volume). Tramite passaparola sono venuta a conoscenza del Centro studi di letteratura giovanile del Comune di Genova, che conserva varie scritture bambine edite e le recensisce periodicamente nelle pagine della rivista "LG Argomenti". Un altro archivio che mi è stato d'aiuto, soprattutto per la scoperta di scritti infantili autobiografici, è l'Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano, la "città del diario" in provincia di Arezzo.
Lo scenario che si apre è incantevole: le scritture bambine sono essenzialmente egocentriche, ellittiche e mimetiche rispetto ai modelli codificati adulti. L'autore è quasi sempre anche un personaggio, manifestamente o sotto le spoglie di un alter ego. Una sorta di entusiastica foga espositiva spinge soprattutto i narratori più piccoli a saltare alcuni nodi funzionali alla logica del racconto, per giungere più rapidamente all'aneddoto divertente o all'epilogo appagante. I bambini che scrivono non inventano alcun genere, ma si confrontano senza timori con tutti. Molte sono le poesie, più o meno in rima e più o meno di pregio. A parte i diari intimi (molti inediti) e quelli, già citati, di guerra, vi sono anche i diari di bordo da veri lupi di mare: quello inedito conservato a Pieve Santo Stefano sotto il titolo Barbara e il figlio del mare, compilato fra i 6 e i 10 anni da Umberto Caglini, è una curiosa rarità. Il formato in cui sembrano essere più a loro agio è il racconto: fantastico, intimistico, giallo, rosa. Il manuale di sopravvivenza al trauma del divorzio dei genitori Help, Hope and Happiness, libretto di 60 pagine scritto a 10 anni dall'inglese Libby Rees e pubblicato nel 2005 da una casa editrice scozzese, è un esempio "embrionale" di saggio di psicologia.
Nel giugno del 2007 il quotidiano francese "Le Monde" ha annunciato la riesumazione dopo sessant'anni di oblio della "Anne Frank polacca": il diario di Rutka Laskier, scritto a 14 anni da Auschwitz. Ma le grandi sorprese arrivano dai romanzi: il grande poema epico indiano rielaborato in prosa da Samhita Arni, di cui si diceva; Brividi di fanciullo, un horror truculento lungo 226 pagine, scritto a 11 anni da Jacopo Rossi; le due quindicenni "a luci rosse", la catanese Melissa P. e l'americana Zoe Trope; e il lunghissimo fantasy Eragon del quindicenne americano Christopher Paolini, già adattato in un film hollywoodiano sfidando "Sua Bestsellerità" Harry Potter: "Ho semplicemente scritto il tipo di libro che mi sarebbe piaciuto leggere", minimizza il giovane autore. I bambini che scrivono oggi sono autori più orgogliosi e consapevoli. Le stesse case editrici dedicano loro una crescente attenzione. Ma tutti iniziano perlopiù per gioco. Un gioco regolato dalle letture che hanno nutrito la loro fantasia. E allora ben vengano iniziative e laboratori come quelli di "Nati per leggere", per esempio. Questo progetto nazionale - promosso dall'Associazione culturale pediatri, dall'Associazione italiana biblioteche e dal Centro per la salute del bambino - dal 1999 promuove la lettura ad alta voce tra i bambini dai 6 mesi ai 6 anni, anche in Emilia-Romagna.7
Bologna ha il privilegio di ospitare una delle più belle biblioteche dedicate ai bambini, la Sala Borsa Ragazzi: sarebbe un'ulteriore conquista, e un bell'esempio a livello nazionale, prevedere tra le nuove accessioni le scritture bambine edite. E oltre alla conservazione, sarebbe doveroso impostare una classificazione specifica o riconoscibile dei testi per ragazzi di autori ragazzi. Se il 1987 è convenzionalmente l'anno della svolta per la letteratura per l'infanzia (in Italia), il 2007 (già quarantesimo anniversario dei premi della Fiera del libro per ragazzi) potrebbe esserlo per la letteratura dell'infanzia. Per queste ragioni, per quel che ho scovato e per tutto ciò che c'è ancora da fare, anche dopo la discussione della mia tesi, sono rimasta di vedetta e ho continuato a cercare altri "trucioli di diamante nel sottoscala". Non avranno lo statuto regale dei "diamanti in cantina" di autori adulti amati dai lettori ragazzi, ma sono pezzi di legno che riservano sorprese e raccontano avventure.
Note
(1) C. Collodi, Le avventure di Pinocchio, Torino, Einaudi, 1968, p. 3.
(2) C. Taglietti, E adesso i libri ce li scriviamo da soli. La nuova generazione di autori adolescenti, "Corriere della Sera", 23 aprile 2007, p. 29.
(3) E. Banfi e D. Foraboschi, Giovanissimi e giovani scrivani nell'Egitto greco-romano in Scritture bambine, a cura di Q. Antonelli e E. Becchi, Roma-Bari, Laterza, 1995, pp. 43-60.
(4) Scritture bambine, cit.
(5) A. Faeti, I diamanti in cantina, Milano, Bompiani, 1995, p. VIII.
(6) S. Rushdie, Il Mago di Oz, Milano, Linea d'ombra Edizioni, 1993, p. 7.
(7) N. Bacco, M. G. Casadei, M. Pellati, Nati per leggere, "IBC", XIV, 2006, 2, pp. 8-10.
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