Rivista "IBC" XV, 2007, 2

Dossier: Sulla Linea della storia

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi, dossier / progetti e realizzazioni, leggi e politiche

Il Parco regionale e il Memoriale del Vercors

Barbara Berruti
[ricercatrice dell'Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea "Giorgio Agosti"]

Il progetto Interreg franco-svizzero-italiano "La memoria delle Alpi. La Mémoire des Alpes", iniziato alla fine del 2003 e concluso nel giugno 2007, ha coinvolto numerosi e diversi soggetti dei tre paesi confinanti nell'impegno comune di studiare la storia delle società alpine occidentali nella Seconda guerra mondiale con un metodo comparativo e in una prospettiva sovranazionale (www.memoriadellealpi.net). Il confronto che ne è derivato ha messo in luce le affinità e le specificità geografiche, antropologiche e storiche di un territorio indagato per la prima volta nel suo complesso. L'attenzione del progetto si è soprattutto rivolta alla costruzione di reti (reali, attraverso la sistemazione di sentieri e di luoghi di memoria, e virtuali, attraverso i collegamenti fra diverse istituzioni museali e culturali). Reti che mirano a mettere in relazione i segni della memoria dislocati sul territorio alpino occidentale.

Nell'ambito di questo lavoro, l'Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea "Giorgio Agosti" ha organizzato un viaggio in Francia, a Grenoble e nel Vercors, riservato agli insegnanti che hanno collaborato alle iniziative didattiche sui temi del progetto, agli studenti della Facoltà di architettura del Politecnico di Torino che hanno seguito un corso di formazione sui percorsi di memoria nella città, e agli operatori degli ecomusei della Resistenza presenti nella provincia di Torino. La scelta di visitare il Parco regionale del Vercors, partner del progetto, è anche frutto di una serie di riflessioni legate alle caratteristiche di quel territorio e alla sua storia.

Il Vercors è un massiccio calcareo, formato da imponenti pareti rocciose (le falaises) dove l'acqua ha scavato delle gole profonde, ricco di grotte e di cavità tra le più famose d'Europa: un luogo che negli anni dell'occupazione tedesca ha accolto renitenti e resistenti. Il 16 ottobre del 1970, su di un territorio di 186.000 ettari che comprende due dipartimenti della regione Rhône Alpes, la Drôme e l'Isère, è stato istituito il Parc naturel régional du Vercors che raggruppa 72 comuni per un totale di 37.052 abitanti; nel 1985, al suo interno, su un'area di 17.000 ettari, è stata creata la più grande riserva naturale di Francia (www.parc-du-vercors.fr).

Dal punto di vista giuridico, il Parco è un syndicat mixte (organismo di gestione autonoma e sovrana, del tipo ente pubblico territoriale), con compiti di tutela e sviluppo del proprio territorio, di gestione e animazione del patrimonio. Il syndicat ha potere di decisione su tutte le attività del Parco (ricerche, rapporti con l'esterno, amministrazione) e sottoscrive le convenzioni e il finanziamento degli allestimenti. È amministrato da un comité syndical formato da 122 membri, dei quali 72 in rappresentanza dei comuni, che si riunisce due volte all'anno, elabora il regolamento interno del syndicat mixte e vota il bilancio. Esercita tutte le funzioni previste dalla legge francese sul funzionamento del syndicat; nomina e definisce i poteri del bureau syndical, composto da 28 membri: un presidente (che convoca le riunioni del comité e del bureau e verifica che le decisioni di questi organi siano eseguite); un primo vicepresidente e 11 vicepresidenti che supportano il presidente sulla base di specifiche funzioni; 15 delegati. Le funzioni esecutive sono affidate a un direttore che si avvale di una cinquantina di collaboratori, sulla base di un programma e di un budget annuale. I partner istituzionali sono: il Ministero dell'ambiente; la Regione Rhône Alpes; i Dipartimenti de la Drôme e de l'Isère; cinque Associazioni, tra le quali la Federazione dei parchi naturali, l'Associazione degli agricoltori e l'Associazione amici del Parco.

 

La storia

Dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale, la zona del Vercors, per le sue caratteristiche geografiche e per la sua vicinanza con alcune città importanti, venne utilizzata come luogo di rifugio dai primi resistenti e dai giovani che si nascondevano per fuggire al Service de travail obligatoire. Nel corso del tempo la sua fama di "rifugio" si accrebbe e vennero organizzati una dozzina di campi per ospitare tutti coloro che avevano bisogno di darsi alla macchia: l'organizzazione civile era coordinata da Eugène Chavant e in contatto diretto con il comando francese a Londra. Intanto l'idea che la zona, grazie alla sua particolare conformazione morfologica, fosse una fortezza naturale, e in qualche modo imprendibile, colpì l'ingegner Pierre Dalloz, che dalla fine del 1942 cominciò a riflettere sul Vercors in chiave strategica: gli altopiani naturali potevano ricevere lanci di armi e uomini e il territorio avrebbe potuto essere una formidabile testa di ponte per un eventuale sbarco alleato nel Mediterraneo. L'idea venne sostenuta da Yves Farge, Jean Moulin e dal generale Delestraint. Venne così messo a punto il Plan Montagnard. L'immagine del Vercors si trasformò radicalmente: da roccaforte di difesa e rifugio a luogo di offesa. Nel corso della primavera del 1943 vi furono i primi lanci di prova, poi il piano venne messo in discussione per l'arresto, nel giugno del 1943, di buona parte del primo Stato maggiore locale e soprattutto di Jean Moulin e di Delestraint, ma venne ripreso nell'estate e Chavant e Alain Le Ray ne potenziarono l'aspetto strategico-militare.

Il Plan Montagnard venne ufficialmente lanciato il 9 giugno 1944, ma non trovò, così come ci si aspettava, l'appoggio degli alleati: il Vercors fu oggetto di numerosi lanci, ma non vennero paracadutati né uomini né armi. A partire da quella data, al contrario, numerosissimi partigiani (circa 4.000 uomini, spesso molto giovani, poco armati e addestrati) si riversarono nel Vercors per contribuire alla riuscita del piano e il 3 luglio proclamarono la Repubblica. Fu un'insurrezione prematura, condotta sull'onda di un'euforia generale, sostenuta dalla certezza che la guerra era prossima alla fine e che gli alleati sarebbero presto arrivati. Il 14 arrivò un lancio. Il 21 atterrarono sul Vercors aerei tedeschi: 15.000 uomini della Centocinquantasettesima divisione alpina comandata dal generale Pfaum penetrarono all'interno dell'altopiano. Il rifugio, la fortezza, si trasformò in trappola mortale. L'attacco fu probabilmente la più importante operazione condotta contro la Resistenza nell'Europa occidentale: vennero incendiati villaggi, uccisi moltissimi uomini tra civili e partigiani. Il 23 luglio i partigiani ricevettero l'ordine di ripiegare. I primi di agosto i tedeschi si allontanarono dal Vercors. Il bilancio finale dell'operazione fu di 201 civili e 639 partigiani uccisi e 573 case distrutte.1

 

La memoria

Il Vercors è il luogo di memoria per eccellenza della resistenza francese ed è andato strutturandosi come tale attraverso le contraddizioni della politica, della storia e della memoria, che ne hanno fatto un laboratorio di studio unico nel suo genere. La prima grande cerimonia commemorativa avvenne il 4 agosto del 1945 nel villaggio di Vassieux, insignito dal generale De Gaulle della Croce della Liberazione. In quell'occasione emersero i due aspetti su cui si giocherà la costruzione della memoria nell'altopiano: Vassieux si presentò nello stesso tempo come villaggio martire (sul modello di Oradour-sur-Glane) e come luogo di eroici scontri tra tedeschi e partigiani. Questi ultimi, pur nella consapevolezza di essere sconfitti, scelsero di combattere e di sacrificare sé stessi per la salvezza dell'intero Paese.

Fu questo uno degli aspetti che più sottolineò l'Association nationale des pionniers et combattants volontaires du Vercors, costituita da Eugène Chavant già nel 1944. L'Associazione nacque per dare una sepoltura ai caduti e per contribuire alla ricostruzione della zona: i primi luoghi di memoria che promosse furono i cimiteri di guerra di Saint-Nizier, istituito nel 1947 sul luogo che fu teatro di una durissima battaglia fra tedeschi e partigiani, e di Vassieux (25 luglio 1948), dove erano atterrati i primi aerei tedeschi. Il 12 settembre del 1948 venne inaugurato Le chemin de la croix de Valchevrière. Valchevrière, sede di un distaccamento partigiano, tra il 22 e il 23 luglio 1944 fu il luogo di una battaglia dove morirono 13 uomini: dopo lo scontro i tedeschi incendiarono la frazione che non fu mai più ricostruita. Il "villaggio bruciato" è la meta finale di un pellegrinaggio che parte da Villard de Lans e attraversa 13 stazioni, sul modello di una via crucis che si ripete ogni anno all'inizio di settembre proprio per commemorare quei caduti. Fu sempre l'Association national des pionniers a istituzionalizzare altri luoghi della memoria su quel territorio: il Pas de l'Aiguille, dove ogni 26 luglio si ricorda lo scontro conclusosi con la morte di 23 resistenti; la grotta della Luire (classificata come sito di interesse storico) dove i tedeschi massacrarono i feriti partigiani lì rifugiati; la creazione del monumento a Malleval.

Mentre l'Association inseguiva la sua politica della memoria, già a partire dal 1947 il Partito comunista spostava l'accento dal tema del sacrificio a quello della disfatta militare, dovuta alla mancata attuazione del Plan Montagnard. Questa interpretazione fece emergere un terzo aspetto, quello del tradimento (di De Gaulle e degli Alleati anglo-americani), che non impedì il moltiplicarsi di luoghi legati alla celebrazione e al ricordo, ma fece cadere sul Vercors una sorta di velo nero che rese sempre più distante il rapporto tra gli abitanti, la loro memoria e la memoria pubblica della Resistenza.

Nel 1972 Joseph La Piccirella, un partigiano italofrancese che aveva combattuto nell'estate del 1944, acquistò una casa a Vassieux e la trasformò nel "suo" museo, allo scopo di celebrare i compagni morti e quell'esperienza. La collezione di La Piccirella è frutto di un lavoro di scavo ventennale ed espone, secondo un approccio museografico di "prima generazione", cimeli (armi, divise), giornali, oggetti-simbolo legati alla vita quotidiana del maquis e alla guerra. Il museo è l'espressione della volontà di ricordare di un singolo combattente, esattamente come la valorizzazione di determinati siti ed episodi è espressione della memoria dell'Association des pionniers. Nello stesso anno 1972 comparve il volume di Gilbert Joseph, Combattant du Vercors, che tornò sul tema della sconfitta spostando il problema delle responsabilità dello scacco militare sugli stessi comandanti partigiani francesi, accusati d'incompetenza. Il volume ebbe una forte eco.

Nel decennio successivo (1980-1990) le polemiche tesero lentamente ad appianarsi grazie allo sviluppo del Parco naturale del Vercors, che inserì le emergenze legate alla Resistenza in un contesto più ampio, legato alla conservazione della memoria di un intero territorio indagato nei suoi diversi aspetti. Nel 1994 François Mitterand inaugurò il Mémorial de la Résistance, basato su scelte allestitive di "nuova generazione", ma anche in questo caso imposte dall'alto, poco sentite dagli abitanti del luogo, e giocate sul piano emotivo a discapito di quello interpretativo. Il Mémorial, tuttavia, ha rappresentato l'ultimo tassello di un processo complesso di costruzione della memoria, culminato con la realizzazione dei Chemins de la liberté, che nel tempo hanno favorito una diversa fruizione della storia avvenuta sull'altopiano. Si tratta infatti di percorsi attraverso i luoghi della memoria del Vercors, sorti in tempi e con forme e intenzioni diverse, ma il contesto che tutti li comprende rispetta il difficile equilibrio tra storia, politica e memoria di questo territorio (www.memorial-vercors.fr). È dunque proprio la rete la chiave che rende possibile trasmettere le diverse memorie che oggi includono le vittime militari, quelle civili, la resistenza "tradita" e quella eroica, il sacrificio delle popolazioni locali. Una rete che può restituire tutta la complessità della guerra, dell'esperienza resistenziale e dei meccanismi di costruzione della memoria.

 

Nota

(1) Dati tratti da: P. Escolan, L. Ratel, Guide mémorial du Vercors résistant, Paris, Le cherche midi, 1994.

 

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